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BENEDETTA CAMBIAGIO FRASSINELLO 
(1791 – 1858) 

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In Benedetta Cambiagio Frassinello la Chiesa ci addita un esempio di Santa che fu sposa, madre, religiosa e fondatrice.

Ella si lasciò condurre dallo Spirito attraverso l'esperienza matrimoniale, quella di educatrice e di consacrazione religiosa fino a fondare un Istituto, che, caso unico nell'agiografia cristiana, guidò con la collaborazione generosa e discreta del marito. 

Benedetta Cambiagio Frassinello nasce a Langasco (Genova) il 2 ottobre 1791 da Giuseppe e Francesca Ghiglione e viene battezzata due giorni dopo. Quando ancora è ragazzina, la sua famiglia si trasferisce a Pavia. 
 

Giovinezza 

Riceve dai genitori una profonda educazione cristiana che radica nel suo animo i princìpi della fede e plasma il suo carattere volitivo e perseverante.

Verso i 20 anni ha una forte esperienza interiore che accresce l'amore alla preghiera e alla penitenza e, in modo speciale, il desiderio di abbandonare tutto per consacrarsi interamente a Dio. Ciò nonostante il 7 febbraio 1816 va sposa a Giovanni Battista Frassinello, un giovane ligure trasferito con la famiglia a Vigevano.  
 

Sposa-sorella esemplare

Il cammino di Benedetta alla ricerca della volontà di Dio è abbastanza arduo e difficile, spinta com'è dall'impulso interiore per una vita verginale, coltivata fin dall'adolescenza. Vive nel matrimonio due anni, dopo i quali ha la gioia di realizzare, in questo stato, l'aspetto profondo e sublime della verginità spirituale. In pieno accordo con lo sposo, che attratto dalla santità di Benedetta ne abbraccia l'ideale, le vive accanto come sorella. Si occupano entrambi, con singolare amore, della sorella Maria, gravemente ammalata di cancro intestinale, ospitata in casa loro.

Benedetta e Giovanni sperimentano, perciò, una maternità e una paternità spirituali e soprannaturali, nella fedeltà all'amore coniugale sublimato.

Nel 1825, alla morte di Maria, Giovanni Battista entra nella comunità dei Somaschi e Benedetta nelle Orsoline di Capriolo. 

 

Amore coniugale esclusivamente consacrato a Dio 

Nel 1826, a motivo della salute, Benedetta ritorna a Pavia. Guarita prodigiosamente da San Girolamo Emiliani, si occupa delle fanciulle con il benestare del Vescovo, mons. Luigi Tosi.

Avendo bisogno di un aiuto, che suo padre le rifiuta, il Vescovo richiama Giovanni Battista, il quale lascia il Noviziato e torna alla sposa-sorella, rinnovando insieme il voto di castità perfetta nelle mani del Vescovo stesso.

Tutti e due si dedicano generosamente all'accoglienza e alla educazione umano‑cristiana di fanciulle povere e abbandonate.

 

Educatrice 

L'opera di Benedetta si inserisce nella vita sociale di Pavia in un periodo in cui l'istituzione della scuola è accolta come la vera apportatrice di benessere. È la prima donna della città e della provincia ad avvertire questo bisogno e l'Imperiale Regio Governo Austriaco le riconosce il titolo di “Promotrice della Pubblica Istruzione”.

Coadiuvata subito da alcune giovani volontarie, alle quali dà un Regolamento approvato dall'Autorità Ecclesiastica, unisce all'insegnamento scolastico la formazione catechistica e al lavoro. Sono questi gli ambiti di cui si serve per trasformare le fanciulle in “modelli di vita cristiana” e assicurare in tal modo la vera formazione delle famiglie. 

 

Contemplativa nell'azione 

La sua costante dedizione scaturisce e cresce dal fervore eucaristico e dalla contemplazione del Crocifisso ed è pervasa dalla certezza che Dio solo è il suo sostegno e la sua valida difesa.

Nella sua vita non mancano esperienze mistiche che si ripetono, particolarmente, nelle feste liturgiche senza distoglierla, tuttavia, dai suoi impegni quotidiani.

Per amore delle fanciulle è disposta ad ogni più arduo sacrificio: della sua persona, dei suoi beni, perfino della sua fama, mostrando così l'incomparabile grandezza della “pedagogia del Vangelo”.

 

Capacità di distacco

La singolarità dell'opera e il programma educativo di Benedetta sono duramente contrastati dall'opposizione di alcuni potenti, che si vedono frastornati nei loro torbidi disegni, e anche dall'incomprensione di alcuni membri del clero. Nel luglio 1838 Benedetta cede la sua istituzione al Vescovo Tosi e, con il marito e cinque fedeli consorelle, lascia Pavia diretta in Liguria.

 

Fondatrice 

A Ronco Scrivia istituisce la scuola per le fanciulle del popolo e fonda l'Istituto delle “Suore Benedettine della Provvidenza” per le quali scrive le Regole-Costituzioni. Esse rivelano lo sviluppo del suo carisma pavese, estendendo a tutte le fanciulle e giovani l'educazione, l'istruzione e la formazione cristiana, con l'inconfondibile suo spirito di illimitata fiducia e abbandono alla divina Provvidenza, di amore a Dio attraverso la povertà e la carità. 

 

Sviluppo dell'Opera 

L'Istituto della Suore Benedettine della Provvidenza si sviluppa rapidamente.

Nel 1847 anche a Voghera. Questa sede, quarant'anni dopo la morte di Benedetta, per opera del Vescovo diocesano, diviene di diritto un Istituto indipendente.

In tale circostanza le Suore assumono la denominazione di “Benedettine della Divina Provvidenza” in memoria di Benedetta loro piissima Fondatrice.

Nel 1851 Benedetta ritorna a Pavia, in una località diversa dalla prima fondazione e nel 1857 apre una scuola in un paese della Valpolcevera, San Quirico. 

 

Entra nel gaudio di Dio 

Il 21 marzo 1858, Benedetta muore santamente a Ronco Scrivia, in giorno e ora da lei previsti. Attorno alla sua salma accorre un grande afflusso di gente per l'ultima manifestazione di stima e di rimpianto a colei che considera una “Santa”. 

Benedetta può proporsi come modello e aiuto: 

– alle persone consacrate: conformarsi a Cristo nell'abbandono all'amorosa divina Provvidenza;

– agli sposi: totale condivisione per una più profonda maternità e paternità; 

– ai giovani: Cristo fonte di gioia e ideale di vita;

– agli educatori: prevenire, comprendere, aprire orizzonti; 

– alle famiglie che sperimentano momenti di difficoltà: accettare i disagi, quando si è costretti ad abbandonare la propria terra e accogliere nella propria casa i familiari provati dalla malattia e aiutarli a morire serenamente.

 

Omelia del Santo Padre

 

   

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