Un mese fa moriva Giovanni Pugliese Carratelli

Un neoplatonico
col mondo antico in tasca


di Giuseppe Zecchini

La recente scomparsa di Giovanni Pugliese Carratelli (1911-2010), avvenuta il 12 febbraio, induce a riflettere su un percorso singolare. Come studioso di storia antica, fu allievo a Napoli di Emanuele Ciaceri, l'autore di importanti opere su Cicerone e Tiberio, ma non risulta che egli si interessasse della repubblica romana o dell'alto impero:  non a caso ravvisò nello storico del risorgimento italiano Adolfo Omodeo il maestro di studi storici della sua giovinezza; come intellettuale, appartenne al circolo di Benedetto Croce, con cui fu in rapporti di stretta amicizia, ma è difficile collegare allo storicismo crociano i suoi interessi mistici, dall'orfismo al neoplatonismo sino a Carl Gustav Jung. Nel dopoguerra insegnò storia antica - con una netta preferenza per la storia greca - in diverse università, Catania, Napoli, Pisa, Firenze, Roma, la Normale; diresse l'Istituto Italiano per gli studi storici, creato da Croce, fondò nel 1946 la rivista "La parola del passato", fu in seguito anche tra i cofondatori dei pisani "Studi classici e orientali" e organizzò i convegni di Taranto dedicati allo studio della Magna Grecia. A fianco di queste notevoli doti di animatore culturale sta la capacità di creare una fiorente scuola di allievi, sia del Vicino Oriente antico, sia di storia greca; si può allora sospettare che questa multiforme attività gli lasciasse poco tempo per scrivere e in effetti egli non scrisse mai volumi di ampie dimensioni, ma la scelta del saggio breve e puntuale, con cui affrontava sia temi specifici, sia temi di sintesi, dipendeva, forse, più da un'inclinazione intellettuale che da contingenze concrete.
Il saggio di apertura de "La parola del passato" è dedicato alla città platonica:  Platone, il suo afflato mistico e il suo ideale non democratico della polis sono per Pugliese l'eredità più nobile e feconda della grecità classica; eppure questa civiltà esemplare, che resta alla base della nostra, si è costruita su principi di contrapposizione binaria - Europa contro Asia, Greci contro barbari, logos contro thymós - e di chiusura nei confronti dell'altro e del diverso:  nel momento della sua massima creatività l'Ellade è egoista, vede solo se stessa. Sulla medesima rivista una decina d'anni dopo, nel 1955, Pugliese torna sul tema "Europa e Asia nella storia del mondo antico" per sottolineare che la dicotomia inaugurata dalle guerre persiane non era mai esistita prima così come venne a cessare con la conquista di Alessandro e la sua adozione dei costumi persiani:  Europa e Asia si sono incontrate sin dalle origini nell'età arcaica della mobilità sociale, degli scambi linguistici e culturali, delle migrazioni di popoli e si tornano a incontrare nell'età dell'ellenismo.
Nell'oscillazione storica tra chiusure e aperture tra civiltà diverse, Pugliese ha certamente privilegiato quest'ultimo aspetto e qui sta, a parere di chi scrive, il motivo che lo ha spinto a concentrare le sue ricerche in tre aree apparentemente distaccate tra loro, ma simili nel comune carattere di vivace mescolanza culturale. La prima area è quella del mondo mediterraneo tra ii e i millennio prima dell'era cristiana:  della civiltà minoica, micenea ed egea da un lato, delle civiltà del Vicino Oriente - l'ittita soprattutto - dall'altro, delle migrazioni dei popoli del mare e della colonizzazione greca, che viene a coinvolgere l'Occidente, soprattutto l'Italia centromeridionale, nella "grande storia" dell'età arcaica. Pugliese fu il primo a sfruttare dal punto di vita storico la decifrazione del lineare B da parte di Ventris e Chadwick nel 1952. La seconda area è quella del Medio Oriente in età ellenistica, dove si è appena verificato l'incontro tra macedoni e persiani, dove Alessandro ha da poco svelato all'Occidente il mondo indiano e dove proprio un re indiano, Asoka, si converte alla religione universale del buddismo e cerca di esportarla verso il mondo mediterraneo (Gli editti di Asoka, Firenze 1960). La terza area è quella romano-sassanide del iii secolo che vede il violento urto tra le due potenze militari, ma anche il risorgere del sostrato vicino-orientale sotto la coltre omologante della civiltà ellenistica:  qui Pugliese studiò nel 1947 le appena scoperte Res gestae divi Saporis sulle imprese guerriere del re sassanide Shahpur i, ma si occupò anche degli influssi iranici sul Vicino Oriente romano, sia quelli diretti, sia quelli mediati dalle città carovaniere come Petra e Palmira. Nel complesso Pugliese ha studiato il mondo greco-romano, tenendosi alla sua periferia, girandovi attorno e approfondendone gli aspetti mutuati dall'esterno - grazie, non da ultimo, a conoscenze linguistiche, che spaziavano dall'ittita al sanscrito - ha giudicato che né la Grecia, né Roma si possono intendere senza la Persia e l'India; ha infine individuato nelle correnti mistiche delle religioni greche - l'orfismo, il pitagorismo, il platonismo mistico:  si veda l'ampia raccolta di studi Tra Cadmo e Orfeo, Bologna 1990 - un elemento spirituale unificante del mondo antico, che riaffiora con prepotenza nel neoplatonismo dal iii al v secolo, in Plotino e in Proclo, e poi nel neoplatonismo rinascimentale di Basilio Bessarione.
Non a caso su Proclo e Bessarione Pugliese ha continuato a lavorare sino alla soglia dei cento anni e, sentendosi in fondo neoplatonico egli stesso, ha voluto finire la sua vita come Bessarione, chiedendo per iscritto che il suo "trapasso" non venisse officiato con cerimonia alcuna, se non nella stessa chiesa, dove anni prima si erano tenuti i funerali della moglie.



(©L'Osservatore Romano 12 marzo 2010)
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