A colloquio con il cardinale Joseph Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum

La carità in tempo di crisi
economica e finanziaria


di Mario Ponzi

"La crisi economica e finanziaria mondiale non esime dal mettere in pratica gli impegni assunti nella lotta alla povertà". Era il 21 settembre di quest'anno, una domenica di fine estate a Castel Gandolfo, quando il Papa, cogliendo l'occasione della recita della preghiera mariana domenicale, rivolgeva il suo appello ai potenti del mondo che, di lì a qualche giorno, si sarebbero incontrati al Palazzo delle Nazioni Unite per verificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nella dichiarazione del millennio, sottoscritta l'8 settembre del 2000. Ricordiamo che degli otto obiettivi stabiliti da quella Dichiarazione, il primo riguardava proprio lo sradicamento della povertà.
Ma a scorrere le cifre che identificano il popolo della povertà nel mondo c'è ancora oggi di che inorridire. Dunque se qualcosa è stato fatto si è trattato di ben poca cosa. Per di più la crisi economico finanziaria che si ripercuote in tutto il mondo crea ulteriori motivi di preoccupazione. Il Papa raccomandò ai potenti della terra di tenere fede a quanto promesso "anche se - disse - un tale impegno in questi momenti di difficoltà economiche mondiali" comporterà "particolari sacrifici"; ciò soprattutto perché questo impegno "non mancherà di produrre benefici sia per lo sviluppo delle nazioni che hanno bisogno di aiuto dall'estero, sia per la pace e per il benessere dell'intero Paese". Non a caso Benedetto XVI ha dedicato al rapporto tra la povertà e la pace il suo messaggio per la giornata mondiale della pace del 2009. Dei riflessi effettivi che questa crisi può avere sulle opere caritative in generale, e su quelle della Chiesa in particolare, abbiamo parlato con il cardinale Joseph Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, il dicastero cioè che presiede alla carità della Chiesa.

La crisi economico-finanziaria che attraversa la società internazionale in che modo influisce sulla carità?

Mi sembra che la presente crisi finanziaria mondiale non manchi di incidere - soprattutto a medio termine - sull'ammontare delle offerte che le varie aggregazioni socio-caritative della Chiesa e, quindi anche su quelle che pervengono alla Santa Sede. Questo fatto non ci deve scoraggiare, perché c'è anche un aspetto positivo:  molte volte, più del denaro, è importante la presenza delle persone. Ci vuole la testimonianza personale ogni giorno ed in ogni circostanza. Questo è il punto forte della carità cristiana. E ciò non dipende dalla crisi economica. Grazie a Dio, abbiamo ancora una grande testimonianza cristiana di attenzione fraterna ai più bisognosi nel corpo e nello spirito, presso i quali siamo chiamati a manifestare l'amore di Dio per l'uomo, che si incarna nel Cristo. Quel Cristo che ci apprestiamo a ricevere ancora una volta "bambino" tra noi e che ci chiama ad accoglierlo, bambino, in ogni persona che incontriamo.

Per i progetti di Cor Unum cosa ha significato?

Il servo di Dio Papa Paolo VI non volle istituire Cor Unum alla stregua di agenzie di finanziamento, dotato di personale e servizi specializzati nella formulazione, valutazione, finanziamento e realizzazione dei progetti, quanto, piuttosto, come organismo della Sede Apostolica posto al servizio delle Chiese particolari e, perciò, proteso all'armonizzazione delle organizzazioni, associazioni ed agenzie cattoliche di aiuto (questo avviene, per esempio, con la Caritas Internationalis, verso la quale Cor Unum, per disposizione del chirografo Pontificio Durante l'ultima cena, del 16 settembre 2004, ha specifiche responsabilità); a promuovere ed animare la catechesi della carità, favorendo il radicarsi nella fede delle motivazioni degli operatori.

Questo per superare magari il rischio che i volontari possano trasformarsi in professionisti della carità?

