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Un popolo grato

di Marcello Semeraro
Vescovo di Albano

Benedetto XVI ha rivolto il suo ultimo saluto alla Chiesa di Albano, prima che si chiudesse la finestra della loggia centrale e che dopo, alle ore venti, venisse sbarrato, spinto dagli Svizzeri, l'imponente portone centrale del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Un saluto finale, dunque, come un'ultima benedizione e un'ultima personale confidenza alla gente della mia diocesi, ma estesa a tutto il popolo di Dio che sentiva vicino in un'ora significativa e unica della sua vita: "Grazie per la vostra amicizia e il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti". Abbiamo tutti percepito, commossi, il senso di un profondo affidarsi nel cuore del Papa e il nostro cuore si è dilatato nell'affetto e nella riconoscenza. "Grazie, Santità, per queste altre settimane che ci sta donando", gli ho detto nell'accoglierlo all'eliporto delle Ville Pontificie. "Questo è molto bello" mi ha risposto il Papa e ha soggiunto: "Sento il suono delle vostre campane". "Quelle che sente, sono le campane della Cattedrale - gli ho risposto a mia volta - ma in tutta la Chiesa di Albano le campane suonano per dirle che le vogliamo bene, che le siamo grati per tutto, che preghiamo per lei, che non la dimentichiamo".
Ogni incontro col Papa è sempre "unico" e io stesso ho potuto constatarlo le tante volte che l'avevo accolto in diocesi per i suoi brevi riposi a Castello. Nell'ultimo incontro l'8 febbraio scorso per oltre un'ora, insieme con alcuni vescovi del Lazio, in occasione della visita ad limina, era stato attento e sollecito. Anche ora rimane nel mio animo il suo atteggiamento sereno, sorridente, quasi incoraggiante.
Mi ha commosso, in particolare, il consueto cenno degli occhi e il rapido saluto con la mano con cui anche ieri sera, come tante altre volte a Castel Gandolfo, mi ha salutato prima di rientrare dalla loggia. Nella folla, non dimentica i volti: una grande ricchezza di Benedetto XVI.
C'è stato, poi, l'abbraccio dei fedeli a Castel Gandolfo, convenuti a migliaia dall'intera Diocesi. L'avevano atteso in preghiera e ora, finalmente, potevano ancora una volta salutarlo e raccogliere nel proprio cuore le ultime parole di un padre, che intende "con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell'umanità".
A Castel Gandolfo, come al mattino ai cardinali, il Papa ha ancora lasciato "un pensiero sulla Chiesa" e sul suo mistero, "che costituisce per tutti noi la ragione e la passione della vita". Il pensiero l'ha attinto, questa volta, dal concilio Vaticano II. "Sono semplicemente un pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra".
L'immagine della Chiesa pellegrina sulla terra pervade l'intero capitolo settimo della Lumen gentium ed è entrata pure nella liturgia. M'è parso che con queste sue parole il Papa abbia inteso, per un'ultima volta, esprimerci tutta la sua vicinanza, quasi a dirci: "Io cammino insieme con voi. Non me ne sto come alla finestra a guardarvi, ma procedo con voi".
Mi sono rimaste in mente quelle parole dell'ultima udienza generale: "Non porto più la potestà dell'officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro". Ancora un pensiero sulla Chiesa, dunque. Che il Papa abbia voluto confidarlo alla Chiesa di Albano e che abbia concluso dicendo: "Mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme", ci fa sentire figli amati e ci riempie di gioia.