L'Aquinate e il pensiero contemporaneo

Il sistema aperto
di san Tommaso


Pubblichiamo una sintesi di una delle lezioni tenute alla Pontificia Università Lateranense per la "Cattedra san Tommaso" diretta da monsignor Mario Pangallo.

di Antonio Livi

Già dagli ultimi decenni del 1900 e soprattutto in questo primo decennio del Duemila il panorama filosofico mondiale non è più caratterizzato solo dal pensiero "post-metafisico", ma registra anche una vigorosa ripresa della metafisica. Ciò si deve soprattutto alla passione teoretica e alla competenza storiografica di insigni studiosi europei e americani di ispirazione tomista che sono stati capaci di dimostrare criticamente la possibilità e la necessità della metafisica, in serrata polemica con i sostenitori del suo "oltrepassamento" (Überwindung) ma anche in dialogo costruttivo con le istanze teoretiche presenti nelle più importanti scuole filosofiche, da quella fenomenologica a quella ermeneutica e a quella analitica. È stato grazie a questo dialogo fecondo con il pensiero contemporaneo che la nuova fioritura di studi tomistici è stata in grado di riportare alla luce i fondamenti epistemologici della metafisica, dimostrandone criticamente l'incontrovertibilità come scienza e la necessità come sapienza. L'innegabile presenza del pensiero di Tommaso d'Aquino nel dibattito filosofico contemporaneo si deve appunto allo specifico contributo fornito dai pensatori cristiani alla soluzione dei problemi che stanno al centro della ricerca epistemologica moderna.
Tale contributo consiste nella soluzione data al problema della metafisica (se sia possibile o addirittura imprescindibile), ma presuppone i risultati cui è pervenuta la celebre querelle (iniziata nel 1931 alla Sorbona e alla quale parteciparono Maurice Blondel, Émile Bréhier, Léon Brunschivicg, Étienne Gilson e Jacques Maritain) sull'esistenza storica e sulla possibilità teorica di una filosofia cristiana. La discussione è continuata fino ai nostri giorni e ha finito per coinvolgere tutti i pensatori cristiani che ben comprendevano come essa implicasse la soluzione del problema se possa esserci un terreno d'incontro tra ragione e fede. Ma finora la possibilità della metafisica e la possibilità di una filosofia cristiana sono stati considerati come problemi separabili l'uno dall'altro, e di fatto sono stati affrontati separatamente, mentre andrebbero compresi come due aspetti della medesima questione. Già Giovanni Paolo ii li aveva opportunamente collegati tra loro nell'enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998), la quale può considerarsi un intervento del magistero ecclesiastico a favore della metafisica proprio come struttura portante della filosofia cristiana, che Giovanni Paolo ii, riallacciandosi agli insegnamenti di Leone xiii (cfr. l'enciclica Aeterni Patris del 1879), considera indispensabile strumento dell'interpretazione teologica della verità rivelata. Insomma, il richiamo alla necessità della metafisica - e alla sua possibilità anche nell'epoca attuale - ha senso, in un'ottica teologica, all'interno del riconoscimento della possibilità e della necessità di una filosofia cristiana.
Riassumendo anni di studi e di discussioni sul problema della filosofia cristiana, la Fides et ratio ne prospetta la soluzione alla luce della storia della Chiesa, mostrando cioè il fecondo cammino della teologia dalle origini patristiche alle sintesi medioevali, per poi additare il metodo di Tommaso come il modello, oggi più che mai valido, di una speculazione capace di penetrare a fondo nel significato delle verità rivelate (accolte con assoluta certezza dalla fede) facendo ricorso anche a quelle verità naturali (certificate dalla ragione nella sua funzione critica) che risultano sostanzialmente connesse al contenuto razionale della rivelazione divina. Ciò che in Tommaso può chiamarsi "filosofia cristiana" altro non è, appunto, se non il necessario e congruo uso della filosofia in teologia:  uso che risponde certamente a finalità primariamente teologiche ma anche al rilevamento critico (cioè filosofico) degli elementi di razionalità che sono comuni alla conoscenza delle realtà create e alla cono scenza dei misteri soprannaturali. In Tommaso d'Aquino l'autonomia formale e l'unità intenzionale di filosofia e teologia costituiscono un "sistema aperto", nel quale, come ha saputo dimostrare Gilson, la filosofia è autenticamente razionale e capace di giustificare dialetticamente i propri asserti, ma non può essere separata dal contesto teologico che le fornisce un'impareggiabile motivazione esistenziale alla ricerca filosofica.
