La moralità del conoscere da Bonaventura a Rosmini

La carità
non è un concetto


In occasione della memoria liturgica di san Bonaventura pubblichiamo ampi stralci di una delle relazioni tenute all'ultimo convegno che si è svolto a Bagnoregio a cura del Centro studi bonaventuriani su "La carità rivelazione della verità" e il relatore, nell'intervento "Carità e verità in Rosmini", ha puntato a sottolineare come nel beato roveretano, a differenza del santo di Bagnoregio, il concetto di carità trovi la sua collocazione in una trattazione t eologica e spirituale, e solo successivamente filosofica.

di Luciano Malusa

"La carità è quella virtù soprannaturale per la quale noi ci uniamo a Dio coll'amarlo come il bene essenziale, il sommo bene e il fonte di tutti i beni". Così Antonio Rosmini nel suo Catechismo disposto secondo l'ordine delle idee. A differenza di san Bonaventura, Rosmini tende a distinguere puntigliosamente l'approccio filosofico alle grandi tematiche della filosofia cristiana da quello teologico, pur rilevando la continuità tra teologia e filosofia e l'ancillarità sostanziale della seconda. Il concetto di carità, per Rosmini, trova la sua collocazione in una trattazione teologica e spirituale, e solo successivamente filosofica. Il senso profondo della carità sta nell'unione dell'uomo con Dio; la carità quindi si distingue profondamente dall'amore inteso in senso naturale.
Tra l'amore e la carità, afferma Rosmini, vi è la differenza che vi è tra verità naturale e verità soprannaturale. L'amore naturale oggettivo, pur buono e lecito, non regge nella dinamica della ricerca del bene di cui la volontà possa appagarsi. "La carità all'incontro trova e possiede il fine assoluto dell'amore che è Dio Uno e Trino. E come l'ama in se stesso, positivamente e immediatamente conosciuto, così l'ama negli uomini ne' quali egli dimora, e, in un diverso modo, in quelli altresì, ne' quali egli può dimorare, e sono tutti quanti vivono in terra".
Rosmini ci offre nella Teosofia (libro iii, parte i) un'acuta analisi del mistero trinitario che fonda l'essenza della carità. Il Padre, secondo la tradizione teologica, crea eternamente l'essere del Figlio:  è "beneficiente". "La carità che appartiene all'essenza divina (in quanto però questa stessa identica carità procede dal Padre e dal Figlio è la persona dello Spirito Santo) considerata nel Padre, prende forma di beneficenza, perché il Padre dà tutta la propria natura alle altre due persone, e da lui come da principio vengono tutte le cose che sono:  nel Padre dunque si ravvisa la prima, infinita, assoluta e universale beneficenza".
Il Figlio ama il Padre nella dimensione della riconoscenza. "Nel Figlio la carità prende forma di riconoscenza e di gratitudine. Il Figlio riconosce sì fattamente tutto dal Padre e a lui riferisce tutto, che la stessa spirazione dello Spirito Santo egli riconosce come ricevuta dal Padre, e a lui la riferisce". La dimensione dello Spirito è quella dell'unione dei due atti, di beneficenza e di riconoscenza. "Nello Spirito Santo la carità essenziale prende forma d'unione. Trattasi d'unione del subietto infinito intelligente col subietto stesso infinito inteso, per via d'infinito compiacimento che è l'unione stessa amorosa nell'ultimo atto. Trattasi d'unione del tutto col tutto che raddoppia, per così dire, se stesso coll'intelligenza e si triplica nell'amore senza cessare d'essere un unico e identico tutto. In questa unione finisce, riposa, sussiste la stessa beneficenza e la riconoscenza, come in ultimo loro termine semplificate e consumate". Il bene quindi, scaturendo dallo Spirito, ha la caratteristiche di essere unificatore, uno, consolatore.
Dalla dimensione dell'amore assoluto di Dio discende anche l'aspetto intellettuale della carità. Si arriva alla dimensione intellettuale dalla dimensione della donazione. La carità non è un concetto costruito:  è un convincimento profondo che poi si traduce in direttiva di vita per un atto volontario. "La perfezione dell'anima - scrive Rosmini ai fratelli laici del suo Istituto - consiste in una squisita carità di Dio; la carità poi è il massimo comandamento, il compendio, la perfezione, e il fine di tutta la legge. Perciò l'Istituto di questa Società esige, che noi ci studiamo di coltivare l'amore di Dio senza metterci limite alcuno, e che chiediamo a Dio questo amore istantemente (...) La carità del prossimo sia in noi un amore universale, che abbracci nel Signore tutti gli uomini, e tutte le nazioni".