Anche. Anzi a questo proposito, e con grande gioia, desidero citare la proficua esperienza degli esercizi spirituali promossi da Cor Unum nello scorso mese di luglio in Guadalajara (Messico) proprio a beneficio dei presidenti e direttori delle aggregazioni caritative ecclesiali dell'America. Vi hanno partecipato quasi 500 persone, tra vescovi, sacerdoti, laici, religiosi e religiose, provenienti dai vari Paesi. Tema degli esercizi, predicati dal padre Cantalamessa, non per nulla era "Lo Spirito Santo fonte della carità cristiana. Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia". Direi che questa è stata la parte centrale del nostro programma 2008. L' iniziativa ha suscitato entusiasmo ed ha riscontrato notevole favore. Tanto che abbiamo deciso di ripeterla anche in Asia nel prossimo anno.

Quali sono stati gli altri interventi nell'anno che sta per concludersi?

Il dicastero è stato impegnato per esempio nell'aiutare popolazioni in varie situazioni d'emergenza, come per esempio è accaduto per gli uragani che hanno colpito l'arcipelago delle Antille, le inondazioni ed i terremoti in Asia, la siccità, la fame e le epidemie in Africa. Ovunque, grazie alla spontanea generosità dei fedeli, è stato possibile offrire un segno concreto della sollecitudine del Papa, della Sede Apostolica e della Chiesa universale.

È possibile quantificare?

Le statistiche al riguardo non sono ancora pronte, ma posso dire che gli aiuti erogati superano il milione di dollari. Tra l'altro come è noto nell'ambito del Dicastero operano due ormai ben note Fondazioni:  la "Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel" e la "Fondazione Populorum progressio al servizio delle popolazioni indigene meticce ed afroamericane contadine povere dell'America Latina e dei Caraibi".
La prima, nel 2008, ha finanziato 208 progetti per complessivi US$ 2.311.441; la Fondazione Populorum progressio ha sostenuto 200 progetti per l'importo complessivo di US$ 2.108.300. Per quanto riguarda l'avvenire, ci affidiamo alla Divina Provvidenza ed alla saggezza degli uomini.
In queste opere molto ci sostengono la Conferenza episcopale italiana, varie congregazioni religiose, associazioni private, singoli benefattori, la Papal Foundation ed altre fondazioni. Si è inoltre cercato contatto con persone benestanti per fare fronte a tante altre esigenze.

Nonostante la crisi non sono comunque venute meno le grandi iniziative pubbliche per la raccolta di fondi da destinare ad interventi specifici, così come regolarmente nelle case di ognuno di noi sono continuate ad arrivare richieste di solidarietà. In questo vasto movimento caritativo finisce poi veramente tutto in carità o molto si perde lungo la strada?

"Non sappia la destra quello che fa la sinistra" (Matteo, 6, 3). Ciò non significa che dobbiamo essere imprevidenti. È necessario saper discernere nel "mare magno" delle istanze che si definiscono dedite alle azioni umanitarie. Ovunque c'è circolazione di denaro, si corre il rischio che s'aprano delle falle, dando luogo a rivoli pur piccoli, ma incontrollabili. Senza perdere la fiducia, dobbiamo essere generosi e vigilanti. Questo lo si può fare se pratichiamo la carità in modo partecipato, se ci informiamo, cioè, sui progetti, sul loro sviluppo e sulla loro concreta realizzazione, sulle loro finalità, e non ci limitiamo a delegare con la nostra elemosina. Non dimentichiamo quanto ci dice san Paolo:  "Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede" (Galati, 6, 10).
Si deve poi distinguere il motivo per il quale il denaro può "perdersi". Molte volte ciò deve essere addebitato agli eccessivi costi amministrativi. Non è un mistero per nessuno che le agenzie internazionali laiche "perdono" a volte quasi la metà del proprio budget per spese di gestione. Per quanto ci riguarda, da recenti studi è apparso che le organizzazioni ecclesiali spendono, al massimo,  il 10% delle entrate per oneri salariali e strutturali, anche se per gran parte di loro le spese non superano il 6%.



(©L'Osservatore Romano 25 dicembre 2008)
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