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I nuovi network e le crisi internazionali

Il cinguettio
che cambia l'informazione


di Luca M. Possati

Chi ha ucciso il giornale? Tre indizi fanno una prova e tre prove un colpevole. Ma non è detto. Nell'odierna battaglia tra nuovi e vecchi media, tra le storiche testate della carta stampata che cercano faticosamente di ritagliarsi uno spazio sulla rete con blog, video, forum e quant'altro - ma alla fine pur sempre considerando quella vita virtuale solo un doppione dell'originale in cellulosa - e i nuovi social network o microblogging alla portata di tutti e capaci di aggirare le forme più odiose della censura, non ci sono colpevoli e innocenti, vittime e carnefici. Tutti sono coinvolti in una ridefinizione globale del paradigma dell'informazione che è parte di una riconfigurazione degli spazi e dei tempi della comunicazione e perciò, inevitabilmente, della coscienza comune. Quali saranno le conseguenze?
Nelle recenti proteste postelettorali in Iran ha giocato un ruolo fondamentale il social network Twitter, letteralmente "il cinguettio". Si è trattato del primo vero esempio di "citizen journalism":  dalle strade di Teheran migliaia di ragazzi muniti di cellulari e computer hanno trasmesso brevi messaggi - centoquaranta il numero dei caratteri consentito per ciascun testo - e immagini delle manifestazioni e dei disordini. Sensazioni, idee, opinioni, denunce, tutto condensato in poche righe strette nelle caselle sparse sull'indirizzo #iranelection, apparentemente senza senso né autore. Notizie che spesso gli organi di stampa stranieri sono stati costretti a inseguire e riprendere a causa delle restrizioni imposte. Un'onda anomala che col tempo è diventata voce dei manifestanti:  così l'immagine della morte di Neda Soltani - uccisa da un colpo di arma da fuoco mentre dimostrava con il padre - è assurta a simbolo della protesta e ha fatto il giro del mondo.
A maggio Twitter - nato nel 2006 su iniziativa della Obvious Corporation a San Francisco - è risultato il sito internet più cresciuto. In soli dodici mesi gli utenti sono aumentati del 1.500 per cento. Ma il successo del mezzo dice ancora poco. Ben più importante e originale è la sua struttura. Questa, infatti, rappresenta una sfida non solo ai classici canali dell'informazione, ma anche al modo in cui finora è stato intesa la fruizione della rete. Il progetto alla base di Twitter dimostra che si tratta di più di un semplice sito internet. Twitter va al di là del mezzo e del messaggio:  l'aspetto centrale è l'iperconnessione. Non archivia i contenuti immessi, li pubblica subito, in tempo reale, su una piattaforma comune accessibile agli utenti registrati. Un grande flusso di coscienza schiacciato sul presente e centrato su un'unica domanda:  "Che cosa stai facendo adesso?". Si risponde con un sms, con una mail, per dire e ascoltare qualsiasi cosa. Durante il discorso di insediamento di Obama nel gennaio 2009, una ventina di senatori e oltre sessanta deputati hanno usato la piattaforma per fare i loro - non sempre elogiativi - commenti. Nel novembre 2008 circa ottanta tweet ogni cinque secondi sono partiti da testimoni degli attentati di Mumbai.
Tutta questa velocità e facilità di comunicazione ha il suo prezzo. "Su Twitter niente è sottoposto a verifica", spiega Noam Cohen sulle pagine del "The New York Times". È ancora questione di fiducia, "gli utenti imparano per esperienza a quali account credere". Spesso le informazioni sono poco accurate o palesemente false. Dietro molti account - riferisce ancora Cohen - si celano agenti che cercano di depistare. E palesi errori d'informazione sono già stati commessi:  per esempio le notizie che il numero dei partecipanti alle proteste iraniane fosse tre milioni (mentre erano alcune centinaia di migliaia) o che Mussavi fosse stato messo agli arresti domiciliari. Più immediato del social network Facebook - che pure ha cercato di comprarlo - Twitter può essere bloccato solo dall'interno e quindi per oscurare una voce occorre oscurare l'intero sistema. La struttura più agile e veloce lo rende difficilmente intrappolabile nelle maglie della censura. "Twitter è una sorta di comunità, con leader e clan", scrive Cohen. "Naturalmente è un certo tipo di comunità, composta da persone amanti della tecnologia, in genere benestanti e filoccidentali; da questo punto di vista è uno strumento molto povero per poter giudicare il sentimento popolare in Iran e tentare di valutare chi ha vinto le elezioni presidenziali". La stessa Cnn diffonde i video ripresi da Twitter definendoli "contenuti entrati in possesso della Cnn" e agli utenti raccomanda la massima discrezione.
Ma Twitter è solo l'ultimo di una lunga serie di fenomeni simili. Non è un caso che la Casa Bianca abbia deciso di promuovere la trasmissione del discorso cairota del presidente Obama al mondo islamico su piattaforme quali Facebook, Myspace, Youtube. Durante le proteste a Teheran Google ha reso disponili alcuni servizi in persiano e Facebook ha modificato il proprio portale per facilitare l'accesso agli utenti iraniani grazie all'aiuto di quattrocento volontari. Si tratta di un'inflazione mediatica senza paragoni nella storia, che impone ai giornalisti di ripensare il loro mestiere. La tecnologia  è  davvero  la  chiave  di tutto?

 

(© L'Osservatore Romano 26 giugno 2009)