L'universalità della carità significa che il prossimo va amato in tutte le dimensioni sue, da quelle fisiche a quelle spirituali a quelle intellettuali. Compito specifico dell'Istituto pensato da Rosmini è, paradossalmente, l'amore nella dimensione effusiva, nel primato della volontà nell'atto morale.
Alla carità intellettuale si arriva distinguendo i doveri che la carità comporta. "Gli uffici di carità, rispetto al bene del prossimo, a cui tendono direttamente, sono di tre specie - afferma Rosmini -. La prima specie comprende quegli uffici che tengono a giovare immediatamente al prossimo in ciò che riguarda la vita temporale:  e questa si può chiamare carità temporale. La seconda specie comprende quegli uffici che tendono a giovare immediatamente al prossimo nella formazione del suo intelletto e nello sviluppo delle sue facoltà intellettuali:  e questa si può chiamare carità intellettuale. La terza specie comprende gli uffici di carità che tendono a giovare al prossimo in ciò che spetta alla salvezza delle anime:  e questa si può chiamare carità morale e spirituale".
Per Rosmini la carità temporale, o materiale, non significa da sola molto:  senza la finalità spirituale non avrebbe senso il sovvenire ai bisogni dell'uomo in difficoltà materiali. D'altro canto le difficoltà dell'uomo nascono dalla sua condizione moralmente debole, e non sono dovute a circostanze solamente sfavorevoli in senso materiale. Quel che conta per Rosmini è l'orientamento spirituale. L'amore per il prossimo, in cui si specchiano il Creatore e la vita personale divina perfetta, significa soprattutto amore per la verità. "Questo è il punto centrale della dottrina della carità intellettuale. Poiché la carità è via alla verità e sua pienezza, la società che prende il nome della carità deve custodire in modo preclaro, contemplare e indagare la verità, ed essere ottima ed istancabile promotrice della cognizione della verità fra gli uomini. Di qui deriva il genere di carità che abbiamo chiamato intellettuale, il quale tende immediatamente a illuminare e arricchire di cognizioni l'intelletto umano".
Spiega Rosmini:  "Chi ha ricevuto l'incarico di dirigere la carità intellettuale nella Società, a onore del solo Sapiente, Dio Padre, e del nostro Signore Gesù Cristo, intenda anzitutto che l'ordine delle verità è un bene infinitamente più grande del loro numero, e quindi, prima di tutto, sia sollecito del loro ordine, e soltanto dopo del loro numero. Uno è poi l'ordine assoluto delle verità, per cui tutte le scienze diventano una sola, ammirevole per chi la contempla e per l'unica essenza in cui si scorgono tante cognizioni, la quale essenza è l'oggetto della beatitudine umana, cioè Dio, da cui derivano tutte le cose; e infine per l'unico ottimo fine, che è sempre Dio, a cui tutte tornano" (Costituzioni dell'Istituto della Carità, n. 801).
Lo studio delle supreme verità, filosofiche e teologiche, porta alla conoscenza del volere di Dio rispetto agli uomini ed alla considerazione dell'amore universale. Quindi diviene un incentivo per fare il bene, ubbidendo a lui. Rosmini non può ignorare che lo iato tra il sapere, cioè il possedere la verità sotto il profilo intellettuale, e l'agire morale e pratico, è insuperabile da chi muove con forze puramente naturali. Nello scritto Dell'Idea della Sapienza (contenuto nell'Introduzione alla filosofia) viene descritta con chiarezza la difficoltà di passare dal momento intellettuale dell'acquisizione della verità e del riconoscimento del bene, al momento della realizzazione di esso. Il passaggio dall'intendere la verità ed il criterio di essa, nell'Essere ideale, al realizzare il bene avviene solo in grazie della divina Sapienza, che quindi consente all'uomo di essere capace del bene e dell'amore in un contesto di riconoscimento e di completa realizzazione; carità intellettuale quindi significa in ultima analisi amore della Sapienza.



(©L'Osservatore Romano 15 luglio 2010)
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