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Maria Rosa Molas y Vallvé (1815-1876) 
religiosa, delle Suore di Nostra Signora della Consolazione 

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Quando l'8 maggio 1977 Paolo VI beatificava Maria Rosa Molas y Vallvé, Contemplava l'umanità, che nel suo "lento pellegrinare verso mete di auspicato superamento", "spesso raggiunge solo un umanesimo debole, parziale, ambiguo, formale, a volte perfino falsato". Contemplava la nostra società " percossa da molteplici forme di violenza ": dal diffuso fenomeno della droga, alla piaga dell'aborto, dalla corsa agli armamenti, alla crescente miseria di tanti popoli della terra.

A questa umanità disorientata e a questo mondo disumanizzato proponeva il messaggio e la figura di Maria Rosa Molas, come "Maestra d'umanità" e "autentico strumento di misericordia e di Consolazione".

A distanza di undici anni il nostro mondo è ancora sconvolto dai medesimi problemi e l'uomo, che spesso perde il senso ultimo della propria esistenza, ha ancora bisogno dell'annuncio "della consolazione, dell'amore e della misericordia di Dio ".

La Canonizzazione di Maria Rosa Molas riecheggia quest'annuncio. È un grido di speranza per l'umanità, un appello che la Chiesa rivolge a quanti ancora credono nelle risorse dell'uomo e " desiderano dedicarsi alla creazione di un mondo più umano e più affratellato ".

La vita di Maria Rosa Molas fu una parola di consolazione per l'uomo del suo tempo. I suoi contemporanei asseriscono che "nel mondo sembrava ci stesse unicamente per la consolazione dì tutti", e questa continua ad essere la sua missione nella Chiesa: manifestare la misericordia del Padre e additare agli uomini le vie della consolazione dì Dio.

Queste vie, che Maria Rosa percorse, partono in Lei dall'incontro con Dio in Cristo, scoperto in una profonda contemplazione del Suo Mistero e gustato in una serena esperienza di croce.
Maria Rosa vive contemplando, "guardando Gesù Cristo". Nella povertà lo contempla " così povero che non ha dove posare il capo "; nella prova dello spirito " pensa all'orazione dell'Orto"; in ogni genere di prove sente e insegna alle Figlie che " sul Calvario, ai piedi di Gesù, si trova conforto e sollievo ". " Guardando Gesù Cristo nel prossimo " il suo cammino di consolazione diventa donazione incondizionata al fratello, servito fino all'oblio e al totale sacrificio di se stessa.

Attraverso un'intensa vita di preghiera, che si protrae spesso per tutta la notte, " diventa perfetta discepola di Gesù ". Nell'incontro con Dio le viene concessa " lingua da discepolo per poter dire, a chi è stanco, una parola di consolazione " (Is 50, 4). Dalla contemplazione trae la forza per una donazione che non conosce limiti e che la spinge a " vivere nella carità, fino a morire vittima della carità ".

Maria Rosa Molas era nata a Reus, in Spagna, da una famiglia di artigiani, il 24 marzo del 1815, e battezzata il giorno dopo con i nomi di Rosa Francesca Maria Dolores.

Suo padre, José Molas, aveva ascendenti dell'Andalusia; sua madre, María Vallvé, profonde radici catalane. Questo conferisce a Maria Rosa una personalità ricca, dotata di qualità diverse che si contrappongono e si armonizzano in lei. È intuitiva e sensibile; c'è in lei tenerezza e delicatezza di sentimenti, pietà per le sofferenze degli altri e ingegnosità per alleviarle; ma porta pure, nel suo temperamento, il " seny de la terra " delle genti della Catalogna. Ha quindi " un carattere vivace ed energico, intraprendente e deciso ", " uno spirito forte e tenace ", uno spiccato senso pratico.

