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Eustochia Smeraldo Calafato (1434-1485) 
vergine, monaca dell'Ordine di S. Francesco 

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Eustochia Calafato (al secolo Smeralda) nacque a Messina il 25 Marzo 1434, quarta dei sei figli di Bernardo Cofino detto Calafato e Mascalda Romano, modesti lavoratori: il padre possedeva una piccola imbarcazione con la quale esercitava il commercio anche per conto di altre persone, secondo gli usi del tempo e di Messina in particolare.

La piccola Smeralda trascorse i primi anni della fanciullezza senza notevoli avvenimenti, nella casa paterna, affidata alle cure della madre, fervente cristiana ed entusiasta ammiratrice del Francescanesimo nella sua peculiare riforma dell'Osservanza che si andava proprio allora affermando nell'Ordine.

Quel movimento ebbe in Italia il suo principale animatore ed esponente in S. Bernardino da Siena (+ 1444), accanto al quale e sul cui esempio fiorì tutta una schiera di spiriti eletti, insigni per santità, dottrina e attività sociali, tra i quali spiccano il Beato Alberto da Sarteano (+1450), S. Giovanri da Capestrano (+ 1456) e S. Giacomo della Marca (+ 1476). Il nuovo spirito di riforma, che si proponeva la stretta osservanza della regola di S. Francesco specialmente nella particolare prerogativa della povertà, pervase anche il secondo Ordine Francescano, cioè quello delle Clarisse, in seno al quale vecchi monasteri erano ricondotti a più stretta osservanza e regolare vita religiosa, o se ne fondavano dei nuovi secondo la cosiddetta " Prima regola " di S. Chiara e sotto l'egida e la cura dei Frati minori dell'Osservanza."

In Sicilia il movimento osservante apparve nel 1421, ma ufficialmente lo si può datare dal 1425, quando il beato Matteo d'Agrigento che ne fu il valido organizzatore, ottenne da Martino V la facoltà di fondare tre nuovi conventi per i frati desiderosi di vivere secondo lo spirito della riforma. Il primo di questi conventi fu aperto proprio a Messina, dove il beato Matteo, famoso ed ammirato predicatore, aveva suscitato con la sua ardente parola un grande entusiasmo tra il popolo e viva partecipazione alla riforma spirituale da lui propugnata.

A quelle prediche assistette anche Mascalda Romano, allora giovane sposa diciottenne, e conquistata dalle parole del predicatore si ascrisse nelle file del terz'Ordine Francescano, consacrandosi ad una vita di intensa preghiera e di aspre penitenze, dedicando parte del suo tempo e delle sue sostanze al prossimo bisognoso. Mascalda trasfuse i suoi sentimenti e le sue aspirazioni anche nella piccola Smeralda, iniziandola sin da bambina alla pietà e all'esercizio delle cristiane virtù, ottenendone dei frutti che superarono ogni più rosea e nobile aspettativa della pur virtuosa madre.

La fanciulla, infatti, non solo fece tesoro degli insegnamenti materni sforzandosi, secondo le sue capacità, di imitarne gli esempi e orientare la sua vita religiosa secondo lo spirito francescano, ma aspirando a vette più alte si consacrò a Dio tra le Clarisse e più tardi fondò anche un nuovo monastero per poter più intensamente e profondamente seguire il suo ideale di perfezione cristiana.

Prima però di iniziare e dare compimento alle sue aspirazioni, la piccola Smeralda dovette subire la prova di un triste ma provvidenziale evento, l'unico di un certo di rilievo accaduto nella sua fanciullezza. Nel dicembre 1444, infatti, quando Smeralda aveva appena undici anni circa, senza neppure essere interpellata e secondo i costumi del tempo, il padre la promise in matrimonio ad un maturo vedovo di pari condizione sociale ed economica; ma il concertato matrimonio sfumò per l'improvvisa e repentina morte del promesso sposo nel luglio 1446.

Anche se non pienamente cosciente di quanto era accaduto, l'evento dovette provocare nella piccola Smeralda un tremendo e comprensibile trauma, ma la Provvidenza divina che aveva ben altri disegni su di lei, se ne servì per attirare alle cose celesti il suo cuore, del resto già ben disposto alle più ardite e sublimi decisioni. Così la morte del promesso sposo spinse soavemente ma fortemente Smeralda a considerare nella sua vera realtà e alla luce del soprannaturale la vanità delle cose terrene e dei piaceri mondani, per cui nonostante reiterate pressioni dei parenti e le ottime occasioni che si presentavano per un nuovo fidanzamento, rimase sempre tetragona nel rinunciarvi, decidendo di consacrarsi a Dio nella vita religiosa, decisione maturata verso l'età di 14 anni.

I parenti però, e specialmente il padre, non erano assolutamente disposti ad assecondare le sue aspirazioni: da qui un inevitabile conflitto familiare, che la spinse anche a tentare una inutile fuga dalla casa paterna, ma che si risolse dopo qualche tempo a suo favore, quando verso la fine del 1448, durante uno dei suoi soliti viaggi commerciali, il padre morì improvvisamente in Sardegna.

L'attesa si protrasse ancora per un anno, poichè soltanto alla fine del 1449 Smeralda potè appagare il suo ardente desiderio entrando nel monastero Belle Clarisse di S. Maria di Basico in Messina dove le fu imposto il nome di Suor Eustochia: aveva circa 15 anni e mezzo!

