Il passato plurimillenario della Giordania in mostra al Quirinale

Ecco la statua più antica del mondo


Dal 23 ottobre al 31 gennaio il Palazzo del Quirinale ospiterà la mostra "Giordania. Crocevia di popoli e di culture". Il consigliere del presidente della Repubblica Italiana per la conservazione del patrimonio artistico ha anticipato a "L'Osservatore Romano" temi e contenuti dell'esposizione.
 

di Louis Godart

In occasione della visita di Stato dei sovrani di Giordania, il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e il re Abdullah ii bin Hussein inaugureranno a Roma, nelle Sale delle Bandiere del Palazzo del Quirinale, una mostra dedicata a un Paese tra i più ricchi di storia del Vicino Oriente. Saranno esposti più di sessanta capolavori risalenti alle varie fasi della storia della Giordania, dal lontano Neolitico fino ai tempi dell'impero ottomano. Il visitatore potrà ammirare opere in grado di illustrare la ricchezza di un Paese che ha attraversato oltre sette millenni di storia e riflettere sullo straordinario intreccio di culture che caratterizza ognuna delle nazioni che oggi compongono il mosaico vicino-orientale.
Per rendere conto della diversità delle culture che hanno arricchito il passato della Giordania, abbiamo scelto alcuni capolavori significativi di ognuno degli strati che le varie civiltà hanno lasciato nel Paese.
Abitato sin dal periodo Paleolitico - come attestano gli utensili da caccia rinvenuti nella valle del Giordano - il Paese conosce un periodo di grande sviluppo nel Neolitico. L'uomo da raccoglitore e cacciatore qual era diventa agricoltore e allevatore. La neonata economia neolitica della Giordania si basa soprattutto sull'allevamento degli ovini e dei caprini e i primi pastori della storia usano anche largamente il cane oramai addomesticato. Nei campi si seminano i primi cereali, soprattutto l'orzo che entra a far parte di tutte le diete degli occupanti della Mezzaluna fertile.
Per illustrare questo periodo abbiamo scelto di esporre una straordinaria statua risalente all'viii millennio prima dell'era cristiana. Di una altezza di 84 centimetri, è la più grande raffigurazione umana mai rinvenuta in un contesto così antico. È formata da uno scheletro fatto di canne e ricoperto di intonaco; presenta un collo lungo, una vita accentuata, braccia piccole; sulle gambe sono tracciate delle linee verticali di colore arancione. Si tratta forse, come in altre rappresentazioni della figura umana risalenti a periodi più recenti rinvenute nell'Egeo, di tracce di tatuaggi. Trentadue statue di questo tipo furono scoperte nel 1983 e nel 1985 sul sito neolitico di 'Ayn Ghazal vicino ad Amman; facevano parte di due gruppi, ognuno dei quali era sistemato in una fossa scavata appositamente per accogliere le statue. È probabile che queste statue avessero una funzione cultuale. Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che rappresentassero gli antenati a giudicare da come erano sepolte. Altri invece hanno pensato alla raffigurazione di figure mitiche legate ai culti della fertilità e al perenne ciclo delle stagioni.
All'inizio del iii millennio, con l'avvento delle civiltà metallifere e l'invenzione del tornio per la fabbricazione dei vasi, nasce in Giordania un artigianato fiorente. Il commercio si sviluppa e appaiono anche i primi mercati legati a vasti insediamenti urbani protetti da mura difensive come quello che la missione archeologica dell'università La Sapienza di Roma sta attualmente riportando alla luce a Khirbet al-Batrawy, vicino alla moderna città di Zarqa. Nella seconda metà del millennio gli Amorriti provenienti dalla penisola araba distruggono molte delle città della zona. Poiché gli antichi miti e le vecchie leggende affondano quasi sempre le loro radici nella storia, molti studiosi hanno collegato in modo convincente le distruzioni ad opera degli Amorriti con il racconto biblico della distruzione di Sodoma e Gomorra.
Alla fine del ii millennio prima dell'era cristiana, Mosè conducendo gli Israeliti verso la Terra Promessa giunse nella pianura di Moab di fronte a Gerico. Dalle alture del monte Nebo il profeta vide la Terra Promessa e morì prima di potervi entrare.
