Genesi e natura del tessuto urbano di Roma cristiana

Caput mundi
anche nella carità


Pubblichiamo una sintesi di una delle relazioni tenute al XXXVIII Incontro di studiosi dell'antichità cristiana svoltosi all'Augustinianum e dedicato al tema della diaconìa.

di Margherita Cecchelli
Università di Roma La Sapienza

Dopo l'editto di Costantino, l'organizzazione assistenziale della Chiesa può finalmente operare alla luce del sole e usufruire anche del sostegno concreto da parte dello Stato, per portare avanti un'attività caritativa che - è bene precisare - non si rivolgeva ai soli cristiani, ma a quanti potessero averne bisogno.
La Chiesa si è adoperata, fin dalle sue origini, per l'assistenza ai bisognosi, costituendo a tal fine strutture sempre più complesse e specializzate:  dagli ospedali per i poveri, alle case di accoglienza per stranieri e pellegrini, all'assistenza per gli anziani abbandonati.
Quasi sempre però restano ignote le circostanze specifiche che hanno portato a una determinata fondazione assistenziale, o a un suo eventuale mutamento di funzioni nel corso del tempo:  troppi i riscontri archeologici andati perduti, troppe datazioni date finora per scontate dovranno essere sottoposte a una revisione critica alla luce di nuovi studi che approfondiscano soprattutto il contesto storico in cui queste strutture si trovarono via via a operare. È proprio dall'integrazione dei dati archeologici e topografici con quelli forniti dalle fonti storiche, in un dialogo di continui rimandi, che si può giungere a un inquadramento, sia pure approssimativo del problema.
Venendo poi a trattare in modo più specifico dell'organizzazione assistenziale, è a Roma che possiamo contare sul maggior numero di notizie storiche e riscontri archeologici, mentre in altre zone dell'impero, come Costantinopoli e l'Asia Minore in generale, le istituzioni assistenziali hanno lasciato scarse tracce monumentali, come pure abbiamo pochi riscontri delle strutture sicuramente presenti in Italia:  a Pesaro, a Napoli e anche a Ravenna.
Venendo poi a parlare della situazione romana, pur potendo contare su una maggiore abbondanza di notizie e di reperti, essa presenta aspetti unici e particolari, con problematiche complesse ancora da indagare. Roma è la città dei martiri, e numerosi pellegrini si muovono da tutto l'orbe cristiano per visitare le loro tombe:  ecco che lo sviluppo della città cristiana viene concepito diversamente da quello della città imperiale e il suburbio, dove si trovano appunto i sepolcri venerati, assume una valenza del tutto particolare. A Roma i Papi hanno maggiore libertà di organizzarsi autonomamente, sganciandosi dal potere imperiale, come da eventuali ingerenze dei governatori bizantini. La città è divisa in sette regioni ecclesiastiche, capeggiate ciascuna da un diacono regionario, con compiti di gestione e di controllo. Tenendo presente questa impostazione del territorio urbano si debbono reinquadrare gli studi sull'allestimento della città cristiana. Le informazioni sul sistema regionale adottato provengono in primis dai vari tituli-parrocchie che si trovano in ciascuna regione e che già praticano l'assistenza come parte importante della loro attività. È chiaro comunque che numerose necessità, come per esempio quelle inerenti alla malattia o all'ospitalità, possano travalicare i compiti ordinari di un titolo e che, in relazione a queste esigenze, un certo numero di aree parrocchiali, di alcune regioni richiedano di essere potenziate con specifici esercizi assistenziali. Notiamo ancora come in alcune regioni, maggiormente interessate da importanti snodi viari e dalla interferenza di una popolazione non stanziale, si decida di insediare un numero maggiore o minore di istituzioni di assistenza, scegliendo quelle più utili per le esigenze proprie di ciascuna regione e favorendo anche una interrelazione tra strutture caritative di diverso tipo.
La regio VII, corrispondente a Trastevere, si pone subito come un caso particolare rispetto a tutte le altre:  qui infatti non si reputò di istituire alcun servizio assistenziale di rilievo, ma solo tre importanti titoli:  di Giulio e Callisto (poi Santa Maria in Trastevere), di Crisogono e di Cecilia, dislocati intelligentemente ad abbracciarne tutto il territorio suddiviso in tre aree. A queste tre fondazioni fece capo probabilmente l'intero compito delle problematiche assistenziali. Il motivo di una simile particolarità si deve probabilmente al fatto che la regione fu precocemente annessa alla diocesi di Porto.