Tornando al nesso tra il problema della filosofia cristiana e quello della metafisica, Giovanni Paolo ii non manca di rilevare che l'affermazione del principio dell'armonia di ragione e fede in teologia dipende in Tommaso d'Aquino da un fondamentale presupposto metafisico, quello dell'unità dell'ordine naturale (ordo creationis) e di quello soprannaturale (ordo gratiae) nella nozione cristiana di Dio Creatore e Redentore dell'uomo. A questo proposito la Fides et ratio riporta un celebre passo del Liber de veritate catholicae fidei (i, 7) e lo commenta osservando che Tommaso "argomentava a partire dal principio che la luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio, e quindi non possono contraddirsi tra loro" ( 43). Proprio in virtù di questo fondamento metafisico - un fondamento reale e non arbitrario, incontrovertibile e non postulatorio - la filosofia cristiana è stata feconda di risultati propriamente razionali e ha segnato un effettivo progresso nella storia della filosofia. Già agli inizi del Novecento gli elementi più rilevanti di questo progresso erano stati individuati e valorizzati da Gilson sul piano storico-critico. Nella sua opera su L'Esprit de la philosophie médiévale (1931) Gilson dimostrava che le nozioni metafisiche più caratteristiche del pensiero medioevale sono tutte di derivazione teologica:  esse fanno seguito alla rivelazione biblica e non ve n'è traccia nella filosofia pre-cristiana; inoltre, sono nozioni dalle quali il pensiero moderno non ha potuto più prescindere, anche se talvolta si è prefisso di contrapporsi al pensiero cristiano medioevale. Gilson poteva documentare questa sua tesi storiografica sulla base dei suoi studi, criticamente ineccepibili, sulla derivazione scolastica delle principali nozione metafisiche del sistema cartesiano. A distanza di oltre mezzo secolo, questa rilevazione gilsoniana ha trovato conferma nel magistero di Giovanni Paolo ii (cfr. Fides et ratio, 76). Ma allora non si deve perdere di vista il nesso intrinseco che esiste tra filosofia cristiana e metafisica. L'originalità e il valore propriamente filosofico della filosofia cristiana altro non è se non l'originalità e il valore propriamente filosofico della metafisica cristiana, che trova il suo culmine speculativo all'interno della teologia di Tommaso. Occorre dunque ricordare che la metafisica di Tommaso, incentrata com'è noto sulla nozione originalissima e feconda di esse ut actus, dipende totalmente dalla rivelazione biblica, grazie alla quale il rapporto tra mondo e Dio è inteso come rapporto tra creatura e Creatore, e Dio è l'Essere assolutamente trascendente (ipsum esse subsistens) che per amore dona l'essere a ogni cosa che noi vediamo esistere e che così è habens esse, un ente per partecipazione. Per sottolineare la derivazione biblica della metafisica creazionistica Gilson coniò l'espressione métaphysique de l'Exode, da molti non correttamente compresa e pertanto ingiustamente criticata. Tutta l'opera filosofica e teologica di Tommaso è in stretta connessione con il principio metafisico della creazione/partecipazione, dal quale derivano i criteri epistemologici fondamentali, come quello cui Tommaso si ispira nel formulare la sua dottrina dei praeambula fidei, ossia dei rapporti tra fede nella rivelazione e ragione naturale:  Fides praesupponit rationem, sicut gratia naturam et perfectio perfectibile.



(©L'Osservatore Romano 2 giugno 2010)
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