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La voce del vescovo di Roma


 

Realistico e concreto è il discorso che Benedetto XVI ha rivolto al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Con uno sguardo complessivo al mondo che è difficile riscontrare altrove. Sono così confermate, una volta di più, l'unicità del punto di vista e l'autorevolezza del vescovo di Roma, che ha saputo evocare - certo non attraverso una fredda elencazione burocratica dei punti di crisi - le situazioni umane che stanno a cuore alla Chiesa, davvero esperta in umanità. Dalle sofferenze provocate dalle catastrofi naturali a quelle che sono conseguenza di conflitti nazionali o regionali.
E sarà facile per i responsabili dei diversi organi d'informazione in tutto il mondo - se sapranno essere all'altezza del loro compito - ritrovare nelle parole del Papa un'attenzione molto concreta alle singole situazioni che preoccupano ogni giorno milioni di donne e uomini. Innanzi tutto, quella della Terra Santa, da decenni luogo di scontro e per la quale Benedetto XVI ha ripetuto per l'ennesima volta che l'opzione militare non è una soluzione e che ogni violenza va fermamente condannata. E che non siano belle parole appare evidente dalla menzione delle prossime scadenze elettorali e dal sostegno dichiarato al dialogo tra Israele e Siria.
Analogamente il realismo della Santa Sede, nel panorama mediorientale, è rivolto alla ricostruzione di un Iraq senza discriminazioni e ai negoziati sul programma nucleare iraniano, in Asia all'urgenza di insistere su negoziati e trattative - nelle Filippine, tra Pechino e Taipei, nello Sri Lanka - e, nelle regioni centrali del continente, alla necessità di legislazioni che garantiscano la libertà religiosa. L'Africa dimenticata dall'informazione internazionale è anch'essa ben presente alla diplomazia della Santa Sede, soprattutto per i drammi della povertà e dei rifugiati (in Somalia, Darfur, Repubblica democratica del Congo), ma anche per la crisi nello Zimbabwe e, al contrario, per le nuove speranze che si affacciano in Burundi.
Il desiderio di pace e di superamento della povertà è comune anche all'America Latina, dove drammatici sono i problemi degli emigrati e urgente la lotta contro il traffico di droga e la corruzione, ma molto diffuso il riconoscimento della presenza cattolica; come conferma, tra l'altro, la firma del recente accordo tra Santa Sede e Brasile. Il discorso di Benedetto XVI ha poi ricordato, nell'anno dedicato a san Paolo, le comunità cristiane della Turchia e i negoziati in corso a Cipro; e, infine, le tensioni nella regione caucasica e nella penisola balcanica.
Il realismo della Santa Sede - testimoniato quotidianamente nel mondo dalla presenza e dall'attenzione a ogni essere umano da parte dei cattolici - è finalizzato alla pace. Una pace certo lontana ma che ha tratti ben definiti:  sicurezza e sviluppo sono oggi i nomi della pace. Ecco perché la Santa Sede ha firmato e ratificato la Convenzione sulle munizioni a grappolo; ecco perché la corsa agli armamenti è uno scandalo; ecco perché l'attenzione della Chiesa cattolica nei confronti della crisi finanziaria ed economica è crescente e concreta.
È trascorso un quarantennio dalle encicliche di Paolo vi Populorum progressio e Humanae vitae ma il loro insegnamento a difesa della vita umana - dalla povertà e dalle manipolazioni finalizzate all'ingiustizia - è purtroppo ancora attuale. Per questo, anche se la voce dei cristiani spesso disturba al punto da provocare persecuzioni e intolleranze, il vescovo di Roma parla, e per questo le sue parole sono attese.

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 09/01/2009)