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La Pasqua nella tradizione bizantina

Alzatevi porte eterne
ed entrerà il re della gloria


di Manuel Nin

Al centro dell'ufficiatura del Venerdì santo c'è la contemplazione della passione gloriosa di nostro Signore Gesù Cristo insieme alla confessione sulla croce del ladro riconoscente. In lui la liturgia vede la Chiesa e l'umanità redenta da Cristo:  "O Signore, tu hai preso come compagno di via il ladro con le mani macchiate di sangue, mettici in numero con lui o Buono e Amico degli uomini! Emise un debole grido il ladro sulla croce, ma raggiunse una grande fede, in un attimo fu salvo, per primo entrò nel paradiso e ne aprì le porte".
I salmi iniziali del mattutino sottolineano da una parte il potere della notte e del nemico e dall'altra la vittoria del salmista e del cristiano su questo male - del mondo e del proprio cuore - grazie alla passione di Cristo. Uno dei tropari colloca la presenza della Madre di Dio di fronte alla passione di Cristo:  "Vedendo il proprio agnello condotto al macello, Maria, l'agnella, lo seguiva con le altre donne, consumata dal dolore e diceva così:  Dove vai, figlio? Per chi compi questa corsa veloce? Forse ci sono altre nozze a Cana e là ora ti affretti per fare di nuovo il vino dall'acqua? Vengo con te, figlio? O meglio, rimango con te? Dimmi una parola, tu che sei la Parola, non passare accanto a me in silenzio".
Davanti alla croce che si trova esposta in mezzo alla chiesa si canta di nuovo il tropario:  "Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra alle acque!". Segue un insieme di brani evangelici, e quando si narra l'arrivo di Giuseppe di Arimatea che prende il corpo di Gesù, il sacerdote lo depone dalla croce avvolgendolo in un lenzuolo e lo colloca sotto l'altare per significare la sepoltura. L'icona del Cristo morto e deposto dalla croce, con le sante donne attorno - portata in processione e poi collocata nella tomba cosparsa di fiori e profumi - viene venerata dai fedeli.
L'ufficiatura del mattutino del Sabato santo, celebrata la sera del venerdì, è una delle celebrazioni più popolari e più belle e profonde dell'anno liturgico bizantino. I tropari inquadrano la teologia di questo giorno:  "Quando discendesti nella morte, o vita immortale, allora l'Ade fu ucciso dal fulgore della tua divinità. E, mentre facevi risorgere i morti dagli abissi sotterranei, tutte le potenze dei cieli cantavano:  O Cristo, che doni la vita, o Dio nostro, gloria a te!". In questa liturgia il popolo è il vero celebrante attorno alla tomba, che assume il dolore, il pianto, la gioia, mentre il sepolcro diventa il centro della Chiesa e dell'universo.
Nella notte di Pasqua la celebrazione inizia nella chiesa al buio con il canto dell'ufficiatura di mezzanotte e quindi con il rito del lucernario, con la luce presa dalla lampada sull'altare, cioè dalla tomba di Cristo. Si cantano poi il vangelo della risurrezione fuori della chiesa che rimane chiusa e il tropario pasquale:  "Cristo è risorto dai morti. Con la morte ha vinto la morte e a coloro che erano nei sepolcri ha fatto dono della vita". Questo canto segnerà il ritmo di tutta la notte e di tutto il tempo di Pasqua.
Davanti alle porte chiuse della chiesa ha luogo uno dei riti più carichi di simboli:  il sacerdote con la croce bussa alla porta della chiesa chiusa che raffigura l'Ade dove Cristo scende il Sabato santo, oppure il paradiso dove siamo introdotti da Cristo stesso, cantando le parole del salmista:  "Alzate principi, le vostre porte; alzatevi, porte eterne, ed entrerà il re della gloria"; a queste dall'interno della chiesa si risponde con un altro versetto dello stesso salmo:  "Chi è questo Re della gloria?". Alla terza volta, le porte della chiesa si spalancano e la comunità entra in una chiesa non più buia, ma piena di fiori, profumi e luce; una chiesa dove l'iconostasi, il passaggio dal cielo alla terra, è aperto.
Il canone della notte di Pasqua è opera di san Giovanni Damasceno, con tropari presi da san Gregorio di Nazianzo, un testo che ci invita a contemplare e gioire, nel mistero della Pasqua del Signore:  "Purifichiamo i sensi e vedremo nella luce inaccessibile della risurrezione il Cristo. Venite, beviamo una bevanda nuova, sgorgata prodigiosamente non dalla pietra sterile, ma dal sepolcro di Cristo. Sei disceso nella profondità della terra, hai spezzato le sbarre eterne che trattenevano i prigionieri".
La risurrezione del Signore è la nuova creazione, perché lui oggi crea di nuovo Adamo, lo prende per mano e lo porta in paradiso. Il giorno della risurrezione è il giorno della luce e dell'illuminazione degli uomini che deve portare alla riconciliazione:  "Rivestiamoci di luce per la festa ed abbracciamoci gli uni gli altri e chiamiamo fratelli anche coloro che ci odiano. Perdoniamo tutto a causa della risurrezione".

 

(© L'Osservatore Romano 12 aprile 2009)