In tre affreschi di Raffaello Sanzio della Stanza della Segnatura una sintesi storica della cultura occidentale

Pensiero per immagini


di Timothy Verdon

Argomento dell'ultima pubblicazione di Giovanni Reale è la storia del pensiero occidentale così come la narra Raffaello Sanzio in tre affreschi della Stanza della Segnatura:  La Scuola d'Atene, La Disputa del Sacramento e Il Parnaso. Sono questi infatti i titoli di altrettanti volumi realizzati ora dalla Bompiani in collaborazione con la Fondazione Arnone-Bellavite Pellegrini, con un ricco corredo di illustrazioni e un video in dvd di Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale della casa editrice e dal 1999 regista. Al testo di Reale, che rappresenta la forma finale di più parziali trattazioni del tema pubblicate dallo studioso tra il 1993 e 2005, l'edizione Bompiani aggiunge - nel volume su Il Parnaso - una postfazione a firma del direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci.
Si tratta di un vero "evento" editoriale, sia per l'importanza epocale degli affreschi, sia per l'ineguagliata padronanza delle fonti da parte dell'autore, sia per la bellezza delle quasi duecento fotografie a colori. Oggi, quando il patrimonio di cultura antica che a partire dal Rinascimento ha costituito una colonna portante della civiltà europea è di nuovo terra incognita, il fascino suscitato dalle citazioni abbinate a particolari degli affreschi sembra un ritorno alle origini, un ritorno a casa. Di fronte al volto di Pindaro immaginato dall'Urbinate nel Parnaso, ecco l'elogio di Ovidio per il poeta greco:  "Fiume che scorre vasto giù dal monte, / rive gloriose che le piogge nutrono:  / Pindaro è fuoco smisurato, voce / fluente, fonda" (Odi 4, 2); e accanto alla figura di Agostino, che nella Disputa si gira dall'Eucaristia esposta sull'altare a un giovane che scrive, ecco l'affermazione del Commento al Vangelo di Giovanni:  "Abbiamo creduto per poter conoscere; se infatti avessimo voluto conoscere prima di credere, non saremmo riusciti né a capire né a credere" (27, 9).
Il punto di partenza per Reale è La Scuola d'Atene, in cui lo studioso scorge uno schema analogo - nell'articolazione iconografica - a quello della sua propria (ormai classica) Storia della filosofia antica pubblicata tra il 1975-80 con l'affresco di Raffaello in copertina (ampliata nel 2004 col titolo Storia della filosofia greca e romana, Bompiani). Già nell'introduzione egli infatti insiste "sulle precise interpretazioni delle figure dei filosofi e del significato che esse hanno", respingendo come "fuorviante" l'opinione del critico ottocentesco Heinrich Wolfflin, secondo cui sarebbe sbagliato leggere l'immagine come "un trattato esoterico di idee storiche e filosofiche", ma respinge anche l'ipotesi di un altro storico dell'arte tedesco, Most, che esattamente cento anni dopo Wolfflin - nel 1999 - riteneva che la maggior parte dei personaggi raffigurati sono "figure anonime" con la funzione di "vuote cifre che possono essere riempite con l'identità di ogni spettatore che via via si presenta". In questo caso, ma anche in altre attente letture dei critici, Reale ricalca l'Ego autem respondeo dicendum di san Tommaso, notando che "la tesi non regge" e poi spiegando dettagliatamente perché. Per il nostro, La Scuola d'Atene incarna non solo l'emozione ma anche l'erudizione della riscoperta rinascimentale del pensiero antico; La Disputa riguarda non un "dibattito" intellettuale ma la mistica rivelazione della struttura del reale secondo Platone, Dionigi l'Aeropagita e Pico della Mirandola; e Il Parnaso celebra l'ispirazione poetica come "divino furore" apollineo.
Una curiosità di questo saggio in tre parti è che non parla delle immagini della quarta parete della Stanza, quella verso sud, con tre virtù cardinali nella lunetta (Prudenza, Giustizia e Temperanza), e nelle due zone sottostanti Giustiniano che riceve da Triboniano le Pandette e Gregorio ix che accoglie le Decretali. Assieme alla filosofia, alla teologia e alla poesia, l'altro grande tema raffigurato nell'ambiente è cioè la giurisprudenza, tradizionalmente considerata una componente essenziale della cultura ecclesiastica medievale e rinascimentale. È forse previsto un ulteriore volume a integrazione dei tre già pubblicati? C'è da augurarselo, sia per il piacere di perlustrare con Reale gli affreschi del Sanzio, sia per affrontare la questione, non ancora trattata nei volumi apparsi, del programma globale di questa "stanza" che, prima di servire ai raduni del tribunale noto come la "Segnatura Apostolica", era quasi certamente la biblioteca "segreta" (personale) di Giulio ii. Plausibilmente l'interesse delle singole immagini è correlato a un'idea comprensiva leggibile nell'insieme, come del resto suggeriscono innumerevoli "corrispondenze" formali nelle due composizioni maggiori, La Scuola d'Atene e La Disputa del Sacramento.
