Intervista al nunzio apostolico

A Damasco si conosce il vero Paolo


Camminare sulle orme di san Paolo ci dà l'opportunità di vivere l'esperienza della fede cristiana, di scoprire nuovamente la Chiesa, di trovare le culture nel contesto della conversione di Saulo, di apprendere nuovi orizzonti di dialogo. Un itinerario di questa natura passa necessariamente per Damasco, come spiega il nunzio apostolico in Siria, l'arcivescovo Giovanni Battista Morandini in questa intervista concessa a "L'Osservatore Romano" e alla Radio Vaticana.

Qual è l'importanza dell'Anno paolino per la Siria?

Direi che è scontato che quando si parla di Paolo automaticamente si parla di Damasco, perché segna il luogo e il momento nel quale Saulo, per la grazia di Dio, diventa Paolo. Lo diventa a Damasco colpito da questo Cristo che dice:  "Perché mi perseguiti? Sono io chi tu cerchi". Direi che proprio Damasco è essenziale per la storia stessa della nostra Chiesa:  le due colonne della Chiesa sono Pietro e Paolo. Paolo riceve la conversione direttamente da Cristo, quando lui va in estasi; senza avere vissuto con Cristo, diventa uno fra i più importanti degli apostoli. E direi che l'importanza dell'Anno paolino per la Siria è anche sul piano proprio culturale. Mi piace molto questo segno dei tempi, cioè, vedere che quest'anno Damasco è la capitale della cultura araba. Bisogna trovare la ricchezza grandiosa di Paolo combinata con l'ecumenismo, perché lui è l'apostolo delle Genti. Damasco è la città dove si è realizzato quel mistero di risto che è diventato poi la Chiesa di Roma, una, santa, cattolica e apostolica.

Che impatto ha l'Anno paolino sul dialogo tra le religioni in Siria?

Non lo vedo ancora. Cioè, lo vedo in termini tecnici, se si vuol dire così. Poi in termini reali è diverso:  c'è una ricerca direi non di fondo, però c'è questa comunione tra le Chiese. Qui siamo cattolici - sei Chiese - e ci sono gli ortodossi:  greco-ortodossi, siro-ortodossi. Quindi è un dialogo non a distanza ma direi che forse si dovrebbe spingerlo un po' più in là. Adesso stiamo cominciando l'Anno di Paolo, quindi anche sul piano ecumenico c'è una ricerca comune, una volontà che speriamo diventi sempre più profonda.

In Siria osserviamo la tolleranza tra le diverse religioni; sembrerebbe che proprio il sigillo paolino si vede un po' dappertutto...

La cultura siriana è una cultura millenaria sulla quale si innesta un po' della cultura cristiana di Paolo. Come l'ha definita il Santo Padre, la Siria è la culla delle religioni e delle culture, e mi pare che qui s'incentra l'Anno paolino come ha voluto il Papa:  conoscere sempre di più il vero Paolo con accanto poi lo sforzo ecumenico. La cultura mussulmana e cristiana sono state il fondamento di quello che si vive oggi; qui veramente si può vivere - parlo di religioni, non di fede -, in armonia e in serenità.

Vorrebbe accennare ad altre spinte dall'Anno paolino?

Credo che l'Anno paolino sia stato una grande intuizione. Per me ci sono già frutti che erano impossibili da immaginare solo quattro o cinque mesi fa. Ci sono segni della Provvidenza che sta aprendo cammini che a noi spetta di proteggere.



(©L'Osservatore Romano 3 agosto 2008)
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