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Le conclusioni del vertice di Londra

Se questo è l'ordine
del g20


di Giuseppe Fiorentino

Dalla crisi economica emergono le fondamenta di una nuova cooperazione internazionale, di un nuovo ordine mondiale, ha detto Gordon Brown al termine del g20 di Londra. Le parole del premier britannico echeggiano i toni usati da tutti i leader presenti nella capitale britannica, che, senza distinzione, hanno parlato di occasione storica e di momento di svolta.
In effetti i provvedimenti adottati dal vertice di Londra sono senza precedenti, come senza precedenti è la crisi a cui intendono rispondere. Fondi per oltre 1.000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali:  questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi varati per rilanciare l'economia. Gli oltre mille miliardi stanziati sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del g20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Un risposta alla crisi non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai mercati finanziari e da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. "L'epoca del segreto bancario è finita", è stato scritto nel documento finale. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare, in tempi stretti, a misure che definiscano la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A partire dalla trasformazione del Financial Stability Forum in un consiglio che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del g20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica - o meglio lo scandalo - dei bonus sproporzionati, fino ad arrivare a una regolamentazione e a una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie. Alla fine si è quindi giunti a un compromesso - definito storico da Angela Merkel, ma in realtà a lungo annunciato - tra le posizioni americane, favorevoli ai pacchetti di aiuti, e quelle europee favorevoli all'introduzione di regole più stringenti di quelle fino a ora vigenti.
L'auspicio è che tutta questa serie di provvedimenti abbiano effettivamente presa sulla crisi, attutendone le conseguenze e salvando i posti di lavoro e le case di milioni di persone. Resta però da capire cosa sarà dei Paesi più poveri, di quelle Nazioni - soprattutto dell'Africa sub-sahariana - di cui il Papa ha parlato nella lettera inviata a Gordon Brown alla vigilia del vertice, lamentandone l'assenza. Merita una riflessione particolare - come ricordava Benedetto XVI - il fatto che le popolazioni maggiormente colpite dagli effetti della crisi siano quelle escluse da forum internazionali come il g20. È pur vero che a Londra è stato deciso di dare al Fmi la possibilità di vendere il proprio oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Ma forse è giunto il momento di progettare un futuro in cui queste popolazioni, queste Nazioni, non siano più solo fruitori di aiuti, ma abbiano un ruolo strutturale nell'economia globale. E in fondo - come alcuni attenti analisti hanno rilevato - far entrare questi Paesi nel ciclo economico mondiale potrebbe non solo aiutare a superare la crisi, ma anche a fare in modo che essa non si ripeta. Solo allora si potrà davvero parlare di nuovo ordine mondiale.

 

(© L'Osservatore Romano 4 aprile 2009)