La missione della Chiesa in Thailandia in un'intervista al presidente dei vescovi in visita «ad limina»

Necessario il dialogo
con la cultura buddista


di Nicola Gori

Un piccolo fermento in un Paese a larga maggioranza buddista. Un ponte e una mano tesa nel campo della promozione del dialogo tra le religioni. È il ruolo fondamentale svolto dalla Chiesa in Thailandia come delineato da monsignor George Yod Phimphisan, vescovo di Udon Thani e presidente della Conferenza episcopale, in un'intervista al nostro giornale, in occasione della visita ad limina Apostolorum.

Qual è il ruolo della Chiesa cattolica nel dialogo tra le religioni nel Paese?

Il dialogo tra le religioni costituisce una parte molto importante della vita quotidiana della Chiesa in Thailandia. Si tratta di un aspetto della missione che si è andato affermando soprattutto dopo il Concilio Vaticano II.
In Thailandia poi si vive una condizione particolare, dal momento che il re è il capo e il garante di tutte le religioni nel Paese. Dunque la libertà di religione è un diritto garantito dal governo per tutte le Chiese e per tutte le Confessioni. In un simile contesto è chiaro che il dialogo tra le religioni assume una veste importante nel tessuto sociale e trova ampia diffusione sia a livello nazionale, sia a livello di singole comunità locali. Per le relazioni ufficiali responsabile è il cardinale Michael Michai Kitbunchu, arcivescovo di Bangkok. Una svolta nei rapporti con gli altri fedeli presenti in Thailandia, e in particolare con il buddismo, si è avuta dopo la visita pastorale di Giovanni Paolo II, svoltasi il 10 e l'11 maggio del 1984. Da allora le nostre relazioni con i fratelli e le sorelle buddisti sono diventate eccellenti, in particolare per quanto riguarda i contatti ai vertici.

Nella società thailandese quale ruolo interpreta la Chiesa?

La Chiesa svolge un ruolo molto importante soprattutto nell'ambito dell'educazione. Noi cattolici siamo meno dell'1% della popolazione che ammonta a 66 milioni di abitanti. Le scuole cattoliche, più di trecento, esercitano tuttavia un'influenza molto importante sugli studenti. Un dato estremamente rilevante se si pensa che in molte di queste nostre scuole la maggioranza degli studenti è buddista. Dal punto di vista pastorale la presenza di questi giovani non cristiani ci consente di diffondere l'etica e la morale cattoliche a una larga parte delle nuove generazioni thailandesi che frequentano le nostre scuole.

Qual è l'atteggiamento della Chiesa locale davanti all'ignobile problema dello sfruttamento della prostituzione e dei minori?

Come detto, cerchiamo innanzitutto di diffondere i principi dell'etica e della morale cattolica attraverso le nostre opere educatrici, rivolgendoci soprattutto proprio ai minori, anche non cattolici. E questo è già un qualcosa che riteniamo importante. È chiaro però che siamo consapevoli di dover affrontare questi problemi alla radice. Oggi come oggi cerchiamo di raggiungere l'obiettivo attraverso la promozione di una serie di programmi di sviluppo sociale nelle nostre diocesi e arcidiocesi. Cerchiamo di diffondere questi programmi anche nei villaggi per aiutare la gente a crescere e a svilupparsi senza il bisogno di mandare i figli a cercare fortuna - o comunque la possibilità di sopravvivenza - nelle grandi città, dove nella stragrande maggioranza dei casi finiscono invece nella rete della prostituzione e dello sfruttamento.

Nell'ottobre 2006 si è svolto in Thailandia il primo congresso missionario asiatico. Quali contributi ha offerto l'annuncio del Vangelo al vostro Paese?

Gli effetti positivi del congresso missionario asiatico si evidenziano a tutti i livelli. C'è stata una grande partecipazione. Soprattutto nel periodo in cui bisognava preparare l'evento si è registrata una entusiasmante partecipazione a tutti i livelli, sia nelle diocesi, sia in tutto il contesto ecclesiale nazionale. I nostri fedeli sono rimasti impressionati dall'impatto che la Chiesa ha avuto sul continente asiatico in quel particolare momento. Lo scambio di opinioni e di testimonianze avvenuto nel corso del congresso ha certamente suscitato un'impressione che resterà a lungo nel cuore dei cattolici thailandesi. Soprattutto ha suscitato una serie di iniziative partite proprio dalla base. Un ulteriore impulso lo aspettiamo in vista del nuovo appuntamento a livello nazionale fissato per il prossimo 2010.
Sempre sulla scia del fervore suscitato dal congresso missionario abbiamo potuto dedicare, come Chiesa in Thailandia, gli anni compresi tra il 2007 e il 2010 alla Parola di Dio. In questo periodo infatti si svolgono in tutte le diocesi incontri di approfondimento e celebrazioni dedicate proprio alla Parola. Inoltre, a livello diocesano si stanno elaborando numerosi programmi e verifiche in vista della celebrazione del Sinodo dei vescovi dell'ottobre 2008.

Come è considerata la Chiesa cattolica dalla maggioranza buddista?

In passato la Chiesa cattolica era considerata una religione straniera; nel Paese infatti la cultura è legata alla religione buddista. Noi, nell'intento di arrivare ad una certa forma di inculturazione del Vangelo, abbiamo cercato di avvicinarci il più possibile a molte pratiche culturali thailandesi, ma i buddisti hanno considerato questo comportamento alla stregua di un'appropriazione indebita.

Qual è attualmente la situazione delle vocazioni?

Dio ci benedice ancora con numerose vocazioni, sebbene in alcune aree ce ne siano di meno. In generale, la situazione è buona. Buona parte del successo lo dobbiamo all'impegno dei "Serra groups", molto attivi in Thailandia nel promuovere proprio le vocazioni al sacerdozio.

A che livello i laici sono impegnati nell'evangelizzazione?

Da circa dieci anni i laici sono impegnati sempre più nell'evangelizzazione. Di fatto, fra gli otto martiri della Thailandia beatificati alcuni anni fa, c'era anche un catechista. Per grazia di Dio, sempre più laici si impegnano nelle varie comunità ecclesiali in gruppi di evangelizzazione, come la Legione di Maria, la Società di San Vincenzo de' Paoli, Focolarini, e altri. Molti di questi laici sono ex seminaristi.



(©L'Osservatore Romano 16 maggio 2008)
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