"La Civiltà Cattolica" sul 20 settembre

Quel piccolo territorio che rese liberi il Papa e l'Italia


Anticipiamo ampi stralci dell'editoriale del numero in uscita della rivista dei gesuiti italiani "La Civiltà Cattolica" (Quaderno 3.847).

La presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, alla manifestazione dell'anniversario del 20 settembre, dice che per i cattolici quella data non è più un segno di divisione tra le due Italie (quella legale e quella reale), come lo era stato in passato, quando tale commemorazione, voluta e monopolizzata dalla massoneria, aveva un significato apertamente anticattolico e antipapale.
Qual è il valore storico della data del 20 settembre nella storia d'Italia? Se oggi, come si è detto, essa non ha più un significato anticattolico, almeno fino alla stipulazione dei Patti Lateranensi lo ebbe. Capire il significato di quelle vicende è tuttora molto importante, anche perché ci dà il senso e la misura di quell'annosa controversia, passata alla storia come "questione romana", che lacerò la coscienza di uomini sinceramente credenti e sostenitori del bene della Chiesa e dello Stato.
Benedetto xv desiderava che si giungesse a un'equa soluzione della questione romana attraverso trattative bilaterali e pubbliche con il Governo italiano. Finita la guerra, nel 1918 il Papa cambiò idea su questo punto; infatti si era reso conto che la mancanza di una reale indipendenza e libertà di azione, che soltanto la sovranità su un territorio gli avrebbe potuto garantire, aveva molto nuociuto durante la guerra al suo magistero di pace e di aiuto alle parti belligeranti.
Ma soprattutto va sottolineato il fatto che la sua missione a favore della pace tra le nazioni fu pregiudicata dalla mancanza di una reale libertà di azione e di intervento. Il Papa dovette trasferire in Svizzera le ambasciate presso la Santa Sede degli Stati in lotta con l'Italia e spesso la corrispondenza della Santa Sede fu intercettata e le sue "valigie diplomatiche" aperte. Il Governo italiano inoltre, attraverso il ministro degli Esteri, Giorgio Sidney Sonnino, fece di tutto per limitare e vanificare gli sforzi della diplomazia vaticana in favore della pace:  esso temeva che il prestigio che ne sarebbe derivato alla Santa Sede avrebbe indirizzato in un modo non desiderato e sfavorevole per l'Italia la soluzione della questione romana. Come è noto, durante il Congresso di pace egli si adoperò per tenere lontana la Santa Sede dalla tavola delle trattative (articolo 15 del Trattato di Londra). Insomma dopo questi eventi, in Vaticano, e non soltanto, ci si rese conto che non era possibile risolvere la "questione romana" senza riconoscere al Papa una vera sovranità territoriale, seppure piccola, in modo che fosse "visibile" a tutti la libertà del Romano Pontefice. Per quanto piccolo il territorio vaticano non ha soltanto protetto il Papa, ma in periodi difficili, come quello della seconda guerra mondiale, ha consentito di ospitare numerosi profughi e perseguitati politici.
Come è noto a questo si giunse, dopo lunghe e difficili trattative nel 1929, con la stipula dei cosiddetti Patti Lateranensi tra lo Stato Italiano e la Santa Sede. Nessuno però dei successori di Leone XIII rimpianse la scomparsa del potere temporale come fatto politico, cioè come governo temporale del Pontefice di un grande Stato.
A tale proposito Paolo VI, dopo la chiusura del concilio Vaticano ii, durante la sua storica visita in Campidoglio del 16 aprile 1966, nella quale il Papa ringraziò il sindaco di Roma per la cordiale accoglienza riservata dalla città ai padri conciliari, disse parole inequivocabili. "Noi - disse il Pontefice - non abbiamo più alcuna sovranità temporale da affermare quassù. Conserviamo di essa il ricordo storico, come quello di una secolare, legittima e, per molti versi, provvida istituzione dei tempi passati; ma oggi non abbiamo per essa alcun rimpianto, né alcuna nostalgia, né tanto meno alcuna segreta velleità rivendicatrice".
Paolo vi anche in altre occasioni ebbe a ripetere lo stesso concetto, come fecero ininterrottamente fino ai nostri giorni i suoi Successori. Oggi possiamo dire che l'esistenza di un piccolo Stato, quello della Città del Vaticano, che garantisca la libertà e l'indipendenza piena del Papa, ha contribuito sia a rendere la Santa Sede più libera e aperta al mondo e ad eliminare ogni sospetto di parzialità in riferimento al suo ministero apostolico universale, sia, alla lunga, a rendere lo Stato italiano più sanamente "laico" e più libero (da condizionamenti vari che provenivano da una recente storia di scontri e di ostilità reciproche) nel suo incontro-confronto con la Chiesa e con la sua millenaria tradizione di cultura e di civiltà.



(©L'Osservatore Romano 1 ottobre 2010)
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