Due reperti sono associati all'Età del Bronzo:  un vaso a forma di uccello con un elemento decorativo che raffigura un serpente e un mirabile scrigno in legno e avorio di fattura egizia da Pella.
È nell'Età del Ferro che sono sorti i primi regni locali giordani:  il regno ammonita a nord con capitale a Rabbat Amon (Amman), il regno moabita al centro con capitale Dibon e il regno edomita a sud con capitale Bozra.
Tra i reperti più interessanti che illustreranno la storia della Giordania nel i millennio, si potranno ammirare alcune statue di rara bellezza. Ne cito soltanto due.
La prima è la statua di un sovrano ammonita rinvenuta nella cittadella di Amman e risalente all'VIII secolo prima dell'era cristiana. Il personaggio è rappresentato in piedi su una base. Porta un copricapo che ricorda la corona egizia atef. La seconda è una straordinaria testa scolpita nel calcare e coronata dal copricapo egizio atef databile a sua volta all'VIII secolo. L'opera proviene dalla cittadella di Amman. È stata interpretata come la raffigurazione del dio Osiride il cui culto fu molto popolare in Giordania ed ebbe grande seguito durante il periodo classico ed ellenistico.
Poi venne Alessandro Magno. Il giovane re macedone, discepolo di Aristotele, voleva portare ai confini del mondo le grandi conquiste spirituali e intellettuali dell'Ellenismo. Nel 333 sconfisse l'imperatore persiano Dario iii nella battaglia di Issos. Nel 330 il Macedone aveva completato la conquista della Persia e il suo impero si estendeva dalla Grecia all'Iran, Giordania compresa. Amman fu ribattezzata da Alessandro Philadelphia. In omaggio ad Alessandro uno dei grandi abitati della Giordania prese il nome di Pella, città natale del Macedone, e divenne uno dei centri ellenistici più importanti del Vicino Oriente tra il 310 e l'80.
Dopo la morte di Alessandro la Giordania entrò a far parte del regno dei Tolomei e le città di Philadelphia, Gadara, Pella, Gerasa conobbero momenti di fioritura senza precedenti.
Nel 198 i Seleucidi sottrassero ai Tolomei la Giordania e imposero un governo dispotico, organizzando anche massacri come quello perpetrato da Antioco iv a Gerusalemme con conseguente proibizione del culto ebraico. I Maccabei si opposero ad Antioco e nell'anno 164, guidati da Giuda Maccabeo, ristabilirono il culto e raggiunsero con Giovanni Ircano l'indipendenza di Israele.
Durante i conflitti tra Israeliani e Seleucidi i Nabatei, un popolo nomade proveniente dalla penisola araba, s'installarono in Giordania e raggiunsero grazie a una straordinaria capacità commerciale l'apice del proprio sviluppo economico. Strapparono Petra agli Edomiti e ne fecero la loro capitale. Avevano in mano il controllo delle rotte carovaniere provenienti dall'India e dalla penisola arabica. Il loro regno si estendeva dal deserto del Negev al Mar Rosso.
Petra fu la loro capitale dal III secolo all'anno 106 dell'era cristiana quando il regno dei Nabatei fu inserito da Traiano nella provincia romana d'Arabia. Il sito è attestato presso gli autori classici e bizantini e viene designato sia sotto la forma greca Petra ("roccia", Diodoro Siculo, Strabone), sia sotto la forma semitica Requem ("multicolore", Flavio Giuseppe, Eusebio di Cesarea, Stefano Bizantio). La presenza dei Nabatei a Petra è formalmente attestata a partire dal 312 prima dell'era cristiana, anno in cui, secondo Diodoro Siculo, il re Antigone condusse contro la città una spedizione militare. Diodoro descrive i Nabatei come una tribù forte di circa 10.000 guerrieri in grado di dominare i nomadi d'Arabia.
I Nabatei avevano già subito processi di acculturazione quando entrarono per la prima volta nella storia. La loro cultura era quella aramaica, come dimostra una loro lettera scritta ad Antigono in caratteri siriaci e in lingua aramaica. L'aramaico poi continuò a essere la loro lingua, a giudicare dalle iscrizioni attestate sulle monete, quando la struttura tribale lasciò il posto a quella monarchica. I nomi propri delle loro iscrizioni suggeriscono che essi furono autentici Arabi ma fortemente influenzati dalla cultura aramaica.
