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In un libro recente

Chiesa e sessualità
nella storia


di Alain Besançon

Due temi ricorrono nei media e anche nell'opinione pubblica. Il primo è che le ingiunzioni della Chiesa cattolica sono fondamentalmente un ostacolo ai piaceri dell'amore e allo sviluppo di una sessualità sana. Il secondo è che le società pagane, quelle dell'antichità e in particolare quella dei popoli "selvaggi", godono al contrario delle delizie della spontaneità nell'amore e della libertà sessuale. Questo secondo tema alimenta la letteratura moderna da Diderot a Margaret Mead.
Un esame più approfondito ha demolito la seconda affermazione. Ci si è resi conto che in Africa, in Oceania, e anche nell'antichità, affinché l'uomo e la donna possano unirsi sessualmente, occorre che superino barriere straordinariamente alte, che tengano conto di proibizioni complesse, che subiscano a volte ferite gravi, e che insomma la loro libertà di scelta è contenuta all'interno di limiti molto ristretti.
Quanto alla prima affermazione, essa è contraddetta dalla letteratura e dall'arte dell'occidente europeo, che ruotano principalmente attorno all'amore e al piacere, come anche dallo spettacolo che offre il panorama della vita urbana. Non è vero che a Roma, Venezia, Firenze, Parigi, Siviglia, Vienna, i ragazzi e le ragazze fanno più fatica a incontrarsi e a piacersi che a Pechino, Tokyo, New Delhi e Baghdad. Quanto al famoso puritanesimo, non ha realmente ostacolato, se si guarda nel dettaglio, la vita amorosa di Amsterdam, Boston, Edimburgo, anche se essa ha dovuto nascondersi.
In materia sessuale la Chiesa cattolica ha ereditato da ciò che l'ha preceduta, cioè la morale comune "noachica" che per motivi storici è stata principalmente greco-romana, e anche dai precetti dell'antica alleanza. Ha fatto una cernita e ha aggiunto ciò che le è proprio. I principi sono poco numerosi e la Chiesa li ha trasmessi attraverso i secoli con notevole costanza. Sono, fra gli altri, l'accettazione della carne, la bontà e la stabilità del matrimonio, lo stretto legame fra l'unione sessuale e l'intenzione di procreare, il posto riservato al desiderio e al piacere. Un principio nuovo è la libertà della scelta coniugale e il consenso degli sposi, oggetto di una lunga lotta che la Chiesa ha sostenuto fino ai nostri giorni.
Questi principi costanti sono stati modellati dai teologi, dai canonisti, dalle congregazioni specializzate e dai Pontefici. Attraverso i secoli sono stati declinati in molti modi, in armonia con i costumi locali e lo spirito del tempo. Un bellissimo libro di Margherita Pelaja e di Lucetta Scaraffia (Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia, Roma-Bari, Laterza, 2008) ripercorre con esemplare precisione la storia di queste variazioni su un canone invariabile.
Il lavoro è considerevole per la profondità dell'erudizione. Tutti i testi fondamentali e molti testi dimenticati sono commentati ed esaminati con saggezza e acume. Da parte di due autrici che non nascondono la loro appartenenza - una al mondo laico, l'altra al cattolicesimo - l'esposizione è di un'onestà storica ineccepibile. Non posso riassumerla, ma raccomando in modo particolare a tale proposito la dissertazione sul celibato volontario (soprattutto ecclesiastico), che sembra giustamente in contraddizione con i principi generali della morale comune, e il grande capitolo sul "disciplinamento impossibile", che affronta temi delicati come la masturbazione, l'omosessualità, la prostituzione. Le autrici vanno a fondo nei problemi, senza timore, con tutta l'auspicabile nettezza.
Nell'ultimo capitolo, che parla del nostro secolo e di una Chiesa che ha perso il "monopolio delle norme", in un tempo in cui l'istituzione del matrimonio, molto anteriore ad Abramo, si volatilizza, le due storiche spiegano come i documenti dell'autorità romana mirino a ristabilire un equilibrio giusto fra un eccesso rigorista ereditato da correnti gianseniste del passato, da una parte, e il lassismo sfrenato dei costumi proposti dai media moderni. Proprio perché permette tutto, questo lassismo rende l'amore particolarmente difficile.
Questo grande libro fa riflettere. Dimostra che, se i principi sono stabiliti e giusti, può risultare rischioso dedurne astrattamente e giuridicamente la norma in tutti i suoi dettagli. I canonisti, con lo sguardo fisso sui testi, possono mancare dell'esperienza concreta delle coppie nella varietà infinita delle situazioni. Bisogna sapersi fermare - anànke stènai, come dice Aristotele - nell'esplorazione e nella legislazione di ciò che in fin dei conti è un mistero. Un celebre antropologo degli indiani dell'America del Nord era solito dirmi:  "È impossibile parlare in modo oggettivo del sesso". Perché? Perché la nostra soggettività rende impossibile la perfetta oggettività, a causa proprio della forza immensa - che la Chiesa benedice - della sessualità.

 

(© L'Osservatore Romano 24 dicembre 2008)