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La memoria dell'umanità


Il discorso di Benedetto XVI alla Curia romana alla fine di un anno segnato da ombre ma anche da luci, s'iscrive senza dubbio tra i più importanti di un pontificato che non smette di sorprendere. E che sempre più si dimostra capace di attrarre l'attenzione e l'interesse non soltanto dei credenti, ma anche di chi non si riconosce in alcuna religione.
Si tratta infatti di un discorso che, inquadrato nei principali avvenimenti trascorsi (i viaggi del vescovo di Roma in Messico e Cuba, a Milano, in Libano, poi il sinodo e l'inizio dell'Anno della fede), si concentra soprattutto su due temi - la famiglia e il dialogo tra le religioni - secondo il metodo tipico di un Papa che vuole parlare a tutti. Andando al cuore delle grandi questioni che riguardano l'essere umano.
Sullo sfondo resta il concilio Vaticano II a cinquant'anni dal suo inizio, "per comprenderlo e assimilarlo" di nuovo in un contesto storico completamente mutato. E questo significa continuare lo sforzo del concilio di capire e avvicinare il mondo contemporaneo per annunciare il Vangelo di Cristo.
La riflessione di Benedetto XVI si appunta così sulla famiglia, "forte e viva" nonostante la crisi che, soprattutto in occidente, "la minaccia fino nelle basi". Un rischio grave perché nega la capacità di legami dell'essere umano e vuole cancellare, tramite la teorizzazione del gender, "le figure fondamentali dell'esistenza umana: il padre, la madre, il figlio". Insomma, un mutamento radicale, che il Papa contesta con pacata ma decisa nettezza richiamando un'importante riflessione di Gilles Bernheim, il gran rabbino di Francia.
Anche nel ricorso al più autorevole esponente dell'ebraismo francese si riconosce un tratto specifico di Benedetto XVI: l'interesse e la volontà di amicizia nei confronti una tradizione religiosa senza la quale il cristianesimo non sarebbe comprensibile. E dalle comuni radici scritturistiche deriva l'insistenza del Papa sulla natura reale dell'essere umano, oggi manipolata a favore di un "uomo in astratto", concezione che finisce per dissolvere la famiglia e fare della prole "un oggetto, a cui si ha diritto". Con una sintesi lapidaria: "Chi difende Dio, difende l'uomo".
Se dunque il ragionamento del Pontefice sulla famiglia è motivato dalla preoccupazione per la realtà dell'essere umano ed è sostenuto dal racconto biblico, un'analoga duplice ispirazione è alla radice del dialogo della Chiesa. Essa infatti "parla a partire da quella luce" che deve annunciare e testimoniare, ma rappresentando al tempo stesso "la memoria dell'umanità": quella memoria dell'essere uomini che vuole resistere "a una civiltà dell'oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misure" ha precisato Benedetto XVI.
Senza ovviamente dimenticare la specificità e l'urgenza dell'annuncio del Vangelo, il Papa estende lo sguardo e si rivolge - come già aveva fatto Paolo VI parlando per la prima volta alle Nazioni unite - anche a "coloro che non riescono a condividere la fede della Chiesa". Che non ha certo soluzioni pronte per le singole questioni, ma deve fare il possibile "per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica". Ribadendo ancora una volta attraverso Benedetto XVI che "il dialogo delle religioni è una condizione necessaria per la pace nel mondo". Nella consapevolezza che si tratta di un cammino comune verso l'unica verità.

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 22/12/2012)