La «Casa do menor» fondata dal missionario padre Renato Chiera ha bisogno di aiuti, soprattutto di volontari

Dal Brasile un appello all'Europa
dai ragazzi di strada

"La più grande tragedia non è essere poveri; è essere figli di nessuno":  è con questa riflessione, quasi uno slogan operativo, che si può riassumere l'attività, l'obiettivo principale, lo spirito che anima la "Casa do menor", fondata in Brasile, a Rio de Janeiro, da padre Renato Chiera, missionario fidei donum. Una realtà di frontiera, dove ci si "sporca le mani" tutti i giorni, un simbolo nei giorni in cui si celebra l'infanzia missionaria, giorni nei quali si rendono pubbliche le statistiche, dalle quali si ricava che sono cento milioni i ragazzi di strada nel mondo. La "Casa do menor" da oltre vent'anni riscatta bambini e ragazzi altrimenti candidati a delinquenza, droga, prostituzione, morte precoce, attraverso una proposta completa, organica e profonda, tracciando un cammino alternativo a quello che è un fenomeno dalle proporzioni molto estese, lo sterminio dei ragazzi, sacrificati al narcotraffico, alla violenza gratuita, alle regole della strada. La struttura ha chiaramente bisogno di fondi per poter funzionare. A questo fine padre Chiera ha scritto un libro, il cui ricavato si spera possa fornire un contributo finanziario importante. Il libro, "In strada. I bambini non sono problema ma soluzione", edito da Editrice Esperienza Fossano, è però anche una testimonianza preziosa. Si tratta di un viaggio in Europa dove padre Chiera racconta i ragazzi ed il Brasile al Vecchio continente e coglie alcune impressioni sugli Stati che visita, sui loro problemi. "Ho scritto questo libro - dice padre Chiera - per essere la voce di chi non ha voce, voce di chi non è ascoltato o preso sul serio da nessuno perché è solo un bambino, di chi non sa organizzarsi, di chi non ha nessuno cui raccontare la propria sofferenza, di chi è privato di tutto, ridotto a rubare un braccialetto o un cellulare per far tacere la fame, di chi è considerato un bandito, di chi è usato nella prostituzione da persone perbene, di chi è adottato nel narcotraffico anche se ancora piccolo, tanto da diventare dipendente dalla droga ed essere eliminato senza pietà quando "sgarra", di chi è ucciso tutti i giorni con nessuno che esprima sorpresa o indignazione, di chi è una denuncia silenziosa che ci scomoda e di cui non vogliamo prendere atto per continuare a vivere tranquilli".
Sofferenze per la maggior parte causate dagli adulti. "Mai l'umanità - dice ancora padre Chiera - ha trattato così male i suoi figli come adesso:  bambini che soffrono nell'anima la perdita di valori, la mancanza del senso della vita e soprattutto l'assenza di amore". L'amore tante volte frainteso, troppe volte mercificato. Ogni anno, si legge nel libro-dossier, sono più di cinquecentomila i turisti, per la maggior parte europei, di cui settanta-ottantamila italiani, che giungono in Brasile alla ricerca di sesso a buon mercato. Le prime vittime sono le bambine e le ragazze, in particolare povere e di colore, fra i 9 e i 17 anni. Se ne vedono tante nelle superstrade soprattutto del nordest del Paese. Le mamme molte volte favoriscono questo commercio per poter sopravvivere. La miseria, l'illusione di una vita facile, la mancanza di affetto, la violenza famigliare, spiegano questo fenomeno e il suo aumento. A Fortaleza, ad esempio, vivono due milioni e mezzo di abitanti ma soltanto il dieci per cento della popolazione guadagna più di settecento réais (circa duecentotrenta euro), mentre il quarantanove per cento non riesce ad arrivare al salario minimo di duecentotrenta réais (circa novanta euro). Il futuro in queste condizioni è quasi sempre segnato. "Noi abbiamo bisogno di soldi per andare avanti - afferma padre Chiera - ma abbiamo ancora più bisogno di persone che vogliano dare la vita per Dio, ricercandola negli esclusi. Ci chiamano da molte parti ma dobbiamo poter contare su vocazioni solide:  di giovani, di coppie, di pensionati. Sta nascendo una bella realtà:  alcuni nostri ragazzi vogliono consacrarsi. Abbiamo bisogno di volontari a tempi brevi, ma soprattutto di volontari a lungo tempo che vogliano donare non qualcosa ma se stessi. Crediamo con questo di rendere un servizio ai giovani dell'Europa che da questa immersione nella realtà del Brasile e del suo popolo escono senz'altro arricchiti e trasformati. Al ritorno in Europa saranno differenti e continueranno a far crescere il ponte di solidarietà. Il Brasile e il "terzo mondo" possono dare molto all'Europa, che ha bisogno di questa "fecondazione" tra civiltà differenti. Ora c'è anche la possibilità del servizio civile internazionale. La "Casa do menor", i ragazzi di strada, sono un'opportunità per questo "ricevere e dare", dove né il dare né il ricevere sono a senso unico. È questo il senso dei rapporti fra i popoli, le civiltà, le religioni".
Nel libro si parla anche dei rapporti, fecondi, con altri movimenti, altre iniziative di religiosi e religiose cattoliche che cercano di dimostrare a questi ragazzi educati all'odio e al rancore, che esiste un amore persino più grande di quello che credono di aver perso assieme ai loro genitori. "Ho cominciato questo lavoro - ha detto padre Chiera dopo aver incontrato nell'ottobre scorso, durante l'udienza generale, Papa Benedetto XVI - perché io volevo fare catechismo a questi ragazzi. Ma come annunciare che Dio li ama? Ho capito che dovevo essere io l'amore di Dio per loro:  Dio-Amore. Io dovevo essere la presenza silenziosa che li amava. Affinché loro capissero. A un chierichetto, un ragazzo di strada che ho preso, un giorno, nell'abbraccio di pace, gli dico:  "Lo sai che Dio ti ama"? E lui mi guarda e dice:  "Mi ama come te?" "Molto di più", gli dico io, e lui mi abbraccia e mi sorride. L'annuncio che noi facciamo è che loro sono amati da Dio attraverso il nostro amore. Non capiscono altro linguaggio. Questa è la nostra evangelizzazione".
Le opere concrete, comunque, sono molte e articolate. L'obbiettivo generale della "Casa do menor" è "offrire una politica di accoglienza, alla luce del Vangelo, della coscienza critica e dello Statuto del bambino e dell'adolescente, capace di assicurare ai bambini e ai ragazzi l'effettivo esercizio del proprio diritto alla vita, alla salute, all'alimentazione, all'educazione, allo sport, al divertimento, alla professionalizzazione, alla cultura". Nei fatti si tratta di accogliere i ragazzi e offrire loro un punto di riferimento per i minori in difficoltà; dare una famiglia sostitutiva a chi non ha più la possibilità di vivere nella propria; preparare al lavoro attraverso corsi di professionalizzazione; fornire appoggio alle famiglie povere; sopperire alla carenza di assistenza medico-ospedaliera; fornire educazione scolastica; creare officine di lavoro, anche per garantire una rendita. Ma la "Casa" fa sentire la sua voce anche in sedi istituzionali:  partecipa infatti al forum municipale e statale delle organizzazioni non riconosciute e al Consiglio di difesa dei diritti dei minori di Rio de Janeiro. (ma.be.)



(©L'Osservatore Romano 9 gennaio 2008)
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