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Il 12 settembre il Papa in Francia

 

Benedetto colui che viene
nel nome del Signore

 

Si apre oggi, 11 agosto, a Lourdes, nel centocinquantesimo delle apparizioni, il 135 pellegrinaggio nazionale francese, al quale partecipano delegazioni di diversi continenti e che è presieduto dal vescovo di Tarbes et Lourdes. Pubblichiamo una sua riflesisone - che esce anche su "Lourdes Magazine" - a un mese dalla visita del Papa in Francia.

 

di Jacques Perrier


L'elezione del cardinale Ratzinger è stata accolta in modi diversi. L'opinione comune, riprodotta con compiacimento, vedeva in lui un uomo rigido, un teorico inflessibile, estraneo alle questioni del mondo, perduto dietro i suoi principi. Coloro che l'avevano frequentato cercavano di far udire un'eco diversa:  il cardinale era un uomo semplice, facilmente accessibile, che amava ascoltare, chiaro nelle sue risposte, il quale riconosceva che talvolta non c'era risposta, ed era rispettato al di là dell'ambito cattolico. Ma la loro voce stentava a farsi sentire.
Poco prima dell'annuncio del risultato dell'elezione, mi sorpresi a dire:  "Se prendesse il nome di Benedetto!". Non sapevo che l'eletto era il cardinale Ratzinger. Ancor meno conoscevo la sua stima per san Benedetto. Pensavo forse vagamente a Benedetto XV, il Papa che cercò di essere costruttore di pace durante la guerra e che, per questo, fu calunniato da entrambi gli schieramenti. Pensavo soprattutto che il Papa doveva essere un segno di benedizione per il mondo. In questo, ero fedele alla devozione di Papa Giovanni Paolo ii per la divina misericordia:  lui aveva canonizzato suor Faustina, messaggera della divina misericordia, lui ne aveva istituito la festa, la seconda domenica di Pasqua, lui stesso aveva incontrato definitivamente questa divina misericordia nei primi vespri della sua festa.
Il mondo è preoccupato per il suo avvenire. Le nostre società non sono certe della loro solidità. La nostra cultura del divertimento nasconde male un deficit di significato che può convivere con una vaga felicità. A questo mondo è importante che qualcuno dica che non è né maledetto né dimenticato ma che, al contrario, Dio lo ama e lo benedice, nonostante le sue ferite. La benedizione originaria della Genesi non è stata tolta all'uomo. Bisogna allora che "l'uomo vestito di bianco" sia un segno di benedizione:  quando le religioni si lasciano coinvolgere troppo facilmente in numerosi conflitti; quando dei preti hanno commesso crimini nei confronti dei bambini, coloro che Gesù benediceva; quando è necessario rifiutare certe realizzazioni della tecnica che diverrebbero una maledizione per l'umanità! Occorreva una grande fede e molta umiltà per accettare simili sfide.
Durante la Via crucis che aveva guidato il Venerdì santo del 2005, qualche giorno prima della morte del Papa, e poi nei discorsi prima del conclave, il cardinale Ratzinger non aveva certo dipinto di rosa la situazione spirituale della Chiesa, soprattutto in Occidente. È quindi con cognizione di causa che accettò il carico, quando sperava di potere tornare agli amati studi.
Due beatitudini si applicano in particolare a Papa Benedetto XVI. "Beati i miti":  la mitezza è forse nel suo carattere, ma ciò che è un dono naturale può anche divenire un carisma al servizio del Regno. In questo mondo di violenza, non solo terroristica, ma anche economica, persino culturale, la mitezza sull'esempio di Cristo non è forse un modo di lasciare un segno? L'altra beatitudine è quella dei costruttori di pace. Benedetto XVI ricerca l'unità. Sa che l'unità è inscindibile dalla verità. Per questo si mostra esigente nel dialogo, ecumenico e tra le religioni:  è un modo di onorare i suoi interlocutori.
Grazie forse alla sua mitezza il Papa apre le vie del dialogo con l'ortodossia. In Cina, cerca di riconciliare. Nella scelta di celebrare un Anno paolino mentre è convocato un sinodo sulla Parola di Dio è ragionevole leggere un'intenzione ecumenica nei confronti dei protestanti. Nella Chiesa cattolica non vorrebbe che dei fedeli vivano separati con il pretesto di un modo antico di celebrare. Ma anche qui la verità non deve essere sacrificata a favore di un'unità solo di superficie:  il concilio Vaticano II deve essere correttamente interpretato, ma non può essere annullato.
Come altri, i francesi hanno senza dubbio scoperto un po' meglio Papa Benedetto XVI grazie al viaggio negli Stati Uniti. Abbiamo potuto vedere con quale coraggio ha affrontato gli scandali, con che delicatezza ascoltato le vittime, con quale disinvoltura si è mosso in questa società così distante dalla sua cultura, con quale autorità amichevole ha incoraggiato i suoi fratelli vescovi, con che sobrietà liturgica ha celebrato negli stadi, con quale ampiezza di visione si è rivolto ai delegati delle Nazioni Unite, con che emozione ha partecipato al dolore, ancora vivo, della città di New York colpita dagli attentati dell'11 settembre. Durante i giorni del suo viaggio abbiamo constatato un cambiamento di tono nei commenti dei media. Benedetto XVI li ha sorpresi. Aspettiamoci anche noi di essere sorpresi. Potremmo, a nostra volta, sorprenderlo venendo in molti per mostrargli che lo amiamo e che siamo un solo corpo con lui, nella Chiesa.

 

(© L'Osservatore Romano 11-12 agosto 2008)