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L'isolamento internazionale
come scelta di un regime

 

di Giuseppe Maria Petrone

Il regime stalinista della Corea del Nord rischia un totale isolamento dopo l'ennesima sfida lanciata alla comunità internazionale con un secondo esperimento nucleare e una serie di lanci missilistici. Oltre alla condanna del Consiglio di sicurezza dell'Onu, questa volta anche Russia e Cina sembrano infatti orientate a votare una inevitabile risoluzione che accentui le sanzioni nei confronti di Pyongyang. D'altra parte la prima dichiarazione del ministero degli Esteri di Pechino che "si è opposto con fermezza" al test nucleare nordcoreano è apparsa come una reazione insolitamente decisa a un'iniziativa di Pyongyang. La Cina ha mantenuto la sua politica di amicizia con la Corea del Nord sulla base di considerazioni strategiche - la rivalità ancora esistente con gli Stati Uniti nel Pacifico - e per timore di un collasso del regime che spingerebbe milioni di profughi sul suo territorio. Dietro la sfida che la Corea del Nord ha rivolto all'Onu (violando la risoluzione 1718) e ai cinque Paesi (Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Russia e Cina) con i quali aveva raggiunto nel negoziato a sei un'intesa per il disarmo, c'è probabilmente una crisi interna dovuta alla leadership di Kim Jong-il che non è stato mai capace di dissipare l'impressione di essere una copia sbiadita del genitore, Kim Il-sung - il "caro leader" che, dopo la guerra di Corea, riuscì per quarant'anni a barcamenarsi fra gli antagonismi di quattro potenze (Stati Uniti, Giappone, Unione sovietica e Cina) lungo la più irriducibile frontiera della guerra fredda - alla cui morte, nel 1994, ereditò lo scettro dell'ultimo baluardo dello stalinismo nel mondo. I dirigenti nordcoreani giustificano gli esperimenti presentandoli come una risposta alla politica ostile statunitense, rimasta a loro avviso invariata con la nuova Amministrazione. Barack Obama ha condannato il test nucleare di Pyongyang, bollandolo come una minaccia alla sicurezza e alla pace internazionale. Ma ancor prima che alla pace questo esperimento atomico costituisce una minaccia alla sopravvivenza stessa del popolo nordcoreano che paga le conseguenze dell'isolamento come scelta di regime.

 

(L'Osservatore Romano 27 maggio 2009)