A colloquio con il vescovo Michele Pennisi

In Sicilia
porte aperte all'ecumenismo


di Francesco Ricupero

"Lasciamo le porte aperte all'unità", è lo slogan del vescovo di Piazza Armerina, monsignor Michele Pennisi, da alcuni anni impegnato con la sua diocesi a favorire e a intensificare le relazioni ecumeniche con le altre religioni presenti in Sicilia e, in particolare, nel comprensorio di Piazza Armerina.

Da pochi giorni si è conclusa la "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani", in che modo la Sua diocesi ha partecipato a questo appuntamento?

È stata una settimana intensa e caratterizzata dalla preghiera di tutta la comunità diocesana, in sintonia con il pensiero espresso dal Santo Padre in più occasioni riguardo all'ecumenismo spirituale come forma privilegiata per il dialogo ecumenico. La settimana in tutta la diocesi di Piazza Armerina è stata contrassegnata da numerosi incontri di preghiera tra i fedeli appartenenti alle diverse Chiese:  cattolica, evangelica internazionale, evangelica apostolica e avventista. Confrontarsi e dialogare con le altre religioni presenti nella diocesi è molto importante e indispensabile perché serve soprattutto a snellire quel clima di polemica e di concorrenza che esisteva fino a qualche anno fa. Da un po' di tempo, stiamo compiendo enormi passi dal punto di vista relazionale e ciò ha creato un'atmosfera di serena e pacifica convivenza e di preghiera comune.

Le relazioni ecumeniche sono sfociate anche nel dialogo teologico o c'è ancora molta strada da percorrere?

Sinceramente, il dialogo teologico al momento non esiste, ma l'ecumenismo spirituale e di amicizia va bene. I rapporti con gli evangelici sono buoni e c'è spirito di collaborazione. Nel corso della "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani", il tema sviluppato durante gli appuntamenti ai quali hanno partecipato numerosi fedeli e religiosi è stato:  "Pregate continuamente". Vi sono stati intensi momenti di preghiera e di riflessione comune e individuale. Una preghiera levata ad una sola voce all'unico Dio e Padre.

Ha incontrato ostilità a interagire con le comunità di altre religioni?

Assolutamente no, anzi proprio il giorno in cui un istituto del padovano decideva di non invitare il vescovo di Padova, impegnato in visita pastorale nelle scuole, spiegando che si trattava della "visita del rappresentante di una confessione religiosa, a salvaguardia del credo di ciascuno" io sono stato accolto dalla comunità Valdese di Riesi, senza nessun pregiudizio. È stato un incontro cordiale che, mi auguro, darà i suoi frutti. Il dialogo tra le religioni è fondamentale. Devo sottolineare anche gli echi positivi giunti dal Segretariato per le attività ecumeniche. In un messaggio inviato alla diocesi si legge:  "Ci sentiamo soddisfatti per gli intensi momenti che abbiamo vissuto insieme quest'anno, rimane sempre aperto l'invito a tutti i fedeli, ma soprattutto ai sacerdoti e ai pastori, affinché siano, per il loro ruolo di guide, i primi a credere e a sostenere questi percorsi verso l'unità in risposta alla preghiera di Gesù al Padre "Che tutti siano uno affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato!". Questo messaggio ci dà la forza ad andare avanti e a intraprendere nuove relazioni. Anche dalla Chiesa evangelica internazionale ci è giunto un invito a condividere, oltre alla preghiera comune, momenti di fraternità operosa a servizio del Signore nei fratelli".

Vi sono gli stessi rapporti di collaborazione con cattolici ortodossi e musulmani?

A dire il vero, vi è uno scambio interculturale con i cristiano ortodossi. In Sicilia, la presenza dei romeni è significativa e spesso i loro sacerdoti ci chiedono in prestito i locali parrocchiali per svolgere le funzioni religiose. Insieme a loro vengono organizzati diverse attività caritative e incontri di preghiera. Differenti, invece, i rapporti con la comunità musulmana. Con loro ci siamo limitati soltanto a pregare insieme per alcune vittime di un naufragio avvenuto l'anno scorso nel mare di Gela. Quel giorno i corpi dei naufraghi furono seppelliti nel cimitero cristiano:  un gesto di fratellanza e di apertura al dialogo.



(©L'Osservatore Romano 18-19 febbraio 2008)
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