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Prezzo del petrolio e sviluppo economico

 

di Ettore Gotti Tedeschi


Il problema della crescita dei prezzi del petrolio può essere semplice da spiegare, ma difficile da accettare e pertanto si presta a conclusioni che possono essere errate e fuorvianti.
Vediamo cosa è successo. A seguito dell'annuncio dei dati di fine 2007 da parte delle grandi società petrolifere è emerso che si sta consumando più petrolio di quanto non se ne estragga e che quindi si stanno usando le riserve. Per fare un esempio italiano, l'Eni (Ente Nazionale Idrocarburi) nel 2007 ha utilizzato le riserve per circa un sette per cento. Ciò significa che a questo ritmo in quindici anni avrà esaurito le riserve. Questa situazione globale sta spingendo i prezzi del petrolio sopra i cento dollari al barile. Ma l'aumento del prezzo del greggio potrebbe non finire qui:  secondo le previsioni meno ottimistiche potrebbe infatti raddoppiare nel giro di diciotto mesi.
Tutto ciò è solo frutto di una speculazione? Non sembra proprio. Paesi arabi e Russia stanno infatti producendo al cento per cento della loro capacità.
Il fenomeno si spiega pertanto con due considerazioni. La prima è che i consumi nel mondo aumentano perché il benessere si sta estendendo in tutto il mondo (per esempio, in Cina e in India). Come conseguenza, la domanda di petrolio aumenta più dell'offerta, il che non sarebbe un problema se l'offerta potesse anche crescere proporzionatamente. La seconda considerazione è che i produttori di petrolio sembrano aver fatto male i conti e aver sovrastimato le riserve petrolifere. Così, anche se aumentassero l'estrazione e l'offerta, si anticiperebbe l'esaurimento delle riserve. Il rischio, rebus sic stantibus, è di rimanere senza petrolio nel giro di venticinque anni. In pratica si sta evidenziando che il petrolio è una risorsa più scarsa del previsto, e perciò più costosa del previsto.
Se non si trovassero soluzioni credibili l'impatto dei prezzi del petrolio potrebbe provocare una specie di blocco della nostra civiltà, del progresso e del benessere che si stanno globalizzando e persino una limitazione delle nostre libertà individuali. I costi dei voli aerei raddoppierebbero, le compagnie andrebbero in crisi e rischierebbero di dovere esser nazionalizzate; i costi dei trasporti individuali aumenterebbe vertiginosamente, limitando gli spostamenti, mettendo in crisi l'industria dell'auto e magari suscitando in qualche legislatore l'insana idea di vietare il trasporto individuale.
Bisogna quindi reagire per il bene della nostra civiltà e della libertà individuale. A breve termine il petrolio non è sostituibile da altre fonti energetiche. Le energie alternative possono rappresentare quote molto piccole e comunque non servono per i trasporti; l'energia tratta dall'idrogeno necessita di costi altissimi; l'estrazione da sabbie bituminose, oltre ai costi, ha un altissimo impatto ambientale. Così da alcune parti si sostiene che sarebbe necessario ridimensionare lo sviluppo. Questa conclusione presuppone che l'uomo starebbe consumando e sprecando le risorse del pianeta, che non gli appartiene. L'uomo andrebbe pertanto sfiduciato.
In realtà una conclusione più opportuna è esattamente quella opposta:  si devono cioè accelerare il progresso scientifico e la ricerca, e soprattutto si deve confidare nel genio dell'uomo anziché metterlo in dubbio. È certo necessario sostituire progressivamente il petrolio, rendendo più economici la ricerca e lo sfruttamento di ogni alternativa, compresa quella nucleare. È poi indispensabile ricercare e produrre sistemi di consumo energetico che riducano i consumi subito, sia per l'industria, sia per il riscaldamento, sia per il trasporto (si pensi all'auto ibrida che riduce i consumi della metà). Tutto ciò si ottiene investendo in ricerca.
Ma la ricerca per esser sostenuta vuole sviluppo, non il contrario. E soprattutto non bisogna perdere la fiducia nell'uomo. In lui c'è genio, non solo egoismo.

 

(© L'Osservatore Romano 27 febbraio 2008)