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Al Senato fiducia all'Esecutivo con 235 voti

Il Governo Letta va avanti
ma il Pdl si divide

di Marco Bellizi

Il Governo Letta va avanti con ampio consenso ma nella maggioranza che lo sostiene ora c'è un partito, il Popolo della libertà (Pdl), spaccato e alle prese con questioni ancora non risolte di equilibri interni. In attesa del voto, scontato, alla Camera dei deputati, il Senato, mentre andiamo in stampa, ha accordato la fiducia all'Esecutivo con 235 voti a favore, 70 contrari, quattordici assenti e un astenuto. È stato questo l'esito al termine di ore convulse, nelle quali si è concretizzata una spaccatura, fino a poco tempo fa impensabile, del Pdl. Sebbene formalmente il partito di Silvio Berlusconi e di Angelino Alfano abbia votato la fiducia al Governo, alcuni senatori hanno scelto di lasciare l'aula al momento del voto mentre un gruppo di dissidenti, oltre venti, aveva già annunciato la creazione, peraltro ancora da confermare, di un gruppo parlamentare autonomo.
A un tale scenario si è arrivati dopo una mattinata schizofrenica, caratterizzata da un'altalena continua di posizioni e dichiarazioni che hanno dato il senso di un confronto serrato e acceso all'interno del principale partito del centrodestra. Dopo il fallito tentativo di mediazione, condotto per tutta la notte, al momento di contare, mercoledì, quanti esponenti del Pdl fossero decisi a votare la fiducia a Letta, o che avrebbero presto potuto seguire i dissidenti, Berlusconi ha scelto di non rimanere isolato e di ricompattare il partito, votando, ha spiegato, a favore della pacificazione. Così, per la prima volta, il partito ha assunto una posizione in contrasto con quella indicata, fino a quel momento, dal suo fondatore e, sinora, leader indiscusso.
Del resto, il presidente del Consiglio Enrico Letta, nel suo discorso programmatico tenuto a Palazzo Madama, era stato attento a includere nel piano d'azione dell'Esecutivo alcuni temi cari al centrodestra e allo stesso Berlusconi, come la riduzione delle tasse e del cuneo fiscale, il taglio delle spese e il sostegno alla domanda per la ripresa dell'economia.
Soprattutto, Letta ha fatto riferimento anche alla necessaria riforma della giustizia, da portare a termine sulla base del lavoro del gruppo di saggi voluto dal presidente Napolitano e delle indicazioni che vengono dall'Europa circa la responsabilità civile dei magistrati. Una riforma da accompagnare con un intervento per risolvere il problema delle carceri, sollecitato dallo stesso Capo dello Stato, che qualche giorno fa aveva ipotizzato un gesto di clemenza, di amnistia o di indulto.
Letta, nel suo intervento, ha rivendicato i risultati ottenuti dall'Esecutivo fino a questo momento (fra questi i dodici miliardi di euro di pagamenti a favore delle imprese), ha posto l'accento sulle gravi difficoltà economiche che sta vivendo il Paese e in generale ha pronunciato un intervento di ampio respiro, nel quale ha trovato posto l'idea di un'Italia che sappia riprendere con dignità il suo posto nella comunità europea, in quella realtà che ha cominciato a concretizzarsi proprio a partire dai Trattati di Roma. Un'Italia che sappia essere solidale, affrontando insieme con i partner europei il tema dell'immigrazione, questione da trattare, ha detto Letta, a partire dall'appello lanciato da Papa Francesco a Lampedusa. Il presidente del Consiglio ha concluso il suo intervento chiedendo di porre fine perciò a una politica "di trincea" e "ridotta a cannoneggiamento" dell'avversario: "Vi chiedo - ha detto - coraggio e fiducia" per continuare a sperare, "una fiducia che non è contro qualcuno ma è per il Paese". Un'assicurazione che nelle prossime settimane, inevitabilmente, è destinata a essere al centro di un dibattito che nel Pdl è appena cominciato.