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Una ragione per tre popoli


 

La chiave per comprendere il viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa è racchiusa in una parola: pellegrinaggio. Il Papa lo ha detto e ripetuto in questi ultimi giorni, insistendo più volte sull'unica intenzione politica di questo suo importante itinerario, che è quella di contribuire alla pace. E sorvolando la Grecia, nell'incontro con i giornalisti, ha precisato con molta chiarezza che desidera contribuire alla pace non come individuo ma in nome della Chiesa cattolica. La quale non è un potere politico, bensì una forza spirituale. Ma in che modo una forza spirituale può essere in grado di influire su una situazione di persistenti tensioni e conflitti che da oltre sessant'anni grava, intricata e drammatica, su una terra che è santa per i tre grandi monoteismi? Perchè questa forza spirituale è una realtà. Così come la preghiera, la formazione delle coscienze e l'appello alla ragione - i tre aspetti di questa forza spiegati dal vescovo di Roma ai giornalisti - sono strumenti efficaci per cambiare lo stato delle cose. Confidando nella ragione, comune a ogni uomo, e che dunque è la base per il confronto e l'incontro con tutti, come da anni Benedetto XVI va ripetendo con chiarezza e pazienza. E che non si tratti di teorie astratte è emerso con evidenza dal discorso rivolto dal Papa all'aeroporto di Amman, davanti a un sovrano e in un Paese che con i fatti stanno dimostrando come può procedere il cammino comune tra musulmani e cristiani, che in Giordania sono una piccola minoranza (come del resto in quasi tutto il Vicino e Medio Oriente). Pellegrino nei luoghi sacri alla memoria di Mosè e di Giovanni Battista, Benedetto XVI si è rallegrato che vi sia rispettata la libertà religiosa. Essa costituisce infatti un diritto irrinunciabile quanto la dignità di ogni uomo e di ogni donna, dignità che deve essere rispettata ovunque nel mondo. Di fronte ad Abdullah II il Papa ha indicato la via maestra per promuovere i diritti umani: una "alleanza di civiltà" tra mondo occidentale e mondo islamico che possa superare le nefaste dinamiche delle contrapposizioni e dello scontro. In un dialogo che non deve limitarsi a questi due interlocutori, ma estendersi all'ebraismo in un vero e proprio "dialogo trilaterale", come ha auspicato Benedetto XVI di fronte a giornalisti di tutto il mondo. Lo impone la storia comune alle tre religioni monoteiste, lo chiede la ragione. Che è data da Dio a ogni donna e a ogni uomo, senza distinzioni.

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 09/05/2009)