L'esperienza quotidiana dell'"inizio"

Il genio
attinge alla sorgente
non al rubinetto


di Antonio Spadaro

Che cosa caratterizza una persona che si possa definire "geniale"? Certamente l'ingegno, la sapienza, la cultura, l'intuizione, la capacità di analisi e di sintesi:  tutte queste cose o almeno alcune di esse. Una persona geniale possiede anche caratteristiche apparentemente contraddittorie, per esempio l'intuizione e la capacità di analisi, oppure la creatività e il metodo. Ma queste sono le doti di un genio, ciò che lui possiede in se stesso, che ha sviluppato nel tempo e che lo fanno essere la persona che è. Ma non basta questo per essere una persona geniale. Infatti sono necessarie anche le idee, cioè, anche etimologicamente, le "visioni", le grandi prospettive piene di contenuti.
Nel suo Journal d'une passion il gesuita François Varillon aveva definito la genialità come "il dono sublime che consente, a chi ne è il fortunato possessore, di comprendere la vita e di esprimerne in modo armonioso la verità e l'universalità".
Ma quali idee animano la persona geniale? Quelle "chiare e distinte"? Certamente esse sono necessarie, ma il vero "genio", in realtà è innanzitutto mosso da idee indistinte e non del tutto chiare. I grandi protagonisti delle idee o dell'innovazione in ogni campo, anche di quella di ordine spirituale, in genere non sono mossi da idee prefissate ed evidenti, ma da intuizioni che, alla fine - sebbene prendano forma persino in invenzioni, istituzioni, opere d'arte o sistemi di pensiero - restano sempre mobili, attive, indefinite. La persona geniale ha intuizioni che sono sorgive, colte nel loro momento iniziale:  è visitata da una idea confusa e luminosa. Pierre Teilhard de Chardin, nel suo unico breve saggio sull'arte, ha tradotto questa esperienza con espressioni quali exubérance d'énergie, bouillonnement d'énergie, trop plein de la vie.
In quel che pensa, il genio è mosso da un'idea luminosa, confusa e ribollente per la quale non ha parole adeguate e forse neanche pensieri adeguati. Essa muove e illumina tutta la sua attività, a volte in maniera contraddittoria persino, rimanendo confusa fino alla fine.
Il genio è come un uomo che attinge acqua alla sorgente e non al rubinetto. L'acqua sgorga senza regole e canali ma con la forza e la purezza dell'inizio. L'acqua alla sorgente sprigiona in maniera confusa e irregolare. Pensando, agendo, creando, componendo, la persona geniale resta sempre lì alla sorgente, in equilibrio instabile:  vive un momento sorgivo, iniziale, e lì, in maniera instabile, trova pace. "Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, / trattenuto nelle mie ossa; / mi sforzavo di contenerlo, / ma non potevo":  questa esperienza che il profeta Geremia descrive nel capitolo ventesimo del suo libro ci appare paradigmatica. Dicendo la forza passionale della vocazione, ci dice anche qual è il nucleo originario, iniziale, del suo genio profetico:  un fuoco ardente che non si estingue, ma resta sempre vivo come alle origini. La poetessa polacca Wislawa Szymborska in una poesia (Cielo) della raccolta La fine e l'inizio immagina di vedere il cielo a partire da una finestra ideale che lei definisce "senza davanzale, telaio, vetri. / Un'apertura e nulla più, / ma spalancata". E che cosa vede? "Il cielo mi avvolge ermeticamente / e mi solleva da sotto. / (...) La cosa che cade in un abisso / cade da cielo a cielo. / Friabili, fluenti, rocciose, / infuocate ed eteree, / distese di cielo, briciole di cielo, / folate e cataste di cielo. / Il cielo è onnipresente / perfino nel buio sotto la pelle".
L'esperienza della Szymborska le permette l'intuizione "geniale" della realtà del cielo inteso come una dimensione di vita. È una esperienza per questo non chiara e distinta, però non puramente e vanamente caotica.
Occorre stare attenti a non confondere l'inizio con il caos, con la confusione. L'inizio è quel momento, forse impossibile da pensare, che ferma la confusione e fa partire un processo di ordinamento, di orientamento. È l'esperienza della Genesi che nel racconto biblico non è descritta come creatio ex nihilo ma come un processo di distinzione lento, complesso ma deciso. La persona geniale abita in quel momento creativo che è sempre a contatto con la confusione e il caos dell'indistinto, ma che si apre alla gloria della forma di un mondo nuovo. Tra i sinonimi italiani di "iniziare" troviamo altri termini che evocano la confusione quali:  abbozzare (esprimere un'idea confusa), innescare (cioè fare in modo che qualcosa esploda). Molti altri sinonimi mettono in evidenza invece l'uscita da questo caos quali:  cominciare (fare il primo atto di un'azione, il primo attuarsi di qualcosa), fondare (dare una base sicura), intraprendere (avviare secondo un piano produttivo), inaugurare (consacrare, proclamare solennemente come aperto o attivo).
