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Un terremoto
anche economico

di LUCA M. POSSATI

Hanno ragione gli economisti secondo cui i terremoti in Asia, e soprattutto in Giappone, non sono soltanto fenomeni geologici, ma anche politici. Fenomeni che, nella loro tragicità, acquistano un potente significato simbolico. Il sisma dell'11 marzo ha colpito duramente un'economia in profonda crisi, reduce da un decennio di stagnazione e che solo pochi mesi fa ha perso il titolo di secondo colosso mondiale cedendolo ai rivali di sempre: i cinesi. Ma il terremoto rischia d'innescare una brusca frenata anche per l'intera regione asiatica, aprendo una nuova fase della crisi globale. Difficile dire quali saranno le vere conseguenze.
Per il momento, su tutti i mercati internazionali prevale la paura. La Borsa di Tokyo ha toccato oggi il ribasso record del 14 per cento, chiudendo a meno 10,55 per cento. L'indice allargato Topix ha segnato una caduta del 9,47 per cento: è il calo maggiore dall'ottobre 2008 e uno dei peggiori di sempre. Difficoltà anche a Wall Street, con il Dow Jones che ha ceduto ieri lo 0,43 per cento e il Nasdaq ben oltre lo 0,53. Per rassicurare gli investitori, la Banca centrale giapponese ha immesso nel sistema ulteriore liquidità. Ma l'allarme alla centrale di Fukushima rischia di vanificare ogni misura: dal nucleare dipende un terzo della fornitura elettrica del Paese.
Alla fine degli anni Ottanta Tokyo era il centro motore dell'economia asiatica e correva alla pari con New York. Effetto di una reazione prodigiosa alla sconfitta bellica e alla difficile prova della ricostruzione. I numeri parlano da soli: nel 1950 il pil pro capite era solo il venti per cento di quello americano; quarant'anni dopo, nel 1995, una crescita straordinaria (pari all'otto per cento del pil annuo) portava il dato al 77 per cento. Alla fine degli anni Novanta, tuttavia, l'ingranaggio s'inceppava, fino a registrare tassi di sviluppo fermi allo 0,8 e un debito pubblico alle stelle. Nel trimestre da ottobre a dicembre 2010 il pil giapponese ha subito una flessione dello 0,3 per cento sui precedenti tre mesi e dell'1,1 per cento annuale. A febbraio la produzione industriale ha segnato un rialzo mensile del 2,4 per cento a gennaio, molto al di sotto delle attese degli analisti.
Secondo gli esperti, dopo il sisma dell'11 marzo Tokyo dovrà affrontare perdite per 170 miliardi di dollari: un conto finale superiore a quello del terribile terremoto di Kobe nel 1995. Eppure, non sono pochi gli analisti secondo i quali la catastrofe potrebbe addirittura avere ricadute positive per il Sol Levante. La ricostruzione potrebbe infatti attivare un volano scatenando un "ciclo di ripresa". La storia insegna qualcosa: il disastro di Kobe costò il 2,5 del pil giapponese e nei seguenti sei mesi la borsa crollò del venticinque per cento. Tuttavia, l'attività economica si mostrò molto più resistente e lo spirito nipponico seppe reagire.