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Il sacerdozio di Benedetto XVI


 

Era dal 1897, durante il lungo pontificato di Leone XIII, che un Papa non celebrava il sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale. E Benedetto XVI lo ha fatto, varcando questo traguardo non abituale, nella festa dei santi Pietro e Paolo - gli apostoli patroni della Roma felix cantata dai pellegrini medievali e poi dalla liturgia - in una splendida giornata d'estate. Proprio come quella del 29 giugno 1951 a Frisinga, quando il venerando cardinale Michael von Faulhaber impose le mani sul capo di Joseph Ratzinger, del fratello maggiore Georg e di altri 42 loro compagni.
Tutti quei giovani, eccetto uno, erano più anziani del ventiquattrenne Joseph: la guerra aveva rallentato il corso dei loro studi nel seminario, trasformato in lazzaretto. E con il Papa, presente il fratello, hanno concelebrato tre dei nuovi sacerdoti di allora: Fritz Zimmermann, Bernhard Schweiger e Rupert Berger, che come i due Ratzinger disse la prima messa a Traunstein l'8 luglio successivo. Altri, per l'età, non sono potuti venire, mentre la maggior parte degli amici di quel giorno vive nella comunione dei santi.
E proprio sull'amicizia - l'amicizia con Dio, l'amicizia cristiana, l'amicizia con ogni persona umana - Benedetto XVI ha modulato la sua omelia, una meditazione profonda sul sacerdozio rivolta a ogni fedele e a chiunque voglia ascoltare. Aprendo il cuore alle parole di un uomo che ha dedicato e dedica ogni giorno della sua vita a scoprire la grandezza dell'amore di Dio e a cercare sempre più la sua amicizia. Per andare avanti, oltre "i confini dell'ambiente in cui viviamo, a portare il Vangelo nel mondo degli altri, affinché pervada il tutto e così il mondo si apra per il Regno di Dio". Il Dio rivelatosi definitivamente in Gesù di Nazaret, che è "amico degli uomini" e vuole dai suoi discepoli un frutto che rimanga: l'amore, che si può seminare nelle anime.
È allora provvidenziale che questo sessantesimo anniversario del sacerdozio di Benedetto XVI, celebrato in modo così impegnativo, cada negli stessi giorni in cui il quotidiano della Santa Sede compie un secolo e mezzo. Indicando al giornale che la strada è quella di "seguire il Dio che si mette in cammino, superando la pigrizia di rimanere adagiati su noi stessi, affinché Egli stesso possa entrare nel mondo".

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 30/06/2011)