La vi regio, che corrisponde al Campo Marzio, fa parte del cuore della Roma imperiale, interessata da numerosi e grandiosi edifici pubblici:  una situazione topografica che richiederà molto tempo per subire significative modificazioni. Si spiega quindi con relativa facilità la presenza di un unico titolo, quello di San Lorenzo in Damaso, ubicato, secondo gli ultimi scavi, nel cortile del palazzo della Cancelleria. Tale situazione portò nel corso del tempo all'aumento delle filiali di supporto alla parrocchia principale, ognuna con particolari connotazioni, come quelle rivolte per esempio alle comunità spagnole, ma non lo sviluppo di vere e proprie istituzioni assistenziali.
L'altra parte del Campo Marzio, la quinta regione ecclesiastica, è forse la più dotata di servizi di questo tipo. Ciò si giustifica soprattutto per la presenza di quel grande asse viario di comunicazione che è la via Lata - odierna via del Corso. Vi sono due titoli, molto antichi, quelli di San Marcello e di San Lorenzo in Lucina da una parte e dall'altra della strada e probabilmente può rientrare nella regione anche un terzo, quello costantiniano di San Marco, che alcuni collocano ai limiti della regione sesta e nel cui territorio di afferenza dovrebbero aver trovato sistemazione due diaconie:  quella di San Paolo e l'altra di Sant'Angelo in Pescheria. Almeno altre due diaconie corredavano questa zona:  quella di Santa Maria, posta strategicamente sull'asse della via Lata, che è stata anche messa in relazione con uno dei luoghi che la leggenda ricollega alla presenza di san Paolo a Roma. L'altra diaconia è Santa Maria in Acyro, oggi in Aquiro, in onore del santo medico Ciro che insieme a Giovanni operava gratuitamente in Egitto e fu onorato di culto speciale a Roma. Di questa restaurata, e ingrandita da Gregorio iii (731-741) ma molto più antica, abbiamo sicuramente visto una serie di ambienti collocati sotto il transetto della odierna chiesa rinascimentale e potuto ricostruire le fasi principali, compresa anche quella della chiesa medievale cui fu poi accorpato un orfanotrofio.
Arterie come il vicus Longus, odierna via Nazionale, o il vicus Patricius, odierna via Urbana, o quella dell'Alta Semita (via XX Settembre), caratterizzarono i percorsi della quarta regione ecclesiastica, che probabilmente arrivava a comprendere anche la zona del Foro romano. Nella regione, abitata da una densa e varia popolazione, si preferì istituire un considerevole numero di titoli:  quello di Pudente, di Prassede, di Gaio (poi Santa Susanna), forse di Crescenziana, di Ciriaco alle terme di Diocleziano e di Vestina, odierna San Vitale, perfettamente datato al tempo di Innocenzo I (401- 417). Su di questi probabilmente gravò la maggior parte del servizio assistenziale della popolazione da loro gestita. Una sola diaconia viene dislocata sull'area meridionale dell'Alta Semita, soggetta alla gestione del titolo di Santa Susanna, ed è menzionata come esistente già al tempo di Leone iii. Se questa regione arrivò poi a comprendere anche la zona del Foro romano, è qui che si rileva una consistente concentrazione di fondazioni assistenziali, data anche la vicinanza con il Tevere e la facilità quindi di approvvigionamento. Qui infatti sono collocate tre diaconie:  quella dei santi Sergio e Bacco, di Santa Maria Antiqua, cui nel IX secolo si sostituì l'omonima di Santa Maria Nova e infine quella dei Santi Cosma e Damiano, santi medici, nell'ambito della quale si è voluta riconoscere anche una zona di ricovero per i poveri.
