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Benedetto XVI ai parroci di Roma

La fede personalizzata

 

L'incontro  con  i  parroci  di Roma conferma che Benedetto XVI è un Papa disarmato, umanissimo, per nulla arroccato come sbrigativamente si persiste talora a presentarlo. All'appuntamento quaresimale con i suoi preti, il Papa parla a braccio, ossia improvvisa le risposte, si sottopone a una specie di esame utile per capire davvero dove batte il suo cuore, dove va la sua mente, senza schermi e filtri protettivi. Non ci sono mediazioni che possano far pensare a un pensiero addomesticato. Papa Benedetto si mostra in tutta sincerità anche negli incontri con i giovani o quando gli si chiede di rispondere a domande.
È stato così anche questa volta. Dal taccuino del cronista si ricava una scaletta dell'incontro che dipana uno scambio progressivo di riflessioni sulla fede nel nostro tempo all'interno di contesti di vita concreti.
"Non direi che qui parla un oracolo, al quale voi chiedete" mette subito in chiaro il Pontefice. Il vescovo di Roma non teme di rilevare "il limite" delle sue risposte, ma allo stesso tempo riesce a dimostrare la "semplicità della verità" cristiana rivestita con parole che la gente capisce. "Non viviamo sulla luna. Sono un uomo di questo tempo se io vivo sinceramente la mia fede nella cultura di oggi". Non predica, spiega, attento agli uomini di oggi. "Non posso dare ricette" per situazioni diverse, ma poi sul taccuino leggo che l'annuncio cristiano ha bisogno di parola e testimonianza. I cristiani vengono definiti dal Papa persone di "vita giusta", fermenti di giustizia. La fede si apprende poco per volta, facendo esperienza. Batte molto sulla conoscenza e l'esperienza personale di Dio rivelato in Gesù. Il sapere teologico non basta.
E poi il parlare di Dio viene inserito da Ratzinger all'interno della vita concreta, storica della gente. Oggi - egli osserva - è tempo di crisi economica, grave, causata da errori, avarizia ed egoismi. Occorre fare una denuncia ragionevole e ragionata della crisi. Senza superficialità. Serve competenza nell'analisi, ma anche conversione dei cuori:  senza giusti la giustizia non si realizza. Occorre educare le persone alla giustizia. I preti devono insegnare la grande arte di come essere uomini e lo possono fare solo se sanno vivere il mistero racchiuso nella preghiera e nei sacramenti. Anche le pratiche devozionali, argomento su cui non di rado accadono dispute e perfino rotture tra i fedeli, trovano una puntualizzazione equilibrata:  "Non sono cose necessarie, ma cresciute nella ricchezza della meditazione del mistero" cioè delle possibilità per avvicinarsi a Cristo, unica luce.
È  una  forza  tranquilla  Benedetto XVI, abituato a cogliere l'essenziale e a puntare sull'essenziale su cui convergere, lasciando ampi spazi di libertà. Nel medesimo tempo egli può sembrare paradossale:  nelle sue parole troviamo toni e indicazioni che si percepiscono nel vero spessore solo se si esce dagli schemi. Joseph Ratzinger è sempre stato un teologo libero, difficilmente catalogabile negli schemi semplificati di progressismo e conservazione. Interessato e fedele a scrutare le convergenze tra fede e ragione considerate in profondità.
Si pensa di frequente che sia un Papa poco mediatico. Secondo certi parametri può essere. Eppure, mentre rifugge da toni polemici, sempre egli riesce a porre ai media grandi questioni da cui non si può prescindere. Costringe a guardarsi dentro, a investigare senza contentarsi delle apparenze.
Non ci sono categorie politiche nel suo pensare la Chiesa. Lo ha ripetuto da ultimo anche questa volta ai parroci parlando di Maria, la madre di Gesù, presentata come "donna dell'ascolto". La Chiesa pensata e proposta costantemente quale comunità di donne e uomini in ascolto attivo della Parola di Dio, Parola che trasforma il mondo.

c. d. c.

 

(© L'Osservatore Romano 28 febbraio 2009)