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Inaugurata al Senato italiano la mostra che presenta
il centocinquantesimo anniversario dello Stato unitario e del nostro giornale


Con il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano che inaugura la mostra di Palazzo Giustiniani si avviano verso la conclusione le celebrazioni per i centocinquant’anni dello Stato unitario e del nostro giornale. Una comune, non casuale ricorrenza che trova nell’esposizione documentaria «Stato e Chiesa. Dal Risorgimento ai nostri giorni» una narrazione serrata e che a tratti riesce a essere sorprendentemente inedita grazie ai documenti presentati. Nel pomeriggio di mercoledì 7 marzo, infatti, dopo gli incontri riservati e prima dell’inaugurazione formale nella sala dei Presidenti, il nostro direttore ha accompagnato il presidente Giorgio Napolitano, il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti e il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone nella visita alla mostra allestita in Sala Zuccari. Alla presenza anche dei curatori dell’esposizione, Emilia Campochiaro — responsabile dell’archivio storico del Senato — e il nostro collega Raffaele Alessandrini, la visita è durata molto più a lungo del tempo previsto per l’interesse autentico dimostrato dal presidente della Repubblica. Un interesse sostanziale, del resto, di cui Giorgio Napolitano ha costantemente dato prova in questo anno di celebrazioni, rivelatesi tutt’altro che retoriche. Dopo la visita, hanno preso la parola il presidente del Senato, il nostro direttore e il cardinale segretario di Stato, che ha detto di aver ricevuto da Papa Benedetto xvi «l’incarico di rinnovare i più fervidi voti per la nazione italiana e per coloro che la servono». Presenti, tra le moltissime autorità, anche i vicepresidenti della Camera Emma Bonino e Antonio Leone, i ministri Renato Balduzzi, Lorenzo Ornaghi, Andrea Riccardi e Paola Severino Di Benedetto, Franco Marini e Marcello Pera, già presidenti del Senato, il senatore a vita Emilio Colombo, l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, il segretario generale del Senato, Elisabetta Serafin, la signora Maria Pia Fanfani, il vescovo Giuseppe Sciacca, i monsignori Paul Tighe, Assunto Scotti, Lech Piechota, Roberto Lucchini, Guillermo Karcher, Carlo Maria Polvani, e una folta rappresentanza del nostro giornale con il direttore generale don Sergio Pellini. Un video della cerimonia è sul sito di Radio Radicale (www.radioradicale.it/scheda/347392).
La mostra — che presenta documenti provenienti dagli archivi della Segreteria di Stato, dall’Archivio Segreto Vaticano, dall’Archivio Storico del Senato, dalla Biblioteca del Senato, dall’Archivio Centrale dello Stato e dal nostro archivio — è aperta (con ingresso gratuito) fino al prossimo 17 marzo, data di nascita del Regno d’Italia. Curato da Emilia Campochiaro, Elisabetta Lantero, Diego Zappulli, Raffaele Alessandrini, Francesco M. Valiante e Gianluca Biccini, il catalogo (pagine 110, euro 22) è edito da Rubbettino. In questa pagina pubblichiamo gli interventi del presidente del Senato e del cardinale segretario di Stato, e quello del nostro direttore.

Portata simbolica di una mostra

È un onore per il direttore dell’«Osservatore Romano» prendere la parola in questa occasione così significativa che vuole sottolineare la circostanza, certo non casuale, del comune centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e del quotidiano della Santa Sede. Le celebrazioni che si stanno concludendo hanno mostrato come negli ultimi tempi si sia visibilmente rafforzato nel Paese il sentimento della sua unità, fondato sulla consapevolezza di un’identità italiana profonda che ha preceduto e nutrito l’unificazione politica. Questo rafforzamento del sentimento unitario si colloca nel contesto più ampio della costruzione europea alla quale l’Italia molto ha contribuito. In entrambi i processi i cattolici hanno fatto la loro parte, con un apporto intelligente e appassionato: nel Paese, non senza difficoltà e drammatiche divisioni a causa della questione romana, superata però nei fatti dall’impegno e dall’abnegazione di tante donne e tanti uomini fedeli alla Chiesa e leali cittadini italiani ben prima della Conciliazione; in Europa, grazie a una visione politica lungimirante, in parte preceduta e poi sostenuta con convinzione dal pontefice e dalla Santa Sede già subito dopo il baratro del secondo conflitto mondiale.
Per un secolo e mezzo, che coincide con gli anni dello Stato unitario, «L’Osservatore Romano» — fondato per sostenere le ragioni della verità e della giustizia e per difendere la causa della Chiesa e del papato con fermezza e moderazione in anni difficili e laceranti per la coscienza dei cattolici — ha cercato di tenere fede a queste intenzioni espresse nel primo editoriale, e si può dire che nel complesso vi sia riuscito, informando con onestà. Grazie soprattutto alla sua linea di autonomia, garantita dall’indipendenza della Santa Sede e mantenuta anche nel periodo più buio del secolo scorso, come sottolinearono con riconoscenza in Italia diverse voci laiche nel dibattito all’Assemblea costituente.
Attentissimo all’Italia, il quotidiano ha tuttavia avuto sin dalle sue origini una dimensione internazionale, che si è allargata progressivamente, dalla metà del Novecento, negli anni successivi al concilio Vaticano ii e poi soprattutto negli ultimi tempi. Il giornale vuole continuare a guardare lontano, secondo la sua vocazione cattolica, cioè universale, come ha detto nel luglio scorso Benedetto xvi, con il contributo anche di chi cattolico non è. Così oggi «L’Osservatore Romano» viene diffuso in sette lingue — oltre l’italiano dell’edizione principale — ed è stampato in nove Paesi di tre continenti, certo «con modestia di mezzi» ma sempre «con fraternità di linguaggio e di rapporti», per riprendere le parole scritte nel numero del centenario dal cardinale Giovanni Battista Montini, che due anni dopo sarebbe divenuto Papa con il nome di Paolo VI.
Alcuni momenti di una storia comune sono evocati con efficacia da questa mostra che presenta insieme — e la portata simbolica è evidente — l’unità d’Italia e il giornale della Santa Sede. Grazie dunque a chi l’ha voluta e a chi l’ha realizzata, con una riconoscenza particolare al presidente del Senato per quanto ha deciso, e al presidente del Consiglio dei ministri insieme al cardinale segretario di Stato per il sostegno e la presenza così importanti.
Ma non posso concludere senza esprimere a lei, signor presidente della Repubblica, che con riconosciuta autorevolezza rappresenta e garantisce l’unità del Paese, il ringraziamento più deferente e cordiale per avere voluto onorare questa inaugurazione. E questo dopo essere stato presente poco più di un anno fa, nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, al preludio del centocinquantesimo anniversario dell’«Osservatore Romano», quando venne presentato il libro intitolato Singolarissimo giornale. Che ora singolarissimo è anche per il duplice privilegio che gli ha riservato con generosità il presidente della Repubblica italiana.