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MANUEL GONZALEZ GARCIA VESCOVO
DI MALAGA E DI PALENCIA (1877-1940)
FONDATORE DELLE MISSIONARIE EUCARISTICHE DI NAZARET
Manuel Gonzalez Garcia, vescovo di Malaga e di Palencia fu una figura
significativa e rilevante della Chiesa spagnola durante la prima metà del 20°
secolo.
Quarto di cinque fratelli, nacque a Siviglia, il 25 febbraio 1877, nel seno
di una famiglia umile e profondamente religiosa. Il padre, Martin Gonzalez
Lara, era falegname, mentre la madre Antonia si occupava della casa. In questo
ambiente, Manuel crebbe serenamente e con tante illusioni che non sempre poté
vedere realizzarsi. Tuttavia ne ebbe una che riuscì a raggiungere e che
avrebbe lasciato un’orma nel suo cuore: entrare a far parte dei famosi cosìdetti
«seises» della cattedrale di Siviglia, gruppo di bambini del coro che
cantavano e ballavano nelle solennità del Corpus Domini e della Immacolata.
Già da allora il suo amore per l’Eucaristia e per la Madonna si andavano
consolidando.
La intensa vita cristiana della sua famiglia e l’esempio di pii sacerdoti
lo condussero a scoprire la sua vocazione. Senza avvisarne i genitori, si
presentò ai previsti esami di ingresso in seminario ed i suoi accettarono
tale sorpresa del loro figlio con sentimenti di totale accettazione delle vie
di Dio. Manuel, ben consapevole della precaria situazione economica della
famiglia, pagò il periodo degli anni di formazione lavorando in seminario
come domestico.
Arrivò finalmente per lui il tanto atteso 21 settembre 1901, giorno nel
quale ricevette l’ordinazione sacerdotale per le mani del beato cardinale
Marcello Spinola. Nel 1902 fu inviato a dare una missione a Palomares del Rio,
dove Dio lo segnò con una grazia che avrebbe condizionato tutta la sua vita
sacerdotale. Egli stesso ci descrive tale sua esperienza. Dopo aver ascoltato
le avvilenti prospettive della sua missione presentategli dal sacrestano, egli
dice: «Mi recaì direttamente davanti al tabernacolo... e, che tabernacolo,
Dio mio! Che sforzi dovettero fare colà la mia fede e il mio coraggio per non
tornarmene di corsa a casa mia. Ma, non fuggii. Là, in ginocchio, ... la mia
fede vedeva un Gesù così taciturno, così paziente, così buono, che mi
guardava... che mi diceva tante cose e me ne chiedeva di più; uno sguardo, il
suo, nel quale si rifletteva tutta la tristezza che emerge dal Vangelo... Lo
sguardo di Gesù in questi tabernacoli è uno sguardo che si fissa
nell’anima come un chiodo e non si dimentica mai più. Esso divenne per me
come il punto di partenza per vedere, capire e prevedere tutto il mio
ministero sacerdotale». Questa grazia andrà poi maturando nel suo cuore.
Nel 1905 viene destinato a Huelva. Si trovò di fronte ad una situazione di
notevole indifferenza religiosa, però il suo amore e le sue capacità seppero
aprire vie per ravvivare pazientemente la vita cristiana. Come parroco della
parrocchia di San Pietro e arciprete di Huelva, si preoccupò anche della
situazione delle famiglie bisognose e dei bambini per i quali aprì scuole.
Nel frattempo pubblicò il primo dei suoi numerosi libri: Ciò che può un
parroco oggi, opera che divenne punto di riferimento per i
sacerdoti.
Il 4 marzo 1910, davanti ad un gruppo di donne, fedeli collaboratrici della
sua attività apostolica, espose con forza il grande desiderio del suo cuore.
Ce lo narra lui stesso così: «Permettete a me, che invoco molte volte la
sollecitudine della vostra carità a favore dei bambini poveri e di tutti i
poveri abbandonati, di invocare oggi la vostra attenzione e la vostra
cooperazione in favore del più abbandonato di tutti i poveri: il Santissimo
Sacramento. Vi chiedo una elemosina di affetto per Gesù Sacramentato... per
amore di Maria Immacolata e per amore di questo Cuore così mal corrisposto,
vi chiedo che diventiate le Marie di questi tabernacoli abbandonati».
Così, con la semplicità del Vangelo, nacque la «Opera dei
Tabernacoli-Calvari»; opera per dare una risposta di amore riparatore
all’amore di Cristo nell’Eucaristia, a esempio di Maria Immacolata,
dell’apostolo San Giovanni e delle Marie che rimasero fedeli vicino a Gesù
nel Calvario.
La grande famiglia della Unione Eucaristica Riparatrice, che ebbe inizio
con il ramo delle Marie dei Tabernacoli e dei Discepoli di San Giovanni, si
estese rapidamente e Don Manuel fondò sucessivamente la Riparazione
Infantile Eucaristica, in quello stesso anno; poi i sacerdoti Missionari
Eucaristici nel 1918; la congregazione religiosa delle Missionarie
Eucaristiche di Nazaret nel 1921, in collaborazione con sua sorella Maria
Antonia; la istituzione delle Missionarie Ausiliarie Nazarene nel 1932;
la Gioventù Eucaristica Riparatrice nel 1939.
