Index   Back Top Print


logo

 

La Chiesa e la rivoluzione femminile

Uguaglianza
nella differenza


di Lucetta Scaraffia

Arriva l'8 marzo, festa della donna, buona occasione per riflettere sulla strada percorsa sinora verso l'emancipazione delle donne; in particolare, sul ruolo della Chiesa in questo cammino, ruolo spesso sottovalutato se non addirittura travisato. A uno sguardo superficiale il fatto che la Chiesa cattolica - insieme a quelle ortodosse - continui a negare alle donne l'accesso al sacerdozio sembra infatti costituire una ragione per considerarla un ostacolo al movimento di emancipazione. Al contrario, la Chiesa, custode fedele della tradizione cristiana, ha giocato una parte fondamentale nello spianare la strada all'uguaglianza delle donne. Anche riflettendo sul testo costitutivo del concetto di donna e di uomo nella tradizione occidentale, cioè il libro della Genesi.
Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem ha infatti accettato l'interpretazione delle origini segnalata come più egualitaria dalle teologhe femministe:  quella cioè che insiste sulla creazione simultanea dei due sessi - "maschio e femmina li creò" - invece dell'altra che sottolineava come Eva fosse stata creata in un secondo momento, dono e aiuto per Adamo. In questa seconda interpretazione, in genere prevalente nella storia, si poteva ritenere solo l'uomo creato a immagine di Dio, mentre la donna finiva per essere considerata creata a immagine dell'uomo, quindi a lui inferiore. E in un contesto sociale in cui all'anzianità corrispondeva l'autorità - come dimostra l'iconografia ricorrente di Dio Padre come vegliardo - l'essere stato creato per primo assicurava all'uomo potere sulla donna e, quindi, ristabiliva nella vita sociale quella disuguaglianza messa in pericolo dall'uguaglianza delle anime (considerate non sessuate) che per la prima volta il cristianesimo conferiva alla vita spirituale femminile e maschile.
Ma già l'Incarnazione aveva cambiato in modo definitivo il posto dell'uomo e della donna, come scrive Sylvane Agacinski (Metaphysique des sexes. Masculin/feminin aux sources du christianisme, Paris, Seuil, 2005):  "All'origine, è l'uomo, creato per primo, che era situato fra Dio e la donna; con la venuta del Figlio, è una donna che occupa il posto mediano fra Dio e Gesù, l'uomo divino, come condizione della sua Incarnazione". Non solo, dunque, Maria significa una sorta di straordinaria promozione della donna, ma rappresenta l'umanità intera nella sua condizione carnale. Ne deriva pertanto una sorta di femminilizzazione della condizione umana, espressa nel motivo del matrimonio della Chiesa con Cristo, unione spirituale dell'umanità con il Salvatore.
Si tratta di cambiamenti certo non secondari per definire il posto della donna nelle società di matrice cristiana:  infatti è la narrazione religiosa, insieme con il mito, a dire il senso della condizione umana e dei suoi conflitti primordiali (come la differenza fra maschile e femminile), a fornire l'interpretazione del mondo o della presenza umana e a rispondere agli enigmi posti dalla nascita, dalla mortalità e dalla fecondità. Per tutti questi motivi i cambiamenti nella concezione della differenza fra maschile e femminile sono ricchi di significato. Se è vero che su queste narrazioni si fonda la spiegazione di base della gerarchia fra i sessi, il cambiamento operato da Giovanni Paolo II è rilevante, anzi, si può dire che costituisca la premessa per tutti gli altri cambiamenti. A questo bisogna guardare, invece di fermarsi alle solite rivendicazioni di potere e affermazione sociale, per tentare un bilancio della rivoluzione in atto.
Tra le questioni di fondo che definiscono il ruolo femminile, insieme a quella religiosa, un posto importante è occupato dalla modalità scientifica con cui una società si spiega il processo naturale della procreazione. Oggi, a un inedito intervento artificiale nell'ambito della procreazione corrisponde un abbandono della concezione dell'umanità come sessuata, divisa fra donne e uomini:  se il concepimento può essere opera di uno scienziato in un laboratorio, la differenza tra maschile e femminile sembra perdere rilievo, e si afferma di conseguenza il principio del gender che, nel tentativo di assicurare la tanto sospirata uguaglianza  fra  i  sessi,  ne  nega  la  differenza.
La Chiesa cattolica, che ha reinterpretato il racconto della creazione per cancellare la differenza gerarchica fra i sessi, si oppone con fondatezza e con ragione alla teoria artificiosa del gender - come ha fatto nel 2004 la Congregazione per la Dottrina della Fede nella lettera sulla collaborazione fra donne e uomini - e difende la possibilità di una uguaglianza nella differenza, considerando questa differenza come dono di Dio all'umanità. Oggi, nella ricorrenza dell'8 marzo, è bene chiarire l'importanza primaria dell'apporto della Chiesa anche in questa rivoluzione che sta cambiando il mondo.

 

(© L'Osservatore Romano 8 marzo 2009)