Forse una tra le "icone" più forti ci viene offerta dal jazz. Questo genere musicale, nato nei primi anni del XX secolo nelle comunità afro-americane del sud degli Stati Uniti, vede confluire tradizioni musicali disparate, ed è caratterizzato dall'improvvisazione e dalla poliritmia. Sin dai primi tempi ha incorporato nel suo linguaggio i generi della musica popolare e colta, trasformandosi nel corso di tutto il secolo evolvendosi in una gran varietà di stili e sottogeneri. Espressione caratteristica sono le cosiddette jam session, cioè riunioni di musicisti che si ritrovano per una performance senza aver nulla di preordinato, improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti. Queste sono situazioni "geniali", dove la sfida consiste proprio nel dare una forma non preordinata a partire da un caos di suoni. Nella sua autobiografia dal titolo Come il jazz può cambiarti la vita, il grande compositore Wynton Marsalis scrive dei suoi primi ascolti musicali del jazz di John Coltrane:  "Era difficile da seguire. Un singolo assolo conteneva abbastanza musica per una quarantina delle canzoni che passavano per radio e che comprendevo benissimo. Ma continuavo a stargli dietro, come un bambino che ascolta una conversazione tra adulti. Poi, un giorno, l'ho compreso veramente, con il cuore, non con la mente. È successo all'improvviso. Quello che stava suonando aveva perfettamente senso, anzi, un extra-senso. Quei musicisti stavano raccontando delle storie. E quelle storie agrodolci si dispiegavano in maniera imprevedibile. Ma riuscivano a cavalcare lo stupore nello stesso modo in cui chi sale in groppa a un toro mantiene l'equilibrio e la postura".
La persona geniale fa un'esperienza sorgiva e l'unica sua possibilità è "cavalcare lo stupore", cioè stare in equilibrio instabile sopra un'esperienza sorgiva che in realtà resta indomabile. Ma questa esperienza è riservata a pochi eletti? Certamente no, nel senso che tutti facciamo esperienze del tipo descritto. Semmai a volte non siamo abituati a valutarle per quello che sono, a riconoscerle. Più che parlare di "genio" bisognerebbe forse parlare di "esperienze geniali".
Facciamo qualche esempio tratto dalla vita ordinaria. Avere un figlio è un'esperienza talmente geniale che rivoluziona completamente la vita di una coppia, capace di metterla a diretto contatto con il dito creatore di Dio. Un altro esempio è il risveglio:  svegliarsi è quel momento che valica il caos del sonno ma non è ancora l'ordine della veglia, anche se tutto tende a quella. E a questa esperienza è connesso il rito del caffè al mattino che spesso aiuta a gustare il sapore sorgivo dell'inizio della giornata, carico di tensioni di ogni genere e di aspettative.
Un altro esempio:  uscire di casa o aprire le finestre:  sono gesti ordinari, ma in sé completamente carichi di valore perché segnano la separazione tra un ordine, quello domestico, e un altro, quello cosmico. Ed è la soglia di casa o il davanzale il luogo di questa esperienza dell'inizio. Questi elencati sono tutti gesti che, inconsapevolmente, si riferiscono all'inizio del mondo, della realtà.
E allora un ultimo esempio potrebbe essere quello legato allo scrivere una narrazione. Ideare un racconto non è scriverlo. L'idea, per quanto affascinante, non è creazione perché non è opera. Quando invece ci si mette a scrivere una storia con il caos delle idee nella mente, allora quel gesto ha tutto il gusto geniale dell'inizio. E così dipingere, comporre... Se questo confronto con l'inizio manca, allora l'arte visiva diventa ombra o routine, e la parola poetica e narrativa diventa caricatura o ghigno. L'arte, dunque, in quanto creazione, è chiamata a essere un gesto geniale, capace di confrontarsi con l'inizio del mondo. La coscienza cristiana ha una profonda affinità con questa attitudine in quanto mantiene sempre viva la memoria dell'inizio, il sentimento creaturale, così come l'ha colto luminosamente Dante quando, all'inizio della Commedia dall'esperienza fresca del primo mattino di primavera "salta" al movimento creativo dell'amore di Dio:  "Temp'era dal principio del mattino, / e 'l sol montava 'n su con quelle stelle / ch'eran con lui quando l'amor divino / mosse di prima quelle cose belle" (Inferno, i, 37-40).



(©L'Osservatore Romano 4 novembre 2009)
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