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Il cacciatore di manoscritti e i «garden parties»
nel deserto delle gemelle Smith Lewis


 

I più famosi manoscritti biblici sono i grandi codici maiuscoli del IV e V secolo, i testimoni più antichi di tutta la Bibbia greca.
Avventurosa e ricca di colpi di scena è la storia del primo, il Sinaitico (British Library, Add. 43725, siglato S o alef, prima lettera dell'alfabeto ebraico), ennesima riprova che la realtà supera l'immaginazione.
Il codice era conservato nel monastero di Santa Caterina sul Sinai e lì, nel 1844, una quarantina di fogli destinati ad accendere il fuoco furono per caso trovati in una cesta.
A scoprirli fu Konstantin von Tischendorf, un vero cacciatore ed editore di manoscritti biblici, che quindici anni dopo scoprì l'intero codice e dovette adoperarsi in ogni modo per convincere i monaci a cederlo allo zar, protettore del monastero. Copiato su quattro colonne (su due per i libri poetici) nella prima metà del IV secolo, il codice contiene tutta la Bibbia e due testi patristici, la Lettera di Barnaba e il Pastore di Erma. Della stessa epoca è il codice Vaticano (Vaticano greco 1209, siglato B), in Biblioteca Vaticana fin dalla sua fondazione a metà del Quattrocento. Fu trascritto su tre colonne (su due per i libri poetici) con una scrittura sottile e curatissima e conteneva tutta la Bibbia eccetto la Preghiera di Manasse e 1-4 Maccabei, ma è mutilo soprattutto all'inizio e alla fine.
Il codice Sinaitico della Bibbia, alla fine del libro di Ester, ha una nota aggiunta nel VI o VII secolo che dichiara come il testo sia stato collazionato (cioè riscontrato) con un "manoscritto molto antico che è stato corretto dalla mano del santo martire Panfilo" e del quale viene trascritto l'emozionante colophon: "Copiato e corretto sugli Esapla di Origene, da lui stesso corretti. Il confessore Antonino ha eseguito la collazione. Io, Panfilo, ho corretto il volume in prigione".
Al centro scrittorio di Cesarea risalgono infatti, con ogni probabilità, questi due codici, che sono tra i più antichi testimoni contenenti tutta la Scrittura greca. Entrambi del IV secolo, verosimilmente sono in connessione con una richiesta dell'imperatore Costantino al vescovo Eusebio: il Sinaitico - forse inviato al monastero di Santa Caterina sul Sinai al momento della sua fondazione voluta dall'imperatore Giustiniano a metà del VI secolo - e il Vaticano, che è arrivato a Roma al tempo del concilio di Firenze.
Quanto a Tischendorf, non contento dei risultati raggiunti, ebbe l'idea di ricercare altri testimoni del testo neotestamentario proprio nei presunti luoghi d'origine e, dopo peripezie d'ogni tipo che lui stesso narrò in modo avvincente, giunse alla scoperta, che l'avrebbe reso per sempre famoso, nel monastero di Santa Caterina sul Sinai.
Qui tornò per tre volte e finalmente nel 1859 trovò quello che cercava fin dal 1844, quando durante la sua prima visita aveva casualmente salvato una quarantina di fogli d'un manoscritto antichissimo, poi chiamato il codice Sinaitico. "Persi ogni controllo. Nel più profondo del cuore avevo sempre saputo che cosa mi impediva di starmene tranquillo a casa", scrisse subito dopo, riferendo d'aver pianto una volta solo nella sua stanza. "Sempre mi ero detto: giro il mondo nel nome del Signore, per trovare tesori di cui beneficerà la sua Chiesa. Ora lo sapevo per certo, e la verità mi riempiva di religioso timore. Il manoscritto, intero, così com'è ora, rappresenta per gli studiosi e per la Chiesa cristiana un tesoro d'incomparabile valore". Lo studioso arrivò così nel 1862 a stamparne una splendida edizione, preparata con caratteri speciali che riproducevano quelli del manoscritto.
Nella storia del Sinaitico non erano però finiti i colpi di scena. V'intervenne prima un falsario greco (smascherato da Tischendorf in una precedente occasione), Costantino Simonides, che se l'era quindi legata al dito e dichiarò di essere l'autore del codice. Poi la diplomazia russa, che nel 1869 - con ricchi donativi - riuscì a convincere i monaci a privarsene per offrirlo allo zar. E infine, nel 1933, il Governo sovietico, a corto di valuta pregiata, e quello britannico presieduto dal laburista MacDonald, protagonisti di una vendita senza precedenti.
Per centomila sterline (poco più di mezzo milione di dollari), poi coperte da una sottoscrizione pubblica, il codice fu infatti acquistato dal British Museum - ora British Library, di Londra, dov'è conservato - suscitando il commento caustico e invidioso di un settimanale statunitense che sottolineava come il Cremlino avrebbe dovuto essere soddisfatto "per avere scambiato un relitto di "oppio dei popoli" con 510.000 pezzi di ottima valuta cristiana" e Ramsay MacDonald "di aver dimostrato ai suoi amici conservatori che un primo ministro laburista non è poi un barbaro; e i comunisti troveranno efficaci argomenti polemici nello spettacolo di un primo ministro laburista che con una mano acquista una Bibbia del IV secolo e con l'altra riduce i sussidi di disoccupazione ai lavoratori del ventesimo secolo".
Ma forse Tischendorf sarebbe arrivato prima alla sua scoperta se avesse usato con i monaci di Santa Caterina, incuranti dei loro codici ma diffidenti degli europei che se ne mostravano così avidi, quel tatto imparato a fatica dal grande studioso tedesco, ma adoperato con naturalezza qualche decennio dopo da due donne.
Figlie gemelle di un avvocato scozzese ed entrambe rimaste vedove, Agnes Smith Lewis e la sorella Margaret, affascinate dal moltiplicarsi dei ritrovamenti divennero loro stesse orientaliste - non rinunciando però a organizzare garden parties nel deserto - finché nel 1892 scoprirono in un palinsesto del IV secolo la Vetus Syra, cioè la più antica versione siriaca dei vangeli, e tornarono più volte nel monastero per completare il deciframento del codice, detto Siro Sinaitico.
Nell'episodio della samaritana il manoscritto aggiungeva, rispetto al greco, che Gesù era in piedi, suscitando in Agnes una riflessione graziosa e commossa: "Perché Nostro Signore era in piedi? Quando i discepoli lo avevano lasciato, stava seduto sull'orlo del pozzo; e sappiamo che era stanco. In ogni caso, l'orientale intento a insegnare sta normalmente seduto. E il comune orientale non si alzerebbe mai, di sua libera volontà, per cortesia nei confronti di una donna. Può darsi che Nostro Signore si fosse alzato in un impeto d'entusiasmo per le grandi verità che stava dicendo; ma mi è caro pensare che il Suo grande cuore, pieno d'amore anche per i più umili fra gli esseri umani, lo rendesse superiore alle restrizioni proprie della sua razza e del suo tempo, spingendolo a dimostrare nei confronti del nostro sesso... quella cortesia che fra tutti i popoli veramente progrediti è considerata una manifestazione di vera e nobile virilità. L'aver gettato una sia pur debole luce su questo bellissimo episodio del Suo pellegrinaggio fra noi è un privilegio inestimabile, che compensa largamente tutte le fatiche affrontate".

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 06/05/2011)