Un bilancio delle cinque giornate di celebrazioni in un colloquio con il cardinale Ennio Antonelli

Il ruolo delle associazioni
per creare una società a misura delle famiglie


di Marta Lago

Città del Messico, 18. Nella riscoperta della bellezza dell'urgenza della sua missione educativa, la famiglia si deve sentire chiamata a un sano protagonismo nella Chiesa e nella società. Un progetto di vita rilanciato dal vi Incontro mondiale delle famiglie, sviluppatosi in questi giorni attraverso il Congresso teologico pastorale, la festa delle testimonianze delle famiglie e la messa conclusiva nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe. "La famiglia educa in un modo tutto suo, ha delle possibilità di educare che non ha nessun altro, in un clima di amore, con l'esempio. Da qui passano tutti i valori fondamentali che umanizzano l'uomo e che evangelizzano l'uomo". Lo afferma il cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, nell'intervista che ha rilasciato al nostro giornale alla conclusione dell'Incontro mondiale.

Si può tracciare un bilancio di questi cinque giorni di incontri con famiglie di tutto il mondo?

Direi di sì e si tratta di un bilancio estremamente positivo, per diversi aspetti:  l'alto livello del convegno teologico pastorale, delle relazione, dei relatori, i tanti contributi che ci sono stati, i diversi aspetti che sono stati sollevati a proposito della situazione della famiglia, le iniziative che si sono inaugurate e quelle che si possono fare ancora per sostenere la famiglia. Quindi c'è una ricchezza di materiale sul quale si può continuare a lavorare con molto profitto. Ma quello che mi ha colpito di più è stato soprattutto il popolo messicano, con il suo entusiasmo, con la sua fede, con la manifestazione della sua pietà popolare, la grande devozione alla Madonna, la devozione al Papa, la grande gentilezza non solo nei nostri confronti, ma anche fra di loro. Mi è sembrato appunto che ci fosse una tradizione di fraternità, di sensibilità cristiana, di rispetto veramente non comune.

Famiglia e giovani stanno molto a cuore alla Chiesa e al Papa. I due esempi più evidenti sono le Gmg (Giornate mondiali della gioventù) e gli Incontri mondiali come questo appena concluso a Città del Messico. Come si può interpretare questo magistero itinerante nell'insieme del magistero?

A me sembra veramente che le Gmg e gli Incontri mondiali delle famiglie indichino le priorità per la Chiesa oggi, priorità pastorali. E credo che indichino anche priorità dell'impegno dei fedeli laici nel mondo. E mi sembra che l'opportunità di questo che lei chiama magistero itinerante sia proprio quella di coinvolgere sempre tutta la Chiesa, accentuando la partecipazione ora di un Paese, ora di un altro o di un'area geografica o di un'altra. Quindi c'è una concentrazione in un'area particolare. Per esempio, qui in questi giorni abbiamo visto la partecipazione del Messico e dell'America Latina soprattutto. Ma nello stesso tempo c'è il coinvolgimento anche di altre realtà del mondo. Qui sono venute tante delegazioni da ogni parte del mondo. E poi ovviamente i media amplificano la risonanza. Quindi è un magistero itinerante che rispecchia l'universalità della Chiesa stessa, e nello stesso tempo la sua dimensione di Chiesa particolare. È un magistero che si rivolge all'opinione pubblica, ma anche concretamente agli operatori pastorali e ai fedeli delle singole Chiese.

Come mai la scelta dell'America Latina per lanciare un messaggio alle famiglie di tutto il mondo?

L'America Latina non ha ancora subito il processo di secolarizzazione che ha subito, per esempio, l'Europa. Credo che l'America Latina abbia delle risorse di fede, di devozione popolare, di attenzione alla Chiesa che la rendono più disponibile ad accogliere questo messaggio sul Vangelo della Famiglia, per poi diventarne un modello trainante per tutte le altre Chiese nel mondo.

Finito l'Incontro a Città del Messico, come si prospetta l'attività del Pontificio Consiglio per la Famiglia d'ora in poi?

