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noi. Davanti allâÂÂidolo non si rischia la possibilitÃ
di una chiamata che faccia uscire dalle proprie
sicurezze, perché gli idoli « hanno bocca e non
parlano » (
Sal
115,5). Capiamo allora che lâÂÂidolo
è un pretesto per porre se stessi al centro del-
la realtà , nellâÂÂadorazione dellâÂÂopera delle proprie
mani. LâÂÂuomo, perso lâÂÂorientamento fondamen-
tale che dà unità alla sua esistenza, si disperde
nella molteplicità dei suoi desideri; negandosi ad
attendere il tempo della promessa, si disintegra
nei mille istanti della sua storia. Per questo lâÂÂi-
dolatria è sempre politeismo, movimento senza
meta da un signore allâÂÂaltro. LâÂÂidolatria non offre
un cammino, ma una molteplicità di sentieri, che
non conducono a una meta certa e configurano
piuttosto un labirinto. Chi non vuole affidarsi a
Dio deve ascoltare le voci dei tanti idoli che gli
gridano: âÂÂAffidati a me!âÂÂ. La fede in quanto le-
gata alla conversione, è lâÂÂopposto dellâÂÂidolatria;
è separazione dagli idoli per tornare al Dio vi-
vente, mediante un incontro personale. Credere
significa affidarsi a un amore misericordioso che
sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta
lâÂÂesistenza, che si mostra potente nella sua capa-
cità di raddrizzare le storture della nostra storia.
La fede consiste nella disponibilità a lasciarsi tra-
sformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio.
Ecco il paradosso: nel continuo volgersi verso il
Signore, lâÂÂuomo trova una strada stabile che lo
libera dal movimento dispersivo cui lo sottomet-
tono gli idoli.