Fin dal noviziato la giovane suora si distinse per la pietà e le spiccate virtù. Incredibile infatti fu l'impegno, lo slancio, l'entusiasmo con cui Suor Eustochia si accinse a vivere la sua vocazione dedicandosi alla preghiera, alla meditazione assidua della Passione di Cristo, alla mortificazione, al servizio delle inferme; i suoi progressi nella via della perfezione furono talmente cospicui ed evidenti da attirare su di se l'ammirazione, la stima e la venerazione delle consorelle.

Non paga però di attendere alla sua personale perfezione, suor Eustochia desiderava ardentemente che tutto il monastero risplendesse per l'esemplare osservanza della regola. Purtroppo proprio in quegli anni la badessa del tempo, suor Flos Milloso, con progressiva e tenace azione e con scopi non del tutto lodevoli, aveva sottratto il monastero dalla direzione spirituale degli Osservanti, e pur non trascurando le necessità spirituali delle suore, era troppo invischiata ed immersa negli affari terreni e temporali. Tutto ciò aveva creato un certo disagio e profondo disappunto nelle suore più sensibili e fervorose tra cui primeggiava suor Eustochia, e poichè a nulla approdarono gli sforzi ed i tentativi per ricondurre a più severa disciplina la vita regolare del monastero, la nostra Santa e qualche altra decisero di cercare altrove quanto mancava a Basicò; maturò in lei il proposito di fondare un nuovo monastero secondo il genuino spirito della povertà francescana e sotto la direzione dei Frati Minori dell'Osservanza.

Ottenuta la necessaria autorizzazione pontificia, con i mezzi fornitile dalla madre e dalla sorella e la fattiva collaborazione del nobile messinese Bartolomeo Ansalone, sostenuta moralmente da una consorella di Basicò, suor Iacopa Pollicino, che unica la seguì nella difficile impresa e le rimase fedelmente accanto fino alla morte, superando immensi ostacoli, sopportando violente avversità e contraddizioni interne ed esterne, nel 1460 suor Eustochia si trasferì nei locali di un vecchio ospedale adattato a monastero, dove la seguirono la sorella Mita (Margherita) ed una giovane nipote.

Ben presto altre donne si unirono al piccolo drappello, ma per sopravvenute difficoltà materiali e morali, le suore dovettero lasciare il vecchio ospedale, trovando generosa ospitalità nella casa di una congregazione del terz'ordine Francescano, sita nel quartiere Montevergine nove si trasferirono agli inizi del 1464.

Con l'aiuto di benefattori la nuova dimora potè essere convenientemente allargata e sistemata per un monastero: ebbe così inizio il monastero di Montevergine nel quale ben presto uno stuolo di anime nobili e generose, tra cui la stessa madre di Eustochia, chiese di entrare per condividerne la vita povera ed evangelica.

Fattasi cosi madre spirituale delle sue figliole, ella le istruì, le educò, le formò alla vita francescana, spronandole alla meditazione della passione di Cristo, comunicando loro i frutti delle proprie esperienze ascetiche, infondendo nei loro cuori l'amore alle virtù che ella stessa praticava con ammirabile costanza ed eroismo, permeando tutta la loro vita della spiritualità semplice e generosa del francescanesimo, imperniata sul Cristocentrismo, sul Cristo cioè amante e sofferente, sulla devozione all'Eucaristia, attingendo un sodo e vitale nutrimento per le quotidiane meditazioni da un'intensa e sentita vita liturgica.

Nel monastero di Montevergine la Beata Eustochia morì il 29 gennaio 1485, lasciando una fervente e stimata comunità religiosa di circa 50 suore, il profumo delle sue virtù e la fama della sua santità.

Qualche giorno dopo la sua sepoltura, al suo sepolcro e nel suo corpo si manifestarono straordinari fenomeni che diedero inizio ad una popolare e vasta devozione verso di Lei. Spinte da quegli avvenimenti e sollecitate da personalità ecclesiastiche e laiche, le suore di Montevergine scrissero una biografia della loro venerata fondatrice e madre, mentre la fedele compagna Suor Iacopa Pollicino ne trasmetteva toccanti ed ammirabili cenni in due lettere a suor Cecilia Coppoli, badessa del monastero di S. Lucia di Foligno, nelle quali confermava o completava quanto di più interessante, prestigioso e virtuoso aveva notato nella Beata Eustochia.

il popolo di Dio sperimentava in molti modi e in varie circostanze che essa aveva un efficace potere di intercessione presso l'Altissimo, datore di ogni bene.

Il 14 settembre 1782 il Papa Pio VI approvò il culto " ab immemorabili ".

Ripresa la causa di canonizzazione nel 1966, il 21 marzo 1985 sono state dichiarate " eroiche " le virtù della beata Eustochia e il 22 giugno 1987 il Papa Giovanni Paolo II comunicava la sua decisione di canonizzare la Beata Eustochia.

Finalmente giovedì 3 dicembre l'Arcivescovo S. E. Mons. Ignazio Cannavò ha dato l'annuncio gioioso e sorprendente the il Papa l'11 giugno 1988 canonizzerà la Beata Eustochia a Messina.

  

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