Il Pontificio Consiglio dovrà ora lavorare soprattutto sui due versanti principali, che sono quello della famiglia nella Chiesa e nella società, e dovrà incoraggiare sia gli operatori della pastorale sia i laici impegnati nella società, sia soprattutto le famiglie stesse, a diventare soggetto di pastorale e soggetto di impegno sociale aggregandosi anche tra loro in associazioni.

Nei suoi messaggi il Papa ha chiesto alle famiglie l'impegno nella preghiera, nell'accoglienza della Parola di Dio, nella testimonianza. Come saranno aiutate le famiglie cristiane in questo percorso?

Specialmente nel suo videomessaggio il Papa ha insistito su tre cose fondamentalmente:  la preghiera in famiglia, l'ascolto della Parola di Dio, e la recita del rosario come momento forte della vita della famiglia. Ha cioè indicato come un riunirsi intorno a Gesù Cristo presente nella famiglia, come invitarlo a casa. Da qui viene l'energia per il rinnovamento e il miglioramento incessante della vita domestica, e quindi per aiutarla a diventare essa stessa un Vangelo vivo. Ma quest'irradiazione evangelica c'è se essa vive un livello elevato di vita cristiana. Per questo è necessario un solido fondamento:  la preghiera. C'è chi dice che la preghiera non è tutto, ma tutto comincia dalla preghiera; da essa riceviamo la grazia e la capacità di amare. E il Papa ha detto anche che la famiglia deve essere soggetto di evangelizzazione anche nella comunità cristiana, lasciandosi coinvolgere in vari modi nella vita della parrocchia, delle associazioni. E poi ha anche esortato le famiglie a diventare protagoniste nella vita civile, facendo forza sui loro diritti. Dato che le famiglie arrecano molti benefici nella società hanno anche dei diritti e devono farli valere. Possono farlo se si uniscono in associazioni, se queste collaborano fra di loro in modo da fare opinione, in modo da condizionare in positivo la politica.

Ma in tutto questo itinerario, la famiglia va aiutata? E come?

Certamente. Però, come si è detto durante il convegno, è necessario avviare una pastorale per le famiglie e con le famiglie. Le famiglie non devono rimanere semplicemente dei destinatari della attenzione della Chiesa. Devono essere aiutate anche offrendo loro l'opportunità di diventare esse stesse protagoniste. In questo modo saranno aiutate a crescere. Dunque è necessario ripensare l'azione pastorale, in modo tale che non sia solo una pastorale per le famiglie, ma anche con le famiglie. Questo dovrebbe essere un modello di approccio anche da parte della politica se vuole veramente essere una politica a favore delle famiglie. Invece finora la nostra si è dimostrata piuttosto una società degli individui. Si tratta dunque di ripensare anche la società perché sia effettivamente a misura delle famiglie, ma non solo:  bisogna fare in modo che sappia entrare in dialogo con le famiglie attraverso le associazioni che le rappresentano. Direi, dunque, che c'è bisogno soprattutto di un cambiamento di metodo da realizzare.

Anche il Santo Padre richiama i battezzati a un impegno deciso in favore del matrimonio tra un uomo e una donna, aperto alla vita. Come suggerisce di fare arrivare questo messaggio dai battezzati ai non credenti?

Suggerirei - e vedremo anche se come Pontificio Consiglio possiamo avviare qualche progetto in questo senso - di fare accurate ricerche sociologiche per mettere in evidenza i tanti beni che vengono alla società dalla famiglia stabile, unita, vera, autentica, aperta alla vita. E di mettere anche in evidenza, con tali analisi, i tanti danni che vengono alla società da famiglie disgregate. Devono essere i fatti a parlare. Altrimenti è difficile, specialmente per i non credenti. Certamente è necessaria e preziosa una riflessione antropologica, filosofica. Ma penso che fatti ed esperienza concreta abbiano una forza di persuasione maggiore.



(©L'Osservatore Romano 19-20 gennaio 2009)
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