A colloquio con monsignor Paulinus Costa,
presidente della Conferenza episcopale del Bangladesh

I poveri e il dialogo ecumenico
due obiettivi per una testimonianza

di Nicola Gori

L'auspicio più grande che conservano nel cuore e che manifesteranno al Papa è che egli possa un giorno far dono, alla piccola comunità cattolica del Bangladesh, di una sua visita. "Potrebbe schiudere un nuovo orizzonte - dice monsignor Paulinus Costa, arcivescovo di Dhaka e presidente della Conferenza episcopale del Bangladesh - alle persone di tutte le religioni presenti nel nostro Paese e arricchire la nostra testimonianza".
Una testimonianza che oggi si concretizza principalmente lungo due direttrici:  l'opzione preferenziale per i poveri e il laboratorio del dialogo interreligioso, fondamentale in una società a larga maggioranza musulmana. Nonostante rappresenti una minoranza nel Paese, la comunità cattolica del Bangladesh si è conquistata un posto particolare nel cuore della comunità. Ne abbiamo parlato con l'arcivescovo Costa nell'intervista rilasciata al nostro giornale.

Cosa significa per i cattolici del Bangladesh dover testimoniare la propria fede in un  Paese  a  larga  maggioranza  musulmana?

Significa innanzitutto portare l'amore di Cristo laddove ce ne è più bisogno e farlo conoscere ai bisognosi. Il Bangladesh è uno Stato a maggioranza musulmana, ma il popolo generalmente è tollerante. Proclamiamo il Vangelo e, allo stesso tempo, cerchiamo di tradurlo concretamente offrendo una speranza ai poveri e agli emarginati, ai membri delle tribù e agli Adibashi, ai bambini e alle donne. Li aiutiamo mettendo a loro disposizione scuole e centri medici ma anche rendendoli consapevoli dei loro diritti.

Certamente avrete iniziato con i musulmani un dialogo anche dal punto di vista religioso. Quali sono le maggiori difficoltà incontrate?

Il dialogo interreligioso è cominciato in Bangladesh più di trenta anni fa. La Chiesa locale lo ha incoraggiato dall'inizio proponendone forme diverse per renderlo più incisivo. Per esempio il dialogo della vita:  le persone lottano per vivere, e dunque devono farlo con uno spirito aperto e cordiale, condividendo gioie e dolori, problemi e preoccupazioni; c'è poi il dialogo di azione, in cui i cristiani e altri collaborano allo sviluppo integrale e alla liberazione delle persone; quindi il dialogo a livello di scambio teologico, nel quale degli esperti cercano di approfondire la loro comprensione delle rispettive eredità religiose e di apprezzare ognuno i valori spirituali dell'altro.
Certo, difficoltà ce ne sono. Per esempio in Bangladesh gli analfabeti sono più del 60% della popolazione, quindi instaurare un dialogo con loro è molto difficile. Poi dobbiamo fare i conti con i fondamentalisti che, affatto disponibili al dialogo tra religioni, con i loro insegnamenti influenzano la gente comune per ostacolarlo. Persone senza scrupoli traggono vantaggio nel vessare persone innocenti.

La povertà è una realtà grandemente diffusa tra la popolazione. Cosa fa la Chiesa per aiutare i bisognosi?

La Chiesa va incontro ai bisogni dei poveri mediante la "Caritas Bangladesh" e altre organizzazioni sociali. Offriamo istruzione gratuita ed educazione sanitaria. Cerchiamo di aiutare i poveri a essere indipendenti. Offriamo istruzione gratuita ai bambini di strada. Esistono anche scuole per il commercio e scuole tecniche gestite dalla Chiesa dove i poveri ricevono una formazione vocazionale.

La presenza, molto apprezzata, della Chiesa nel sociale e nella sanità è colta come occasione per evangelizzare?

In molti casi ci facciamo conoscere a persone di altre religioni proprio mediante i programmi di assistenza sanitaria (prevenzione della malaria in remote aree montane, ospedali oftalmici per poveri e indigenti, lebbrosari e ospedali in varie aree). Spesso offriamo gratuitamente medicine e assistenza ai poveri indipendentemente dalla loro casta e dalla loro religione. Il Bangladesh viene spesso colpito da calamità naturali e la Chiesa locale cerca di intervenire per portare soccorso. Chi beneficia di questi servizi viene anche a contatto con i valori cristiani ed evangelici.

I cattolici del Bangladesh stanno sperimentando un'emigrazione a causa della quale diminuisce la loro presenza nel Paese. Quali le cause più profonde e come affiancare i fedeli in questo momento di difficoltà?