Tra il 64 e il 63 Pompeo Magno conquistò tutta la regione e fondò la provincia romana di Siria alla quale fu annessa la Giordania.
Durante la conquista romana i Nabatei seppero resistere all'invasore. A partire dall'anno 62, Marco Emilio Scauro accettò un versamento di trecento talenti per togliere l'assedio a Petra. Ottenuta la pace i Nabatei conservarono per intero i loro domini e divennero vassalli di Roma. In quanto alleati dei Romani continuarono a prosperare durante tutto il I secolo dell'era cristiana. La loro potenza si estese ben dentro l'Arabia  e  Petra  rimase un emporio cosmopolita. Svolsero anche il ruolo di baluardo tra Roma e le popolazioni beduine  poco  inclini  a  piegarsi  all'Impero.
Dai tempi lontani del Paleolitico, oltre 30.000 anni fa, al Neolitico intorno all'viii millennio, all'Età del Bronzo tra la fine del IV e quella del II millennio, al periodo delle grandi conquiste tanti popoli sono stati attratti dalla Giordania:  gli Ebrei nel XII secolo, gli Assiri, i Babilonesi e i Persiani dalla fine del IX secolo al 539, i Greci con Alessandro Magno nel IV secolo, i Nabatei dal III secolo, i Romani dall'anno 63 prima dell'era cristiana al 395 dell'era cristiana, i Bizantini dal 395 al 629, gli Arabi sin dai tempi di Maometto nel 629, gli Omayyadi, gli Abbasidi e i Selgiuchidi fino al XVI secolo e infine gli Ottomani dal Cinquecento al Novecento. Possiamo dire che la Giordania è stata al centro di tutte le vicissitudini storiche che hanno plasmato il volto del Vicino Oriente.
È quindi un succedersi di tante civiltà che caratterizza la storia del Paese. La mostra, con i suoi oltre sessanta reperti presentati al pubblico, vuole fornire un'antologia delle testimonianze lasciate da queste varie civiltà.
Spesso, come ricorda il presidente della Repubblica Italiana nella prefazione al catalogo, queste civiltà si sono scontrate. Basti ricordare le distruzioni provocate dagli Amorriti, gli scontri tra Bizantini e Arabi presso Kerak, le crociate che hanno visto intere armate sotto le rispettive bandiere della Croce e della Mezzaluna affrontarsi in nome del proprio dio. Tuttavia all'indomani di ogni scontro, le tessere del mosaico giordano si sono ricomposte, facendo del Paese una terra dove soffia lo spirito di tolleranza e dimostrando così che la collaborazione e gli scambi tra popoli che ieri erano nemici riescono sempre a sconfiggere la barbarie.
Non a caso l'Italia contribuisce alla riscoperta del millenario passato della Giordania attraverso la presenza di numerose missioni archeologiche nel Paese. L'università di Roma sta riportando alla luce una città importante del iii millennio prima dell'era cristiana a Khirbet al-Batrawy; il Politecnico di Milano conduce ricerche archeologiche e geofisiche a Tell el-Mashhad ai piedi del monte Nebo; il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino è impegnato a Jerash lavorando al restauro del santuario di Artemide; l'Istituto Superiore per le Tecniche di Conservazione dei Beni Culturali di Trapani indaga il castello romano di Qasr al-Usaykhim; l'università della Sicilia Centrale "Kore" conduce ricerche nel distretto di Nukhul/Nakl a Kerak; l'università di Firenze opera a Petra e si occupa della Petra medievale; l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente scava l'antica Rabbah sull'altopiano centrale della Giordania e l'Istituto Francescano di Archeologia lavora dal 1933 in Giordania. Nel 1933, 1935 e 1937 portò alla luce il Memoriale di Mosè. Tra i lavori intrapresi oggi dall'Istituto Francescano va sottolineato quello condotto a Umm al-Rasas le cui rovine sono state inserite nella lista del Patrimonio dell'Umanità nel 2004.
La figura carismatica di padre Michele Piccirillo, direttore dell'Istituto Francescano fino alla sua morte nel 2008, ha contribuito in modo determinante a sviluppare i rapporti di collaborazione tra archeologi italiani e giordani e la sua personalità è ricordata con rispetto e affetto nel catalogo di una mostra che sottolinea la fraterna collaborazione che l'Italia e la Giordania hanno instaurato in campo culturale.



(©L'Osservatore Romano 12-13 ottobre 2009)
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