Se il professor Reale vorrà accettare la sfida di una lettura dell'insieme, dovrà forse abbandonare una delle fonti recenti che invece qui sembra accettare e approvare:  il saggio di Edgar Morin, Penser l'Europe, pubblicato a Parigi nel 1987 e uscito l'anno seguente in italiano dalla Feltrinelli. Nel passo citato da Reale, emerge la convinzione di una fondamentale contrapposizione tra il pensiero classico riscoperto dal Rinascimento e quello del mondo cristiano. Dice Morin:  "Il cristianesimo che trionfava nell'impero chiuse la "Scuola d'Atene" e impose per secoli la sovranità della teologia su ogni tipo di pensiero".
La realtà storiografica è più sfumata, però, come ha dimostrato Charles Trinkaus nel suo fondamentale studio dell'ispirazione cristiana degli umanisti del Trecento e del Quattrocento, In Our Image and Likeness. Humanity and Divinity in Italian Humanist Thought (Chicago 1970). Tutt'altro che contrapposti, per Bocaccio, Coluccio Salutati e Marsilio Ficino filosofia greca e teologia giudeo-cristiana erano due facce della stessa medaglia, e i grandi pensatori dell'antichità erano già inconsapevolmente orientati verso la veritas christiana. L'idea specifica di uno stretto rapporto tra filosofia, teologia e poesia deriva forse dall'opera scritta tra il 1447 e 1455 dal veneziano Giovanni Caldiera, De concordantia poetarum, philosophorum et theologorum, dove nel primo volume l'autore dimostra che Dio era praecognitu dai filosofi e poeti antichi, e nel secondo espone le arti e le scienze a servizio della Chiesa, sia celeste che pellegrinante - in secondo libro scientiarum omnium et artium praticarum similiter militante set trionfantis Ecclesiae poetice, naturaliter, moraliter et spiritualiter exponemus, dice.
Così la raffigurazione dei filosofi pagani, nella Scuola d'Atene, di rimpetto all'altare, all'Eucaristia e alla Trinità, nella Disputa, suggerisce continuità, più che contrapposizione o contrasto, l'ineludibile movimento di chiunque cerchi la verità verso Colui che è Verità, Gesù Cristo. I due affreschi costituiscono praticamente un'unica grande immagine in cui lo spettatore si muove come lector in fabula. Chi nella Stanza guarda La Scuola d'Atene vede avanzare, dalla profondità di un'aula vastissima ancora in costruzione, figure nobili tra cui sono riconoscibili i maggiori filosofi dell'antichità. L'intera assemblea sembra avanzare verso lo spettatore, un'impressione, questa, generata da poche figure ma rafforzata dall'imponente costruzione prospettica. Nella Disputa invece, dall'altra parte della Stanza, Raffaello ha creato l'impressione opposta:  i personaggi al "piano terra" sembrano allontanarsi dallo spettatore, rivolgendosi all'altare nella profondità dello spazio liturgico definito dall'emiciclo di nubi.
Chi si trova in mezzo alla Stanza ha quindi la sensazione di far parte di un movimento collettivo che inizia nella Scuola d'Atene e termina all'altare della Disputa. La magnifica aula della Scuola ha poi un carattere architettonico specifico:  sembra la navata di una grande chiesa; ha infatti le forme della nuova basilica di San Pietro disegnata dall'amico di Raffaello, Donato Bramante, e iniziata tre anni prima della Stanza, nel 1506. Un visitatore del periodo familiare con la vita della corte pontificia doveva già conoscere il progetto bramantesco, e sarebbe stato perciò capace di identificare lo spazio architettonico della Scuola con la basilica in fieri.
Stando tra i due principali affreschi della Stanza della Segnatura, il visitatore rinascimentale doveva percepirsi nel "transetto", per così dire, dell'erigenda chiesa emblematica della Chiesa universale, lungo la cui navata grandi pensatori del mondo antico avanzano verso l'altare collocato nell'abside definito dalle nubi. Un umanista poteva sentirsi partecipe del millenario "progresso" dello spirito umano:  dal paganesimo greco-romano, attraverso il presente, verso l'eternità di Cristo già intravista, per la fede, nel mirabile segno tenuto davanti all'uomo nella Chiesa, l'Eucaristia.



(©L'Osservatore Romano 7 novembre 2010)
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