Allevi e gli spaghetti alla bolognese

Il nodo della musica classica contemporanea


di Marcello Filotei

Verdi, Wagner, Mozart, Puccini:  Allevi li cita uno dopo l'altro ogni volta che qualcuno gli sottopone le critiche provenienti da ogni musicista minimamente avvertito delle cose dell'arte. Il problema non è tanto la musica che il giovane pianista compone - ognuno è pure libero di utilizzare il proprio tempo come crede - ma il tentativo di spacciarla come "classica contemporanea". E allora giù a ricordare all'accondiscendente intervistatore del quotidiano "La Stampa" che tutti i grandi del passato si sono trovati nelle sue condizioni, vessati e criticati perché c'è "un mondo accademico che vive come un'offesa personale il fatto che la musica colta possa diventare popolare senza passare attraverso loro".
"Strambo è strambo", chiosa l'intervistatore Giancarlo Dotto sorvolando proprio sul dato essenziale del fenomeno. Perché di questo e solo di questo si tratta. Giovanni Allevi non è affatto "strambo", è costruito con una cura assoluta ed è la rappresentazione oleografica del compositore, così come se l'aspetta chi non ha molta consuetudine con le sale da concerto:  genio, sregolatezza, aria da eterno bambino, tutto talento e niente regole, non curanza per i guadagni. È un po' come gli spaghetti alla bolognese serviti nei ristoranti del centro con le fotografie appese fuori:  in realtà non esistono, non propongono un esempio di antico manicaretto rivisto in chiave industriale, ma replicano all'infinito la visione di una cucina italiana da cartolina venduta sui depliant delle agenzie turistiche.
In un Paese come l'Italia - dove c'è chi, come Alessandro Baricco, arriva a scrivere e dirigere film per spiegare che Beethoven è sopravvalutato - è abbastanza frequente che si cada nel tranello dell'artista svagato. Certo non è colpa dell'artista in questione, ma di un sistema scolastico fatto di flauti dolci e Fra Martino campanaro che spesso non fornisce gli strumenti per distinguere Arisa da Billie Holiday, figuriamoci Puccini da Allevi. E qui il discorso diventa difficile e noioso ma bisogna pur farlo:  il prodotto Allevi è simile a quello di alcuni gruppi di musica leggera che scimmiottano grandi artisti del passato per intercettare la fetta di mercato lasciata libera dalla loro morte. Allo stesso modo il compositore marchigiano propone al pubblico una banale rivisitazione del tardo romanticismo coprendo però, assieme ad altri, una domanda di musica classica contemporanea che - va sottolineato - non trova ancora adeguata risposta da parte dei compositori di oggi, che cercano di recuperare consenso senza abdicare alle proprie esigenze espressive.
"Se guardi a destra, tiri a sinistra", si sentiva dire dal portiere avversario uno stralunato Nanni Moretti in Palombella Rossa, dopo avere rimurginato per troppo tempo su dove guardare mentre tirava il rigore decisivo di una delle più simboliche partite di pallanuoto del cinema mondiale. Lui era stato lì a pensare "se io guardo a destra il portiere pensa che tiro a sinistra, ma io tiro veramente a destra... a destra, a destra, guardare a destra, devo guardare a destra e tirare a destra, il portiere mi lascia spazio a sinistra, no, forse è meglio a sinistra... Se io avessi tirato veramente a destra":  risultato rigore sbagliato. Mentre la musica contemporanea nei decenni scorsi si è esercitata in contorsioni simili - da una parte lavorando su un necessario rinnovamento del linguaggio, dall'altra perdendo il contatto con il pubblico che sta cercando di recuperare - la domanda di musica classica  nuova  rimaneva inevasa.
A un certo punto il compositore marchigiano arriva e offre al pubblico quello che già conosce, presentandolo non tanto come nuovo, categoria che di per sé è indefinibile e inadatta a individuare un'espressione artistica, quanto come corrispondente alla realtà che viviamo. E qui sta il vero e proprio falso:  la musica di Allevi non è classica contemporanea semplicemente perché non esprime il mondo che la circonda, ma si limita ad assecondarlo. Puccini o Verdi - per restare nell'ambito delle frequentazioni del pianista piceno - hanno ricevuto critiche quando hanno superato il gusto del pubblico, lanciando quei ponti verso il futuro che proprio Allevi oggi sfrutta. Nessuno si è mai sognato di contestare a Puccini la sua popolarità, semmai di averla messa a rischio nel tentativo di sviluppare un linguaggio più complesso di quello che l'aveva reso famoso.
E questa è la forza culturalmente pericolosa dell'operazione Allevi:  convincerci che tutto quello che non capiamo non vale la pena di essere compreso. Rassicurati sul fatto che "non siamo noi ignoranti, sono loro che non sanno più scrivere una bella melodia", potremo finalmente andare fieri di non avere mai ascoltato Stravinskij. E anche noi potremo magari sostenere di essere agenti segreti di Sua Maestà solo perché, come James Bond, amiamo il Martini rigorosamente agitato e non shakerato.



(©L'Osservatore Romano 30 luglio 2009)

 

 

La vignetta di Staino pubblicata sul «Corriere della Sera» del 1 agosto è così divertente, oltre che benevola, da farsi perdonare l'imprecisione della battuta: l'otto per mille, infatti, non riguarda la Sante Sede, nè di conseguenza il nostro giornale



(©L'Osservatore Romano 1 agosto 2009)
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