Intervista all'arcivescovo Agostino Marchetto su una particolare categoria di nuclei familiari

I migranti una sfida anche per la Chiesa


di Marta Lago

Città del Messico, 16. Fra tutte le famiglie del mondo, la "famiglia dei migranti" è divenuta la protagonista del Congresso teologico-pastorale con il messaggio che le dedica il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il segretario, arcivescovo Agostino Marchetto, lo ha presentato durante il VI incontro mondiale delle famiglie segnalando il dramma in cui sfocia il fenomeno migratorio:  famiglie intrappolate nella criminalità e nella prostituzione, nell'emarginazione, nell'incomprensione e nell'isolamento. La separazione frontaliera fra Paesi è ormai una linea immaginaria e insuperabile fra quartieri. La solidarietà e la coerenza con i valori cristiani sono la risposta dovuta e urgente alla famiglia emigrante, come monsignor Marchetto sottolinea in quest'intervista al nostro giornale.

In piena globalizzazione, una delle sfide più importanti per la famiglia e per il suo ruolo di trasmissione dei valori umani e cristiani è il fenomeno della migrazione. La Chiesa se ne occupa a sufficienza? Cosa suggerisce alla società per aiutare le famiglie che vivono una migrazione che le divide?

Devo ringraziare per l'invito che mi è stato fatto al Congresso mondiale così da poter parlare per la prima volta di questo tema, cioè, di incarnare la situazione della famiglia e di un fenomeno che ha sempre più un'estensione e che caratterizza il mondo di oggi. La Chiesa al riguardo ha un grande patrimonio di pensiero - non sempre molto conosciuto - e di soluzioni pastorali. Il Papa dice che la migrazione non è soltanto un problema. Certamente, è anche una sfida ed è anche, credo io, un aprirci attraverso le sofferenze delle famiglie a un mondo di domani più unito. Che sia una famiglia dei popoli questa umanità! E credo che questo cammino, così disagiato, e molte volte lasciato da parte e non accettato, in fondo è un cammino positivo per il domani ecclesiale e il domani del mondo. Da parte della Chiesa c'è tutto un insieme di proposte, di incitamenti, di desideri, di realizzazioni che bisogna però cercare di mettere in pratica:  questa è adesso la grande difficoltà. Abbiamo la teoria, manca la pratica. Ad esempio, quanti Paesi hanno una seppur piccola commissione di pastorale migratoria o di mobilità umana? O almeno un vescovo promotore? Capisco, a volte i vescovi hanno tanti problemi, però uno sforzo maggiore la Chiesa lo deve fare per i migranti e soprattutto per la famiglia, che è la cellula fondamentale della società e una piccola Chiesa domestica. Tutti dobbiamo fare la nostra parte:  laici, movimenti, sacerdoti, vescovi, lo Stato, la società civile, per affrontare questa realtà.

Dalla sua esperienza, qual è la situazione più scottante nella migrazione?

È quella del migrante irregolare, del migrante che è stato soggetto al traffico di essere umani, e del migrante che deve affrontare situazioni di abbandono, di sradicamento. E la situazione del migrante, con la crisi economica attuale, si aggraverà. C'è già in alcune nazioni il calo delle rimesse economiche ai Paesi di origine.

Cosa fare affinché un migrante possa vivere tutto il beneficio di una famiglia quando sta lontano dalla propria? Che famiglia si deve dare ai migranti?

La questione della riunificazione familiare è uno dei grandi temi per il quale la Chiesa si batte, presentandola anche ai governi come dimensione fondamentale:  se lottiamo per la sicurezza io credo che dobbiamo essere capaci di capire che la funzione della famiglia è una funzione che va nella linea della sicurezza. Invece non sembra così; anche nella linea della legislazione europea ci sono dei periodi lunghissimi per la riunificazione familiare. Tutti devono capire che la Chiesa, per essere coerente con se stessa, si batte per il bene della famiglia e per l'unità familiare, e affinché la famiglia sia veramente per noi una piccola Chiesa e sia la cellula della società. Essa deve fare il suo dovere nel campo educativo e dare valore a questa società che ha carenza di valori. Bisogna essere coerenti. E noi siamo coerenti se domandiamo l'unità familiare.

L'appello del Papa riguardo all'emergenza educativa è filo conduttore di questo convegno. Che lettura si può fare di tale emergenza dalla prospettiva dei migranti?

È uno dei punti dolenti. Per esempio, il solo fatto che uno dei genitori - perché l'altro è emigrato - deve svolgere il ruolo di entrambi è un grande handicap educativo. La famiglia divisa, già per il fatto di essere divisa, è una famiglia meno capace di esercitare questo ruolo. I figli, quando tornano i genitori, se mai accade, dicono:  "Riconosco che te ne sei andato per guadagnare soldi per me, ma io ho perso te". Credo che ci debba essere un ripensamento di tutti quelli che sono gli sforzi, i sacrifici, che s'impongono al padre o alla madre e ai figli, perché veramente la crisi della famiglia oggi è evidentissima. Il convegno mette questa crisi sotto gli occhi di tutti:  forse è una voce che predica nel deserto, ma è una voce.



(©L'Osservatore Romano 17 gennaio 2009)
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