Il cardinale Walter Kasper dopo la visita in Israele

I cristiani devono fare da ponte
tra ebrei e musulmani

Gianfranco Grieco


Migliorare in tutte le direzioni i rapporti ecumenici a Gerusalemme:  è stato questo l'intento prioritario del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani che dal 27 ottobre al 2 novembre ha compiuto una visita in Terra santa incontrando autorità politiche e ecclesiastiche; religiosi e religiose impegnati nel campo biblico-teologico universitario; giovani cristiani e musulmani che vivono insieme nell'università di Betlemme. La visita a Gerusalemme è sempre una visita spirituale. Gerusalemme è una città "mistero". Dalla basilica della Natività di Betlemme a quella del santo Sepolcro di Gerusalemme il visitatore si trasforma in pellegrino. Gerusalemme è la "città promessa", ma è anche la città della "confusione" umana. La città santa è piena di ricchezze spirituali, ma anche di conflitti senza fine. La città si porta addosso problemi insolubili, ma, agli occhi del mondo è anche una città che offre grandi speranze.
Ha il volto gioioso il cardinale Kasper, quando, nella nuova sede del dicastero ecumenico in via della Conciliazione 5, rivive il viaggio in Terra Santa appena concluso.

Come è andato l'incontro con il presidente Peres?

L'atmosfera è stata molto positiva. I cristiani, mi ha detto, sono i benvenuti in questo Paese. Se da una parte non si sentono ben accolti, dall'altra essi costituiscono un dato di fatto essenziale. Essi appartengono a questo Paese. La Chiesa è presente qui sin dal primo secolo. I cristiani possono e devono fare da ponte tra noi ebrei e i musulmani.

Come vanno oggi le cose a Gerusalemme? Partiamo dalla Chiesa.

Vanno benino, ma potrebbero andare meglio, come in ogni altra parte del mondo. La comunità cattolica vive e lavora, ma ogni giorno corre un grande rischio:  quello dei cristiani che emigrano. I giovani cristiani palestinesi meglio preparati e formati, emigrano in Europa e negli Stati Uniti. E resta così il vuoto. Noi non vogliamo una Terra Santa "morta"; non vogliamo ammirare "pietre morte", ma "pietre vive"; una Terra Santa aperta, dinamica, libera.
Betlemme era una volta una città a maggioranza cristiana; oggi, purtroppo, i cristiani sono una minoranza. Questa nuova situazione pone anche altri problemi, e tutti seri.

Come sono andati gli incontri ecclesiali?

Le visite al Patriarca di Gerusalemme dei Latini e al seminario patriarcale di Beut Jala, sono state le prime mete del viaggio. All'indomani dall'arrivo mi sono unito alla festa patronale che la Chiesa latina in Terra Santa celebra ogni anno nel santuario di Deir Rafat, dedicato alla "Regina della pace". La Madonna, ho ricordato, è la Madre della fiducia dei cristiani. Sotto la Croce Maria ha acceso nel cuore degli uomini una nuova speranza di vita.

Come ha vissuto l'incontro con i giovani dell'università cattolica di Betlemme?

La presenza di una università cattolica è un grande segno di speranza. Ragazzi cristiani e musulmani vivono molto bene insieme. A loro si aggiungono anche le ragazze musulmane che, in verità, appaiono un po' conformiste. Ma questa convivenza pacifica è un grande segno di speranza per il futuro. Con loro insieme è già presente il domani di pace.

Come sono andati gli incontri con le personalità delle altre Chiese?

Si registra una convergente cooperazione tra le Chiese in Terra Santa. Notevoli sono i progressi. Il clima è amichevole tra cattolici, ortodossi, greco ortodossi, armeni, melchiti, copti, siri ecc.. Si parla molto insieme. Il documento di Ravenna (8-14 ottobre 2007) ha aperto le nuove vie ecumeniche del futuro. Le altre Chiese sono anche grate alla Santa Sede per l'aiuto indiretto che ricevono dall'azione diplomatica diretta verso le autorità dello Stato d'Israele. È cresciuta la fiducia nei riguardi della Chiesa cattolica. Certo, le ferite inferte al corpo di Cristo sono sempre ben visibili e Gerusalemme è la madre che porta nel suo stesso corpo queste ferite. Molti passi in avanti sono stati compiuti in questi ultimi quarant'anni. I rapporti giudeo - cristiani sono stati ben sottolineati sia durante la giornata di studio organizzata dall'Israel Jewish Council for Interreligious Relations sul tema:  "Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana" (questo documento è stato reso noto nel maggio del 2001 e porta anche una "Prefazione" dell'allora cardinale Ratzinger) che durante l'incontro dello Steering Comittee con l'Internationale Jewish Comittee on Interreligious Consultations. È cresciuta la fiducia tra ebrei e cristiani. Dopo questi incontri ci ritroveremo di nuovo insieme a Budapest nel 2008. La discussione seguita a questi due incontri è stata molto interessante. Sono operativi altri gruppi di dialogo tra cristiani ed ebrei in Terra Santa. Il dialogo con i fratelli maggiori deve portare frutti in una duplice direzione:  sul piano della educazione e sul piano della formazione. L'ignoranza è di grande ostacolo. Ragazzi e ragazze israeliani solo conoscendo la storia del cristianesimo possono aprisi al dialogo e al reciproco rispetto.

Come è andata la visita agli Istituti accademici di cultura?

Tutti i Centri culturali cattolici portano anche avanti, molto bene, il dialogo con gli studiosi ebrei. Esegesi biblica, storia, archeologia ed altre scienze legate alla Terra Santa, conducono, indubbiamente, a significativi traguardi.

Come vede il futuro politico di questa terra?

Qualcosa si muove, ma nessuno conosce le vere soluzioni. Chi coltiva la speranza, ultima a morire nel cuore di ogni uomo, non coltiva un ottimismo superficiale. È giunta però l'ora di alleviare i controlli. Il "problema dei visti" resta grave. Spostarsi da Gerusalemme ai Territori palestinesi non è facile. Clero, religiose e seminaristi, per visitare parenti ed amici in Palestina devono sottostare a regole ferree. Il presidente Peres, il rabbino capo e il ministro dell'interno hanno preso a cuore anche la soluzione di questo problema. Il nunzio apostolico monsignor Antonio Franco ha consegnato una "nota" al ministro dell'interno. La promessa è stata quella di prendere a cuore il problema e di dare presto soluzioni positive.



(©L'Osservatore Romano 9 novembre 2007)
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