Prefazione del cardinale segretario di Stato a un libro sull'anniversario dei salesiani

Centocinquant'anni di fedeltà alla Chiesa


Si concludono il 18 e il 19 dicembre, a Torino, con il rinnovo della professione religiosa, le celebrazioni per il centocinquantesimo della congregazione salesiana. Nell'occasione, a firma del rettor maggiore, è stato pubblicato un volume che ripropone i tratti salienti della vita e dell'insegnamento di don Bosco (Pascual Chávez Villanueva, Salesiani da centocinquant'anni, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2009, pagine 140, euro 9). Il libro, che contiene la lettera con il quale lo stesso rettor maggiore il 31 gennaio scorso ha indetto lo speciale anno giubilare salesiano, è corredato dalla prefazione del cardinale segretario di Stato, che pubblichiamo quasi integralmente.

di Tarcisio Bertone

Ogni ordine, ogni congregazione nasce nella Chiesa, vive per la Chiesa, è al servizio della Chiesa; se ci fosse bisogno, basta pensare alla Compagnia di Gesù. Ma anche la congregazione salesiana ha un rapporto particolare con la Chiesa, in quanto don Bosco ha lasciato come costitutivo dello spirito salesiano un forte sensus ecclesiae che concretamente si può identificare con i suoi tre ideali:  amore all'Eucarestia, devozione alla Madonna, fedeltà al Papa. Del resto il complesso d'iniziative e d'imprese apostoliche, germogliate dal peculiare carisma del santo, e chiamate "Opere di Don Bosco", non sono che un dono dello Spirito alla Chiesa. Esse, dunque, per essere davvero fedeli a se stesse, devono vivere e operare in profonda sintonia con la Chiesa. Ciò è fuori discussione, fin da quando don Bosco faceva gridare "viva il Papa" nella Torino anticlericale dell'epoca, e fin da quando chiamò Pio IX "fondatore" della congregazione salesiana. Dello stare con il Papa se ne faceva vanto. Don Bosco, vissuto in tempi difficili per la Chiesa - ma quando non lo sono? - sostenne sempre il beato Pio IX, illuminandolo in momenti tragici per la Chiesa e difendendone l'autorità, i diritti, il prestigio. Ebbe moltissime udienze con lui e ne ricevette preziosi consigli e l'approvazione delle costituzioni salesiane. Sotto il suo pontificato don Bosco fece costruire in Italia e all'estero maestose chiese e grandi collegi. Papa Leone XIII poi accettò d'essere il primo cooperatore salesiano, eresse il primo vicariato apostolico affidato ai salesiani, nominando il primo vescovo nella persona dì monsignor Giovanni Cagliero (1883). Fra l'altro, don Bosco, nel porsi al servizio della Santa Sede, s'era dato molto da fare personalmente, con scritti, colloqui e viaggi:  per quasi un ventennio aiutò uno dei miei predecessori, il segretario di Stato di Pio IX, cardinale Giacomo Antonelli, a trovare un accordo prima con il regno sabaudo, poi con il regno d'Italia per la nomina di nuovi vescovi in Italia e per l'entrata in pieno possesso della sede loro indicata.
Dal mio punto di osservazione posso dire che la docilità al magistero pontificio orienta e anima l'attività dei salesiani nel mondo, i quali sono anche impegnati nel non facile compito d'aiutare i giovani e i fedeli in genere ad accettare gli insegnamenti della Chiesa, a far amare il Papa. Cercano di farlo in ubbidienza a don Bosco che lasciò come scopo speciale della congregazione il "sostenere l'autorità della Santa Sede dovunque si trovino e dovunque lavorino". Evidentemente il servizio offerto dai salesiani alla Chiesa cerca di non essere generico, ma specializzato e originale, secondo il loro spirito e il loro carisma. Ecco allora che essi, religiosi, apostoli, educatori della fede secondo il "sistema preventivo", all'interno della missione universale della Chiesa, spendono le proprie forze in favore dei giovani, secondo un preciso progetto educativo-pastorale sintetizzabile nella formula "educare evangelizzando ed evangelizzare educando", ovvero, per usare le parole di don Bosco, formare "onesti cittadini e buoni cristiani". La congregazione salesiana fin dai primissimi tempi di don Bosco non ha inteso mettere limiti geografici alla sua azione:  volle subito uscire dai confini torinesi per servire prima la Chiesa piemontese, poi quella italiana e infine quella mondiale con le missioni in Argentina e la diffusione in Europa. Oggi essa è presente in oltre 130 Paesi del mondo, con opere educative d'ogni genere, con attività pastorali al servizio delle popolazioni locali, con opere assistenziali per i più bisognosi, con missioni ad gentes, con oltre cento vescovi.
