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Una scelta che unisce


di Giuseppe Fiorentino

Alla fine il cambiamento si è realizzato. Lo slogan che ha accompagnato l'intera campagna elettorale di Barack Obama ha trovato la sua espressione nel risultato elettorale concretizzatosi nella notte appena trascorsa. L'America - come ha sottolineato il presidente eletto nel suo discorso di vittoria pronunciato a Chicago - è davvero il Paese dove tutto può accadere. L'America è davvero il Paese della nuova frontiera, anzi di una frontiera sempre nuova e dinamica, capace di superare fratture e divisioni che solo fino a poco tempo fa potevano apparire insanabili.
Gli Stati Uniti - e non è la prima volta che accade - sono stati a loro modo capaci di indicare una nuova strada al resto del mondo. Verranno usati decine di roboanti aggettivi per la vittoria di Obama. La sua elezione verrà paragonata, forse anche a ragione, a eventi come la caduta del Muro di Berlino. Ma oltre ogni retorica, il dato significativo riguarda la scelta della più grande potenza mondiale che ha deciso di essere guidata dal politico che ha saputo dimostrarsi più convincente. Di un candidato che ha saputo guadagnarsi la stima di un elettorato bisognoso di nuova fiducia, soprattutto in una veloce ripresa economica. E in questo frangente poco importava che si trattasse di un politico di colore.
Una scelta molto pragmatica, quindi, la cui portata non può essere comunicata da retoriche affermazioni di parte. Alcuni hanno già letto nel risultato elettorale di ieri la fine della "rivoluzione neocon" avviata da Ronald Reagan e maturata negli otto anni di amministrazione Bush. Certo, il desiderio di cambiamento era palpabile. Ma non necessariamente l'elezione di Obama deve essere analizzata come contraria a qualcosa o a qualcuno. Anche perché - come ha evidenziato il presidente eletto - non è questo il momento delle rivendicazioni. È invece il tempo dell'unità e della coesione:  "Siamo gli Stati Uniti d'America", ha detto Obama, richiamando tutti a uno sforzo comune per superare le difficoltà del presente. Non saranno tutte rose e fiori. Obama ne è di certo ben consapevole. Grandi sfide - politiche, sociali, economiche, morali - lo attendono. A cominciare dalla necessità di conquistare consenso in quegli Stati dell'Unione dove più forte è la presenza dei conservatori. Ciò sarà anche possibile grazie all'impeccabile accoglienza dell'esito del voto da parte di McCain, che, con esemplare senso dello Stato, ha definito l'eletto "il mio presidente". Con il sostegno popolare Obama potrà affrontare le grandi questioni interne e internazionali.

 

(© L'Osservatore Romano 6 novembre 2008)