La contemplazione diventa in lei servizio concreto. L'umiltà stessa si traduce " in energia instancabile ". Ha sempre " un atteggiamento disinvolto " e un " gesto spigliato nel lavoro ". " Per fare del bene agli altri non trova ostacoli "; " nessuna difficoltà si oppone al suo desiderio di fare del bene ".

Il suo confessore - e suo primo biografo - osserva che la sua nascita avvenne nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo, e vede in questa circostanza un segno dei doni con cui Dio voleva arricchirla: " senza dubbio volle il Signore che si rispecchiassero in lei il più grande Amore degli amori e la più crudele desolazione di Gesù ". Secondo lui questa circostanza era l'annuncio della sua partecipazione alle sofferenze di Cristo, perché potesse essere " maestra del Suo amore " e " messaggera di grande carità ". Era pure " il preludio delle intense e frequenti desolazioni con cui sarebbe stata provata ".

Maria Rosa infatti, dal giorno della sua Prima Comunione, vive una profonda esperienza mistica, nella quale il Signore le fa talvolta assaporare la dolcezza ineffabile della Sua presenza. " Chi ha provato quanto è dolce il Signore - esclama - non può più lasciare di camminare alla Sua presenza ". Dio è per lei " Sposo dolce " o semplicemente "Dolcezza mia ".

Ma nella sua esperienza spirituale più spesso predomina " il silenzio di Dio " e la dolorosa sensazione dell'assenza dello Sposo per il quale si strugge e si sacrifica. Questa esperienza segna la sua esistenza e l'introduce in un cammino d'umiltà e d'abnegazione, d'oblio di sé e di ricerca instancabile della gloria di Dio e del bene dei fratelli. È questo l'atteggiamento fondamentale della sua vita, che lei stessa esprime quando ripete: " Tutto per la gloria di Dio. Tutto per il bene dei fratelli. Niente per noi ". Questa è la via d'umiltà, di semplicità e carità, d'abnegazione e di spirito
di sacrificio " che - ella ripete - " sono l'anima dell'Istituto ". " È l'umiltà della carità " che la spinge a vivere sempre attenta agli altri e a compiere i gesti più eroici Con grande semplicità e naturalezza.

Nel gennaio del 1841 era entrata in una Corporazione di Sorelle della Carità, che prestavano i loro servizi nell'Ospedale e nella Casa di Carità di Reus e che ella credeva religiose. Lì, nell'umile servizio ai più poveri, dà prove di Carità spesso eroica; lì, ascolta il clamore della gente del suo popolo e ne difende la sorte. L'11 giugno 1844 la città di Reus è assediata e bombardata dalle truppe del Generale Zurbano. Maria Rosa, Con altre due consorelle, attraversa la linea di fuoco e va ad inginocchiarsi ai piedi del Generale, implorando ed ottenendo la pace per la sua gente.

Qualche anno dopo, Con altre quattro consorelle, è inviata a Tortosa dove il suo campo d'azione si allarga. Qui scoprirà la situazione, irregolare di fronte alla Chiesa, del gruppo cui appartiene e sente " l'orfanezza spirituale in cui si trova". Il suo sconfinato amore per la Chiesa la spinge al dialogo con le Consorelle, a discernere con loro le vie del Signore e a porsi, il 14 marzo 1857, sotto l'obbedienza dell'Autorità ecclesiastica di Tortosa. Si trova così Fondatrice di una Congregazione religiosa che l'anno dopo - il 14 novembre - a richiesta della stessa Maria Rosa, sarà chiamata delle Sorelle della Consolazione, " perché le opere che ogni giorno realizzano ... si dirigono tutte a consolare il loro prossimo ... ".

Per sua volontà, la Congregazione si prefigge soprattutto di " estendere la conoscenza e il Regno di Gesù Cristo ", "come sorgente e modello di ogni carità, di ogni conforto e perfezione ", e " Continuare sulla terra la missione del nostro dolcissimo Redentore, Gesù, consolando gli afflitti", educando, servendo l'uomo " in qualsiasi situazione di necessità ".