I salesiani, dunque, sono sparsi in tutti gli angoli della terra, in oratori, centri giovanili, collegi, scuole umanistiche e professionali, parrocchie, case famiglia, campi profughi, ospedali, luoghi d'emergenza per catastrofi nazionali, missioni, spesso a rischio della vita per le difficili condizioni igienico-sanitarie, economiche, per continue rapine e fondamentalismi vari. Ma li trovo anche qui ogni giorno, nella Santa Sede, operanti "nella casa del Papa" come prefetti, segretari, consulenti, membri delle congregazioni vaticane, dei pontifici consigli, dei vari organismi, ivi comprese la tipografia vaticana e le catacombe di San Callisto. Dunque un servizio a tutto campo quello dei miei confratelli, disponibili ad andare là dove la Chiesa chiama, come "segretario di Stato" o come sconosciuto "missionario". Cristo, la Chiesa si servono in qualunque posto, con qualunque missione.
Per quanto mi riguarda, nel mio ministero come segretario di Stato, ho la possibilità di estrinsecare quelle caratteristiche umane e spirituali nelle quali sono stato formato. Ho, infatti, una chiara consapevolezza dell'importanza di questa formazione avuta nelle facoltà di teologia e di diritto canonico, non soltanto per i contenuti di grande valore, ma anche per l'insegnamento umano e lo stile salesiano con cui mi è stata donata. Cerco quindi di portare nel mio ruolo e nella vastità e varietà di relazioni quello spirito di famiglia, d'ascolto e di valorizzazione dei talenti di ciascuno che era tipico di don Bosco. D'altra parte, accanto ai formidabili problemi internazionali, anche nei colloqui con i capi di Stato o i grandi esponenti religiosi, condividiamo spesso la convinzione che l'educazione dei giovani è una questione centrale per la vita civile e per la vita di fede d'ogni comunità. Sulla croce pettorale, che riproduce il Buon Pastore, nel verso riporto la raccomandazione di don Bosco al primo dei suoi collaboratori, il giovane Michele Rua:  "Studia di farti amare". Credo che sia un buon programma per chiunque abbia una responsabilità sociale.
La risposta della Chiesa per tale variegato servizio è fatta di stima, d'apprezzamento e d'affetto:  ha elevato all'onore degli altari ormai decine di santi e beati della famiglia salesiana - fra i "martiri" del secolo XX si contano non pochi salesiani, figlie di Maria Ausiliatrice, cooperatori ed ex allievi. Quasi un centinaio sono i martiri della persecuzione spagnola - ha apprezzato l'operato dei salesiani dando la porpora cardinalizia a una decina di loro e oltre duecento li ha nominati vescovi. I Papi, tutti i Papi, sono stati vicini alla famiglia salesiana. Per citarne solo tre:  Papa Pio XI, "il Papa di don Bosco", lo ha beatificato nel 1929, e lo ha canonizzato il giorno di Pasqua del 1934; Papa Giovanni XXIII ha solennemente inaugurato a Roma il nuovo tempio di San Giovanni Bosco nel quartiere Appio nel 1959; Papa Giovanni Paolo II ha celebrato il centenario della morte di don Bosco con la visita ai Becchi, a Chieri e a Valdocco, e con la lettera che lo proclamava "padre e maestro della gioventù". Ma si potrebbe dire moltissimo anche di altri, compreso Papa Benedetto XVI, che mi ha voluto accanto a lui come suo segretario di Stato, dopo essere stato segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede nel periodo in cui egli era prefetto. Papa Benedetto XVI è molto devoto di don Bosco e ne conosce bene la vita, che gli è stata raccontata da bambino dal suo papà. È anche ammiratore di mamma Margherita, che ha dichiarato venerabile il 15 novembre 2006.
Dovunque il Santo Padre vada nei suoi viaggi, si può dire che incontri i salesiani, le figlie di Maria Ausiliatrice, la famiglia salesiana, non fosse altro che per le loro masse giovanili, che si fanno sentire in tanti modi, anche rumorosi. Dunque si può affermare che se ai suoi tempi don Bosco fu un autentico protagonista della storia della Chiesa, la congregazione salesiana, nata dalla sua mente e dal suo cuore, ha seguito fedelmente in questi centocinquant'anni il cammino da lui tracciato. Ai posteri resta il compito di continuare su questa rotta, ricordando che far memoria di don Bosco e dei suoi primi salesiani non è commemorare defunti, ma far rivivere il loro spirito in quanto continuatori e partecipi d'un fecondo carisma ecclesiale.



(©L'Osservatore Romano 18 dicembre 2009)
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