La terza regione ecclesiastica ospita la sede lateranense, dove si segnalano le varie attività caritative espletate dai Pontefici in prima persona, e dove fu per tempo collocato un orfanotrofio di Santo Stefano, fra i cui assistiti si scelsero coloro che avrebbero fatto parte della prestigiosa schola cantorum del Laterano. Alcune emergenze di questo complesso sono state recentemente riconosciute nell'area dell'ospedale di San Giovanni in Laterano, la cui ubicazione potrebbe in qualche modo ricollegarsi alla preesistenza di questa attività assistenziale. Questa regione risulta densamente popolata e conta svariate presenze di milizia barbarica. I titoli sono numerosi e alcuni tra i più antichi:  Equizio - scomparso almeno nel VI secolo - e Silvestro (odierni San Martino ai Monti), Apostoli (San Pietro in Vincoli), se non rientra nella quarta regione e poi Clemente, Eusebio e Marcellino e Pietro. Due altre diaconie furono poi sistemate sul clivus Suburanus, quella di San Martino e quella di Santa Lucia in Orfea, probabilmente con "specializzazioni" diverse in relazione ai bisogni della comunità locale. La seconda regione che comprese anche l'area del Palatino, ebbe pure essa titoli antichi, forse anche costantiniani come quello di Santa Anastasia, ma comprese anche le fondazioni di Emiliana, forse da identificarsi con i Santi Quattro Coronati, di Bizante e di Pammachio, di Sisto. Specie presso il Tevere le diaconie ancor oggi sono testimoniate in gran numero, basti citare quelle di San Teodoro e di San Giorgio al Velabro, Santa Maria in Cosmedin, Santa Lucia in septem vias, Santa Maria in Domnica. Per quest'ultima in particolare, va segnalata la vicina postazione dello xenodochio dei Valeri, già esistente al tempo di Gregorio Magno e ulteriore esempio di cooperazione tra enti assistenziali.
Siamo all'ultima regione da citare, ovvero la prima ecclesiastica che comporta, oltre l'area del Testaccio, i due colli del piccolo e del grande Aventino. Nel grande Aventino viene a svilupparsi una vocazione sempre più decisamente monastica, che affonda le sue radici nelle postazioni delle residenze delle pie donne seguaci di Girolamo e che prende il sopravvento nonostante la fondazione di due titoli quali Santa Sabina e Santa Prisca e quella di una diaconia, soppiantata alla fine del X secolo dal monastero dei Santi Bonifacio e Alessio, cui non si riferisce alcuna attività assistenziale determinata. Nel piccolo Aventino, invece, la situazione sembra alquanto diversa:  è segnalata da Gregorio Magno la presenza di uno xenodochio - la cui collocazione topografica è tuttora oggetto di discussione - ed è documentata l'attività di due tituli:  quello di Balbina e quello dei Santi Nereo e Achilleo presso l'importante arteria della via Nova. Quest'ultimo rappresenta anche un caso unico di trasformazione di titolo in diaconia:  analizzando la storia dei Santi Nereo e Achilleo, si può verosimilmente ipotizzare che almeno a partire dalla fine del VI secolo possa aver subito questa trasformazione e che ancora al tempo di Leone iii, che la ricostruì, funzionava come diaconia. Quanto tale istituzione possa aver coadiuvato nei compiti l'attività dello xenodochio della via Nova non saprei, certo erano vicini, come pure è indubbio che la trasformazione è indizio di specifiche necessità in un territorio così densamente trafficato.
C'è poi il caso unico nel suburbio romano del centro martiriale petrino, insieme a quello di Gerusalemme il santuario per eccellenza, che deve considerarsi a parte per una formulazione e peculiarità veramente tutte proprie che si vengono man mano definendo e arricchendo. I primi compiti assistenziali, considerate le prime fondazioni di corredo al martyrium vaticano, dovettero rientrare tra quelli dei cinque monasteri che qui si istituirono a partire dalla metà del V secolo. Per alcuni di essi sono segnalate specificità assistenziali come quella della cura degli zoppi. Per tempo Simmaco VI sistema habitacula pauperibus, che sono stati di recente interpretati come postazione xenodochiale. Almeno due ospedali vennero qui sistemati:  quello di San Gregorio e l'altro di San Pellegrino.
Le due diaconie riallestite da Adriano i, quelle di Santa Maria in caput Portici e quella di San Silvestro presso l'ospedale di San Gregorio, ricevettero al tempo di Stefano II (752-757) il supporto dell'accorpamento di due xenodochi. Con l'aggiunta dell'allestimento delle Scholae, il Vaticano diviene la zona del suburbio romano più intensamente attrezzata per i servizi assistenziali e forse meglio coordinata.



(©L'Osservatore Romano 25 luglio 2009)
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