Penso che nessuno possa fermare le migrazioni nell'attuale situazione mondiale. Tra le cause principali ci sono globalizzazione e progresso tecnologico. Laddove non è possibile stare al passo con i tempi, le persone si spostano alla ricerca di un difficile inserimento nel processo di sviluppo. Il Bangladesh è un paese povero. Non abbiamo sufficienti possibilità occupazionali né strutture educative. Inoltre, in questo Paese c'è molta discriminazione. I cattolici occupano difficilmente posti statali. Quindi, se hanno l'opportunità di emigrare i cattolici lo fanno.
Per venire incontro alle necessità di quanti vedono l'emigrazione come unica via d'uscita, la Chiesa cerca di creare opportunità di lavoro e di formazione. Non abbandoniamo nemmeno quelli che sono emigrati in altri Paesi e cerchiamo di seguirli e assisterli spiritualmente. Di buono c'è che a loro volta, i cristiani emigrati cercano di aiutare la Chiesa in Bangladesh.

La pratica religiosa nelle famiglie è molto alta. Qual è il ruolo dei laici nell'animazione parrocchiale e liturgica?

In generale i laici sono impegnati e consapevoli del proprio ruolo di animazione della vita parrocchiale e della liturgia. Rafforzati da una intensa vita spirituale e contando su una salda preparazione, i laici cercano di offrire una testimonianza convinta della loro fede in tutti i contesti della società. Sono molto devoti e partecipano alla liturgia, in particolare alla messa domenicale. Prendono attivamente parte ai canti liturgici, alle letture durante la liturgia, alle novene, alle feste parrocchiali e ad altre celebrazioni liturgiche. In quasi tutte le parrocchie sono sorti i consigli pastorali e sono presenti la Legione di Maria, la Società di san Vincenzo de' Paoli che operano con e per i poveri e gli emarginati. Molti laici sono impegnati nel "Serra International" per sostenere le vocazioni e per fare da ponte fra il clero e il laicato. Esiste anche un comitato chiamato "Giustizia e Pace" che opera per i diritti umani, per promuovere la pace e la giustizia nella società. Molti volontari insegnano il catechismo ai bambini e sono impegnati nello Ycs (Young Christian Student Movement), nello Bcsm (Bangladesh Catholic Students' Movement) per sviluppare negli studenti la consapevolezza del loro ruolo e delle loro responsabilità verso la società, la Chiesa e la nazione. I laici contribuiscono anche materialmente ed economicamente alle parrocchie.

L'aumento delle vocazioni è un segno positivo per la Chiesa locale. Quali programmi e progetti di formazione avete?

In collaborazione con alcune congregazioni maschili e femminili, organizziamo programmi dal tema "Come and see", un corso di formazione cristiana, campagne vocazionali e la "Vocation fair". Abbiamo anche programmi per sensibilizzare i genitori. Li invitiamo a visitare i seminari e le case di formazione e a soggiornarvi per due o tre giorni per fare esperienza di formazione religiosa e sacerdotale. Molte famiglie cercano anche di contribuire economicamente al sostentamento del seminario.

Quali sono le attese dei vescovi legate all'incontro con Benedetto XVI?

La visita "ad limina" ci offre l'opportunità di incontrare Benedetto XVI di parlargli delle gioie e delle preoccupazioni della Chiesa locale e del Paese in generale e di ascoltare le sue gioie e le sue preoccupazioni per la Chiesa universale così come per la nostra Chiesa locale e il nostro Paese. Conoscere il Papa personalmente è per i vescovi del Bangladesh una grande gioia.
In questi colloqui desideriamo evidenziare alcune inquietudini che richiedono da parte nostra una rinnovata sollecitudine pastorale. Parleremo della religiosità semplice dei nostri fedeli e del popolo del Bangladesh in generale, della dedizione dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, della generosità dei giovani verso la vocazione alla vita sacerdotale e religiosa. Parleremo anche dell'evangelizzazione nei gruppi tribali e aborigeni che sono molto vicini alla Chiesa e molto importanti per la comunità ecclesiale locale. Riferiremo al Papa i nuovi sviluppi nella Chiesa relativamente al dialogo e al rinnovato buon rapporto con l'islam, avviato da Benedetto XVI stesso e accolto da importanti studiosi e responsabili musulmani, e rifletteremo sugli importanti servizi che offriamo nei campi dell'educazione e delle opere caritative.
Notevole importanza annettiamo anche agli incontri con i responsabili di vari dicasteri vaticani. Sarà per noi comunque un appuntamento molto fruttuoso.



(©L'Osservatore Romano 12 giugno 2008)
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