La rapida diffusione dell’Opera in altre diocesi di Spagna e America,
attraverso la rivista «El Granito de Arena» («Il granello di sabbia»), che
Don Manuel aveva fondato tempo addietro, lo spinse a sollecitare la
approvazione del Papa. Arrivò a Roma a fine 1912 e il 18 novembre fu ricevuto
in udienza da Sua Santità Pio X, cui venne presentato come «l’apostolo
dell’Eucaristia». San Pio X si interessò di tutta la sua attività
apostolica e benedisse l’Opera.
La sua dedizione generosa e l’autenticità della sua vita sacerdotale
sono, senza dubbio, il motivo della fiducia del Papa Benedetto XV in lui,
tanto da nominarlo vescovo ausiliare di Malaga. Ricevette l’ordinazione
episcopale il 16 gennaio 1916. Nel 1920 venne nominato vescovo residenziale di
quella stessa sede, circostanza che volle celebrare offrendo un banchetto ai
bambini poveri, invece che alle autorità, che, insieme ai sacerdoti e ai
seminaristi, servirono il pranzo a tremila bambini.
Come pastore della diocesi di Malaga iniziò la sua missione prendendo
contatto col gregge affidatogli per conoscerne le difficoltà e i problemi.
Come aveva fatto a Huelva, potenziò le scuole e le catechesi parrocchiale,
praticò la predicazione spicciola, conversando con chiunque incontrava sul
suo cammino... e scoprì che la necessità più urgente era quella del numero
di sacerdoti. Tale problema doveva essere affrontato alla radice, cioè dalla
situazione del seminario che era desolante. Con una fiducia senza limiti nella
provvidenza del Cuore di Gesù, intraprese la costruzione di un nuovo
seminario che avesse tutte le condizioni necessarie per la formazione di
sacerdoti sani umanamente, spiritualmente, pastoralmente, e intellettualmente.
Sogna e progetta «un seminario sostanzialmente eucaristico, nel quale
l’Eucaristia fosse: nell’ordine pedagogico, lo stimolo più efficace;
nello scientifico, il primo maestro e la prima materia d’insegnamento; nel
disciplinare, l’ispettore più vigilante; nell’ascetico, il modello più
vivo; nell’economico una grande provvidenza; nell’architettonico, la
pietra d’angolo».
Ai suoi sacerdoti così come ai membri delle diverse fondazioni da lui
realizzate, proporrà come via di santità «giungere ad essere ostia in
unione all’Ostia consacrata», il che significa «dare e darsi a Dio e a
favore del prossimo nel modo più assoluto e irrevocabile».
Il vescovo Manuel Gonzalez non risparmia sforzi per migliorare la
situazione umana e spirituale della sua diocesi. La sua intensa attività non
lo fa andare avanti impreparato, anche quando con l’arrivo della Repubblica
in Spagna, la sua situazione si fa delicata. L’11 maggio 1931, l’attacco
contro la sua persona si fa diretto: gli incendiano il palazzo vescovile e
deve trasferirsi a Gibilterra per non mettere in pericolo la vita di quanti lo
ospitano. Dal 1932 dirige la sua diocesi da Madrid, mentre il 5 agosto 1935 il
Papa Pio XI lo nomina vescovo di Palencia, dove svolge gli ultimi anni del suo
ministero vescovile.
V’é anche da far risaltare la fecondità della sua penna durante tutti
gli anni della sua attività pastorale. Con stile agile, pieno di grazia
andalusa e di unzione, trasmise l’amore all’Eucaristia, introdusse
all’orazione, formò catechisti, guidò i sacerdoti. Tra i suoi libri,
ricordiamo: Eucaristia: Fedeltà e abbandono, Preghiamo davanti al
Tabernacolo come si pregava nel Vangelo, Arte per essere apostoli, La grazia
nell’educazione, Arte e Liturgia, ecc. Scritti che, a motivo della loro
diffusione, si è voluto raccogliere nella recente edizione delle sue Opere
Complete.
Negli ultimi anni la sua salute peggiora notevolmente, prova che egli vive
in modo eroico, senza perdere il sorriso delle sue labbra, sempre amabile e
accogliente, e nella accettazione, la più completa dei disegni di Dio. Rese
la sua anima al Signore il 4 gennaio 1940 e venne sepolto nella cattedrale di
Palencia, dove può leggersi l’epitaffio che egli stesso lasciò scritto per
la sua tomba: «Chiedo di essere sepolto vicino ad un tabernacolo, affinché
le mie ossa, dopo la mia morte, come la mia lingua e la mia penna durante la
vita, stiano sempre dicendo a coloro che passano: Qui sta Gesù! Sta qui! Non
lasciatelo abbandonato!
Sua Santità Giovanni Paolo II emise il decreto di eroicità delle sue virtù
il 6 aprile 1998 e approvò il miracolo attribuito alla sua intercessione il
20 dicembre 1999.
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