A colloquio con Cesare Mirabelli presidente della fondazione intitolata all'uomo politico

Un professorino al servizio della gente

"Ricordare i cento anni della nascita di Amintore Fanfani è un fatto che va ben oltre la dimensione meramente ricorrenziale e commemorativa, ma implica una riflessione a tutto campo quanto a significati, discorsi di metodo, di contenuti, di azione culturale e politica; a partire, tra l'altro, da una testimonianza di vita ove, in termini emblematici, risaltano i caratteri di tutta una generazione di cattolici al servizio del bene comune".
A parlare è il Presidente della Fondazione Fanfani Cesare Mirabelli che ha accettato di illustrare brevemente il significato delle celebrazioni centenarie di una delle figure principali, più importanti e longeve del movimento cattolico, della Democrazia Cristiana e, in senso più ampio, della politica italiana del Novecento, a cominciare dagli anni della Costituente. Lo statista toscano - ricordiamo - si era formato nella prima Università Cattolica del Sacro Cuore e faceva parte del gruppo cosiddetto dei "professorini" - La Pira, Lazzati, Dossetti e altri ancora.
Da economista raffinato e sensibile alle istanze sociali - una volta superata la fase giovanile di adesione al corporativismo fascista - Fanfani si era poi naturalmente schierato, e riconosciuto, nelle posizioni cristiano-sociali di Dossetti e La Pira.
"È nota la sua funzione rilevante all'assemblea Costituente - ricorda Mirabelli - ed è risaputo come la parte economica e sociale del dettato costituzionale sia stata frutto della sua elaborazione".
Come del resto è avvenuto per lo stesso capitolo primo della Costituzione repubblicana, se non sbaglio.
"Certamente. E in quel caso Fanfani seppe offrire un saggio delle sue grandi capacità di mediazione" - dice Mirabelli, alludendo evidentemente al comma II ove lo statista aretino seppe mettere d'accordo i sostenitori liberaldemocratici di "una repubblica fondata sulle libertà" con quelli socialcomunisti fautori di una "repubblica fondata sul lavoro".
Possiamo comunque parlare anche negli anni successivi di un Fanfani che vuole, e riesce ad essere protagonista determinante nella definizione delle linee guida della politica della giovane repubblica italiana.
"In lui possiamo riconoscere l'espressione migliore di quell'autonomia responsabile che ha informato i principi di tanto laicato cattolico che per lungo tempo ha contribuito a sviluppare e a promuovere il progresso dell'Italia. Si pensi solo alla riforma agraria, o alla cura dell'istruzione media".
E dunque anche le critiche che taluni muovono, ancora oggi, al politico toscano di aver privilegiato con la sua prassi - tendente all'accentramento - il centro-nord a scapito del sud, sarebbero poco pertinenti?
"A tal proposito ricorderei - dice Mirabelli - il rilevante e mai rinnegato sodalizio culturale con La Pira, l'attenzione costante per "le attese della povera gente", la lotta costruttiva ed efficace alla disoccupazione, l'affezione per la politica intesa come servizio. Fanfani ha avuto, anche per questo, continui riconoscimenti a livello nazionale e anche internazionale. Riconoscimenti che in tutta la politica italiana non hanno avuto uguali. Penso ad esempio al 1965 allorché fu nominato Presidente della ventesima Assemblea generale dell'Onu. E del resto, tornando alla realtà più prossima, stiamo parlando di un uomo che è stato Presidente del Senato per diciassette anni".
Se volessimo quindi isolare un insegnamento utile per il presente dalla lezione fanfaniana, a che cosa potremmo riferirci?
"A diversi aspetti, ma prima di tutto ad un disegno politico legato ad obbiettivi fondanti capaci di attingere alle risorse morali, alla solidarietà che non è mero assistenzialismo, ma attenzione concreta e propositiva ai problemi dei più deboli. Penso inoltre a una lettura meno ancorata a interessi contigenti, ma ad una politica di ampio respiro. Nella lezione fanfaniana, a mio avviso - conclude Mirabelli - troviamo in chiaroscuro molte risposte alle domande odierne che si fondano sulla sacralità della persona, e in definitiva stanno a sottolineare quella necessità di formazione che già fu patrimonio proprio della fiorente stagione della ricostruzione". (r. al.)



(©L'Osservatore Romano 6 febbraio 2008)
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