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Di ritorno da Sydney

 

Quel soffio di Dio
che abita in noi

 

di Fratel Alois
Priore di Taizé


Per andare a Sydney con alcuni miei fratelli abbiamo dovuto lasciare molti giovani che vengono settimana dopo settimana a Taizé. Lo abbiamo fatto volentieri perché è stata una grande gioia per noi fratelli raggiungere Papa Benedetto XVI e i giovani di tutto il mondo riuniti in Australia.
Come è avvenuto in ognuna delle giornate mondiali della gioventù precedenti, siamo stati invitati ad animare preghiere ogni giorno della settimana. A Sydney è stato nella bella chiesa di Saint James, situata nel centro della città. In questa chiesa, che è anglicana, abbiamo trovato collaborazione fraterna da parte della gioventù del luogo. Così giovani di un'altra confessione si sono uniti a noi per accogliere giovani cattolici. Da molti anni, di tanto in tanto, un nostro fratello si recava già in questa stessa chiesa per pregare con i cristiani di Sydney e noi eravamo lieti di questa continuità.
La sera, terminavamo la preghiera attorno alla croce, i giovani restavano a lungo per cantare e pregare, mentre altri attendevano fuori di potere a loro volta entrare per pregare attorno alla croce deposta sul pavimento.
Lì abbiamo ricordato che fratel Roger è morto tre anni fa proprio nel momento in cui si svolgeva la giornata mondiale della gioventù, quell'anno a Colonia.
In questi giorni in Australia i giovani sono stati invitati da Papa Benedetto XVI a riflettere sulle parole degli Atti degli apostoli:  "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (1, 8).
Con giovani di molte nazioni abbiamo chiesto a Dio di inviarci questa forza dello Spirito Santo. È vero che, nel nostro mondo moderno, è diventato difficile per molti credere in Dio. L'esistenza di Dio è vista spesso come un limite imposto alla libertà. Che lo Spirito Santo sia presente sembra loro inconcepibile.
In questo contesto, con loro ci siamo interrogati:  cosa vuol dire essere testimoni di Cristo? Non può essere solo un'attività esteriore. Si tratta innanzitutto di lasciare crescere in noi una vita interiore, un'attenzione alla presenza di Dio in noi. È lo Spirito Santo, il soffio di Dio, che abita nel profondo di noi, anche senza che ne prendiamo coscienza.
Quando, dopo la risurrezione, Gesù dice ai suoi discepoli al momento di lasciarli "sarete miei testimoni", il suo è molto più di un comando esterno. Gesù li ha amati fino alla fine, portando le loro debolezze. Questo amore li ha trasformati, ha rimodellato la loro identità profonda. I primi cristiani hanno persino parlato di una nuova nascita. La loro vita è ora il segno di una realtà che li trascende, un segno dell'amore di Dio.
Negli scambi con i giovani, ci siamo detti:  "Che tutti noi possiamo essere testimoni di Dio là dove viviamo!". Tutti noi possiamo divenire testimoni di Cristo che contribuiscono a una civiltà caratterizzata non dalla diffidenza ma dalla fiducia. Il nostro mondo, devastato da tante sofferenze, ha bisogno di donne e di uomini che irradino la pace di Dio con la loro vita. Prendiamo allora decisioni coraggiose per avanzare sul cammino dell'amore e della fiducia!
Di ritorno da Sydney, mi dico ancora una volta che nella storia sono bastate a volte poche persone per fare pendere la bilancia verso la pace. Ciò che cambia il mondo non sono tanto le azioni spettacolari, quanto piuttosto la perseveranza quotidiana nel perdono e nella bontà umana.

 

(© L'Osservatore Romano 23 luglio 2008)