Quando Siri solidarizzò con l'arcivescovo di Bologna

Dietro le dimissioni di Lercaro

di ELIANA VERSACE

Nell'autunno del 1967 si stava ormai concretizzando la progettata fusione del quotidiano bolognese "L'Avvenire d'Italia" - gravato da un pesantissimo deficit di bilancio - con il giornale della diocesi milanese "L'Italia", dalla quale sarebbe nato, l'anno seguente, il quotidiano cattolico nazionale "Avvenire", tenacemente voluto dal Papa Paolo VI. In difesa della sopravvivenza de "L'Avvenire d'Italia", proprio in quei giorni, si levò inattesa e sorprendente la voce del cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, esponente della minoranza conciliare ed espressione di quella tendenza ritenuta conservatrice e considerata opposta al cattolicesimo cosiddetto progressista di cui la diocesi di Bologna e "L'Avvenire d'Italia" erano ormai considerati la principale bandiera. Siri invece, in quella circostanza, intervenendo a una riunione del Consiglio d'amministrazione della Conferenza episcopale italiana, si pronunciò sottolineando "la necessità di compiere ogni possibile sacrificio per evitare che un'altra voce cattolica abbia a spegnersi".
Sarebbe tuttavia errato intendere la vicinanza espressa in quell' occasione dall'arcivescovo di Genova al conterraneo Giacomo Lercaro - da quindici anni alla guida della diocesi di Bologna - come indice di una sintonia di vedute sulle vicende della Chiesa cattolica, annullando così le innegabili divergenze d'opinione persistenti tra i due presuli, in campo teologico e, in maniera ancora più evidente, in campo politico. Altrettanto quindi, se non un'ancora maggiore cautela, ci si attenderebbe anche dall'interpretazione dei comprensibili gesti di solidarietà rivolti da Siri all'arcivescovo di Bologna, nel doloroso momento in cui, all'inizio del 1968, Lercaro dovette lasciare la sua sede arcivescovile.
Se, alla luce della copiosa documentazione esistente, è lecito escludere che le dimissioni dell'arcivescovo di Bologna possano in qualche modo essere collegate alla chiusura de "L'Avvenire d'Italia" e alla nascita di "Avvenire" - la più ostinata e caparbia resistenza alla fondazione del quotidiano cattolico nazionale infatti non venne manifestata da Lercaro bensì, contrariamente a quanto si pensa, dal cardinale Giovanni Colombo, successore di Montini alla guida della diocesi di Milano - sembra una lettura impropria anche quella che riconduce la causa della "rimozione" di Lercaro dalla cattedra petroniana, alla pubblica condanna dei bombardamenti americani in Vietnam, pronunciata dal vescovo di Bologna durante la messa dell'1 gennaio del 1968, in occasione della Giornata per la pace, indetta per la prima volta da Paolo VI.
Non convince dunque, anzi suscita molte perplessità, la ricostruzione storica, apparsa sul "Corriere della Sera" del 10 aprile, che sembra anticipare il contenuto della relazione con la quale verrà affrontato il complesso rapporto tra Siri e Lercaro, durante il convegno, incentrato sulla figura del porporato genovese, che si svolgerà nei prossimi giorni all'Istituto Sturzo. Affermare che "a determinare la sostituzione" dell'arcivescovo di Bologna, all'inizio del 1968, "fu la sua forte condanna dei bombardamenti americani in Vietnam", appare un'ipotesi quanto meno ingenua e avventata, rigettata dalle stesse testimonianze di alcuni dei più stretti collaboratori di Lercaro.
E se anche Lyndon B. Johnson, il presidente democratico degli Stati Uniti impegnato allora in una delle fasi più drammatiche del conflitto vietnamita, fosse stato talmente turbato dalla notizia di un'omelia tenuta dall'arcivescovo di Bologna sulla pace - omelia che come è noto a molti testimoni e ad alcuni storici, era stata redatta in larga parte da Giuseppe Dossetti, pro vicario della diocesi bolognese divenuto, in quegli anni, principale collaboratore di Lercaro - tanto da chiedere al Papa una immediata "rimozione" del cardinale, bisogna ricordare che proprio Paolo VI, solo pochi giorni prima, aveva confermato al presidente americano la sua decisa e ferma contrarietà al proseguimento della guerra. "Il nostro dovere - ribadì il Pontefice a Johnson, il 23 dicembre 1967 - è quello di far conoscere al mondo intero le nostre posizioni come quelle di amici della pace e nemici della guerra".
Paolo VI, all'inizio del 1968, accolse quelle dimissioni che, in fedele obbedienza alle nuove disposizioni conciliari, l'arcivescovo di Bologna aveva esemplarmente presentato alla Santa Sede già nell'estate del 1966, giunto al compimento del settantacinquesimo anno di età.
I motivi che indussero il Papa a prendere questa decisione, allo stato attuale dell'indagine storica e archivistica, non sono stati ancora chiariti e questo dunque non consente di giungere a conclusioni frettolose, su una vicenda molto più complessa e articolata. Vicenda che merita invece di essere trattata con doverosa prudenza e quindi al riparo da inopportuni sensazionalismi e da facili, quanto inutili, clamori mediatici.
Va comunque ricordato che il doloroso epilogo dell'esperienza pastorale di Giacomo Lercaro - reso ancora più triste, per tutte le persone coinvolte, da un crescente clima di sospetto alimentato nei mesi successivi in ambienti culturali vicini al cardinale - non intaccò comunque la stima e l'amicizia che Paolo VI continuò a dimostrare sempre, e con il consueto riguardo, all'illustre figura del pastore bolognese, verso il quale Montini si era umilmente dichiarato "debitore degli insegnamenti e degli esempi della sua attività pastorale e della sua coraggiosa carità".



(©L'Osservatore Romano 11-12 aprile 2011)
[Index] [Top] [Home]