A colloquio con la direttrice dell'Indonesian Conference on Religion and Peace

Il ruolo delle donne
per la pace e la tolleranza


di Alessandro Trentin

Uno degli aspetti forse meno noti del dialogo interreligioso è il ruolo significativo che le donne, in tanti Paesi, hanno nel processo di sviluppo delle relazioni che legano le diverse comunità. Tra le nazioni, dove è più avanzata la fase del confronto tra culture e fedi diverse, c'è l'Indonesia, spesso, in tal senso, presa come modello positivo anche per altre zone del mondo. Il sistema sociale eretto sui cinque principi (Pancasila) che ispirano la legge fondamentale e su una Costituzione, che garantiscono la libertà religiosa, offre infatti l'opportunità a cristiani e musulmani di vivere pacificamente, anche se qualche germe di estremismo negli ultimi tempi fa emergere delle preoccupazioni. Della religione e del contributo delle donne nel dialogo, concretamente portato avanti con varie iniziative, ma anche degli aspetti sociali e politici, ha parlato in un'intervista al nostro giornale, Siti Musdah Mulia, musulmana, che dirige la Indonesian Conference on Religion and Peace (un'organizzazione composta da diversi organismi religiosi che lavorano per il confronto, la giustizia e la pace) e insegna Diritto nella principale università dell'islam in Indonesia, la Islam Syarief Hidayahullah a Giacarta. La donna, che ha un rapporto consolidato con la comunità cristiana locale e internazionale ha partecipato, tra l'altro, come relatrice a un incontro interreligioso sul tema "Unità e pace nella diversità" svoltosi all'università cattolica Atma Jaya, nella capitale, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio per i suoi quarant'anni di attività.

Ci può fare un breve quadro introduttivo della situazione religiosa e sociale nel suo Paese ?

L'Indonesia non è un Paese secolarizzato, ma non è allo stesso tempo fondato sulla religione. Nonostante la maggioranza dei cittadini appartenga alla fede islamica, l'Indonesia non è uno Stato islamico. Al contrario è fondato sui principi della filosofia Pancasila. In senso costituzionale, esiste la tutela dei diritti alla libertà religiosa, espressa chiaramente e in maniera inequivocabile nella legge fondamentale del 1945 all'articolo 29. L'Indonesia è quindi un Paese fondato sui principi e sulla Costituzione che garantiscono la presenza e la libertà di tutti gli appartenenti a fedi diverse. Il Governo non può violare ciò che è stabilito dai principi e dalla Costituzione, nella formulazioni di leggi e ordinamenti, in particolar modo per quanto riguarda l'aspetto religioso.

C'è qualche altro elemento caratterizzante la realtà indonesiana?

Anche il fattore culturale è molto importante. Musulmani e cristiani in Indonesia possono vivere uno accanto all'altro perché la cultura che hanno assorbito e con cui sono cresciuti nella società fin dai primi tempi, è stata una cultura della tolleranza e dell'amore per la pace. La società islamica indonesiana è da secoli abituata alla "diversità" e per questo è diversa dalla società islamica araba, perché in quest'ultima gli appartenenti non hanno fatto esperienza di vita comune con altri fedeli di altre religioni. Così, anche la comunità cristiana in Indonesia ha beneficiato di questa situazione di multiculturalità che ha permesso lo sviluppo di buone relazioni. Ecco perché cristiani e musulmani nel mio Paese hanno la capacità di vivere insieme in accordo, in pace e in armonia.

Tale quadro armonico identifica dunque l'Indonesia come modello di dialogo tra fedi anche per altri Paesi. Non mancano, tuttavia, anche nel suo Paese coloro che al contrario lavorano per creare un clima di tensione. Qual è allora l'immagine più fedele?

Penso che si indichi l'Indonesia come un esempio in quanto rappresenta il Paese dove ci sono più musulmani in assoluto. Il loro numero supera di gran lunga quello di coloro che vivono in terra araba. Oltre a questo dato meramente numerico, comunque credo che la convivenza tra musulmani e fedeli di altre religioni risulti più serena che in altre aree del mondo per le suddette ragioni culturali. In questi ultimi tempi però si sono registrate tensioni preoccupanti, legate al fenomeno del radicalismo o fondamentalismo islamico che ha avuto un certo rilievo dopo l'era dell'"Orde Baru" ("Ordine Nuovo", periodo dopo la dittatura). La mia impressione è che sia un sintomo normale in quanto il processo di transizione dall'autoritarismo alla democrazia, preclude il periodo del riformismo che stiamo vivendo attualmente. Quindi i gruppi radicali ed estremisti emergono ricavandosi un proprio spazio, sfruttando il processo di democratizzazione che subisce pressioni e influenze di forze globali a livello internazionale.

Che ruolo dunque hanno le donne, in particolare musulmane, in questo processo volto a stabilizzare e rafforzare il dialogo contro le forze opposte disgreganti?

Le donne hanno un ruolo molto importante; spesso però si dimentica il loro contributo, non lo si menziona nella stampa e negli altri organi di informazione in generale. Per esempio, quando si parla di conflitti religiosi, sono spesso le donne che iniziano a prendere una posizione per la pace. In seguito però le trattative che esse svolgono non vengono seguite al "tavolo" della discussione. E questo succede perché la gente ha ancora una visione patriarcale della vita e vede le donne solo come figure domestiche.

In concreto esse cosa fanno per mettere in luce la loro attività?

Il programma principale delle organizzazioni femminili indonesiane all'interno del dialogo si concentra in particolar modo sull'insegnamento dell'islam, dell'educazione, dell'economia, o su programmi di carattere caritativo e sociale. Oltre a questo, le organizzazioni hanno uno scopo comune, quello che ruota attorno al Women Welfare Concern. Molti programmi di queste realtà sono infatti ancora orientati a come migliorare la condizione della donna, rendere salutare la vita dei propri figli, soddisfare le esigenze nutrizionali delle donne incinte, eliminare l'analfabetismo e aumentare il livello educativo delle donne.

Ci sono iniziative che la comunità musulmana sta promuovendo per vivere in armonia con altre fedi?

Sono numerose le iniziative che sono state organizzate da molteplici gruppi islamici sostenitori delle democrazia in Indonesia. Per esempio, l'Indonesian Conference on Religion and Peace, il Wahid Institute Jakarta, il Lakpesdam Nu, l'Institute for Interfaith Dialog, il Maarif Institute, operano tutti in tal senso. Questi gruppi sono una realtà presente anche a livello più locale nel Paese.

Ci può descrivere le attività di questi gruppi?

Si svolgono diverse attività per l'educazione al pluralismo di gruppi di allievi, composti da studenti e giovani, in genere di diverse appartenenze religiose; da rappresentanti dell'informazione; fino a gruppi di politici e artisti. L'educazione viene impartita con corsi anche brevi, oppure tramite il vissuto di momenti di vita in comune per fare esperienze di dialogo e convivenza reali. Inoltre, questi stessi gruppi svolgono lavori di utilità sociale:  per esempio, offrono aiuto alle vittime dei cataclismi, oppure ai più poveri. E ancora, partecipano alle campagne di donazione del sangue e di medicine gratuite. Infine, i loro rappresentanti partecipano costantemente a convegni, seminari e altri momenti di approfondimento culturale.



(©L'Osservatore Romano 30 ottobre 2008)
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