L'arcivescovo Teissier sulla condanna di un sacerdote cattolico

Un episodio che non scalfisce
i buoni rapporti fra musulmani
e cristiani in Algeria

di Giovanni Zavatta


Dal 28 febbraio 2006 in Algeria esiste una legge che fissa le regole di esercizio dei culti non musulmani e che protegge i luoghi di preghiera e i loro fedeli. Ma nel giugno scorso è entrato in vigore un decreto applicativo della legge che proibisce la pratica religiosa non musulmana al di fuori degli edifici adibiti a tale scopo. Qualche settimana fa, a un sacerdote cattolico, Pierre Wallez, è bastato recitare una preghiera assieme ad altri cristiani, all'aperto, in una località al confine con il Marocco, per essere condannato a un anno di carcere con la condizionale e al pagamento di duecentomila dinari di multa. Un fatto che ha creato apprensione nella comunità cristiana che vive nel Paese africano.
In un'intervista a "L'Osservatore Romano" l'arcivescovo di Algeri, monsignor Henri Teissier, spiega che questo episodio, certamente spiacevole, non può tuttavia cancellare i buoni rapporti consolidati da anni di collaborazione nel campo culturale e sociale.

Monsignor Teissier, come si sono realmente svolti i fatti?

Era il 29 dicembre. Padre Wallez, come già successo in passato, ha fatto visita ad un gruppo di cristiani del Camerun che dal 1999, assieme a migliaia di altri africani sub-sahariani, vivono nella baraccopoli di Maghnia, al confine con il Marocco, in attesa di emigrare verso l'Europa. È venuto spontaneo recitare insieme una preghiera, quattro giorni dopo il Natale. Solo un momento di raccoglimento tra fratelli nella stessa fede, ma una pattuglia della polizia ha notato la scena. Non è stata celebrata alcuna messa. Per questo la condanna, inflitta il 30 gennaio dal tribunale, appare esagerata:  il sacerdote non ha officiato una cerimonia religiosa ma ha semplicemente guidato una preghiera comunitaria.

La ferrea normativa introdotta in Algeria contro il proselitismo è nata soprattutto per porre un freno ai cristiani evangelici accusati dai musulmani di portare avanti una sistematica campagna di conversioni clandestine, specialmente in Cabilia, regione dove l'opposizione politica allo Stato è più forte. Ma ora nel mirino delle autorità sembrano essere entrati anche i cattolici.

La legge è legge e vale per tutti i cristiani. Ma non c'è dubbio che l'obiettivo del governo era quello di bloccare un modo di fare proselitismo aggressivo, porta a porta, ovvero la distribuzione delle bibbie per le strade o le conversioni facili di musulmani attraverso metodi non proprio irreprensibili da un punto di vista pastorale. Non a caso l'ordinanza punisce chiunque inciti, obblighi o utilizzi mezzi persuasivi per spingere un musulmano ad abbracciare un'altra religione. I cattolici, in quanto a comportamenti, non possono essere assimilati, e le autorità algerine lo sanno bene, a questi nuovi gruppi evangelici.

Quanti sono e dove operano i cattolici in Algeria?

Come per i cristiani evangelici è difficile fornire numeri precisi. Siamo una piccola minoranza, qualche migliaio di persone. La comunità cattolica è composta in gran parte da stranieri, molti dei quali migranti provenienti da altre nazioni africane, soprattutto studenti. Non facciamo catechismo, lavoriamo dentro la società, nel campo sociale e culturale. Siamo una Chiesa diaconale, della carità, al servizio dei poveri, dei malati, degli emarginati. Con gli amici musulmani, grazie ai quali ci siamo inseriti, c'è rispetto e stima reciproca, e molti di essi ci danno un aiuto, anche in denaro, per lo svolgimento delle nostre attività pastorali.


C'è chi parla di una nuova ondata di radicalismo islamico in Algeria, testimoniata dalle sempre più numerose affiliazioni ai gruppi più estremisti. Esiste il rischio che la comunità cristiana rimanga vittima delle violenze dei fondamentalisti?

Innanzitutto non bisogna confondere il terrorismo o il fondamentalismo con l'Islam. La situazione è totalmente diversa rispetto agli anni Novanta, quando il Paese venne sconvolto dalla guerra civile. Furono anni, quelli, di repressione, di censura dell'informazione, di arresti di natura politica. In particolare fra il 1994 e il 1996 gli estremisti si resero responsabili di attentati terroristici, in gran parte indirizzati contro gli stessi algerini, che costarono la vita a molti sacerdoti e suore cattolici. Oggi, grazie anche alla maggiore stabilità politica, si può parlare di un faticoso cammino di pace che prosegue. Comunque, è sbagliato dire che i cattolici sono nel mirino. L'introduzione di misure di controllo riguardanti l'esercizio delle pratiche di culto non musulmano non significa che ai cristiani sia stata proibita la professione della loro fede nei luoghi autorizzati.

Esiste in Algeria un vero dialogo interreligioso?

Esistono esempi consolidati di incontro, collaborazione, amicizia, sia nella vita quotidiana sia a livello accademico. I cattolici sono inseriti stabilmente nella realtà sociale e culturale algerina e questa è già una forma di dialogo fra persone di religioni differenti. Ma musulmani e cristiani devono lavorare di più insieme:  solo così acquisteranno reciproca fiducia, solo così potranno essere fratelli e affrontare un percorso in comune.



(©L'Osservatore Romano 14 febbraio 2008)
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