Il Signore l'aveva preparata per la missione di fondatrice, attraverso molteplici servizi e attraverso svariate situazioni, talvolta dolorose, che Ella visse Con serena ed eroica pazienza. Tale, fu la grave Calunnia subita quando, in obbedienza ai Superiori, dovette prepararsi segretamente per Conseguire il Diploma di Maestra; tale, fu la persecuzione che le Autorità pubbliche intrapresero più volte contro di lei.

Maria Rosa vive Con fortezza queste situazioni, le vive nel silenzio, ed ha per coloro " che affliggono il suo spirito, amabilità e delicate attenzioni ". Le vive con serenità e, ad evidenti ingiustizie, risponde Con servizi generosi e perfino eroici.

Così alle Autorità di Tortosa Che ingiustamente l'hanno allontanata dalla Scuola Pubblica per bambini, presta la propria collaborazione per organizzare un Lazzaretto, "pronta a sacrificare tutto a vantaggio dei nostri poveri fratelli " semmai " i nostri servizi fossero capaci di portare sollievo alla situazione del nostro prossimo ".

Tanta mansuetudine e tanta pazienza nella sopportazione non sono, in Maria Rosa, pusillanimità né debolezza, ma coraggio che diventa audacia, ardimento e libertà evangeliche quando sono in gioco gli interessi dei poveri, la verità o la difesa dei deboli. Così la vediamo opporsi con energia ad un sindaco che pretende da lei il giuramento ad una Costituzione spagnola contraria agli interessi della Chiesa; prendere coraggiosamente le difese delle balie dei suoi trovatelli, alle quali l'Amministrazione pubblica, da tempo, non paga il meritato salario; difendere le Figlie, ingiustamente denigrate dall'Amministratore di uno dei suoi Ospedali; impedire con energia ad un medico di sperimentare certi interventi chirurgici sopra i suoi trovatelli.

Maria Rosa fa questo senza perdere mai il suo sereno equilibrio. " Possedeva il segreto di avvincere i cuori ". " Infondeva raccoglimento e venerazione ". " Era inspiegabile vederla sempre piena di bontà, affabile, affettuosa, con una invidiabile serenità di spirito".

Quest'atteggiamento costante che caratterizza Maria Rosa Molas, si spiega solo scoprendo " " il segreto del suo cuore, pieno solo di Dio "; tutto era " effetto dell'intima e continua unione con Dio che presiedeva la sua vita, i suoi affetti, ogni sua azione ".

" Era per lei di scarsa importanza qualunque sacrificio, così come le umiliazioni, le calunnie, le persecuzioni. Quanto l'avvicinava a Dio le era gradito; difficile, insopportabile, amaro, quanto temeva che lo potesse offendere ".

Spinta da questo amore di Dio, " diventa carità vissuta "; " si china su quanti sono nel bisogno, senza distinzione "; gli anziani più derelitti e i bambini più abbandonati " sono la pupilla dei suoi occhi ".

Trascorre la sua vita facendo del bene a tutti, offrendo se stessa " nel dono prezioso della sua disponibilità, nella misericordia e nella consolazione, per chi la cercava o per chi, anche senza saperlo, ne aveva bisogno ".

Compie così la sua missione consolatrice, fino a quando, verso la fine di maggio del 1876, sente che il Signore si avvicina. Dopo una breve malattia, ferita più dal desiderio di Dio che dall'infermità, logorata più dal servizio indefesso ai poveri che dagli anni, chiede al suo confessore il permesso per morire: " Mi lasci partire"; e dopo aver avuto il suo consenso " Si compia la volontà santissima di Dio ".

Moriva, sul finire del giorno, l'11 giugno 1876, domenica della Santissima Trinità.

Lasciava la sua missione consolatrice nella Chiesa, alla Sua Famiglia religiosa, Le Suore di Nostra Signora della Consolazione, che oggi è sparsa in undici nazioni e quattro continenti.

 

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