A colloquio con monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca,
sulle prospettive aperte dall'elezione del nuovo Patriarca Cirillo

Sintonia sui temi morali e sociali,
ricerca dell'unità sulle questioni dottrinali


di Mario Ponzi

Insieme per testimoniare all'Europa come sia possibile riempire di contenuti concreti, valori che rischiano di restare scatole vuote senza riferimenti al Cristo, Signore della storia. È l'augurio con il quale l'arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi, accoglie l'elezione del nuovo Patriarca Cirillo. Di concretezza l'arcivescovo Pezzi ha parlato anche in riferimento al dialogo tra cattolici ed ortodossi "in modo tale - ha detto nell'intervista rilasciata al nostro giornale - che si possa tradurre in fatti concreti per il bene della Chiesa di Cristo e non corra il rischio di trasformarsi in contrapposizioni ideologiche".

L'elezione di Cirillo, sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ha dato due segnali forti. La rapidità dell'elezione, oltre alla grande maggioranza raggiunta, ha reso l'immagine di un Patriarcato unito e concorde, nonostante voci contrarie a Cirillo abbiano agitato la vigilia. E poi la scelta di una guida che ha già mostrato di guardare avanti. Cosa ne pensa?

È stata senza dubbio la testimonianza di quanto anche la Chiesa ortodossa russa abbia bisogno della sua unità, della sua comunione vissuta. Con questa elezione ha dimostrato di possedere questa unità e di volerla vivere. Credo che il nuovo Patriarca continuerà a camminare sulla linea di fede tracciata dal suo predecessore Alessio ii. È, del resto, una strada inevitabile. Lo è nella misura in cui una Chiesa vive della fede in Cristo e la testimonia. Nella continuità della testimonianza dei suoi Pastori recupera la propria identità, la propria comunione vissuta nell'unità e diventa anche capace di dialogare e di rapportarsi con il mondo esterno. Usando categorie che appartengono al mondo, il Patriarca Cirillo è stato da qualcuno definito liberale, riformista, aperturista; altri, al contrario, lo hanno descritto come conservatore, difensore dell'ortodossia. Niente di più sbagliato. Come ripeto, si tratta di categorie che appartengono al mondo, ma che nulla hanno a che fare con la dimensione ecclesiale della figura del nuovo Patriarca.

Può aiutarci a conoscerlo meglio?

Del Patriarca Cirillo credo si possa dire che è una persona capace di cogliere il bisogno di una riforma continua per tornare sempre di nuovo all'unità in Cristo, alla comunione in Cristo attraverso la fede in Cristo vissuta. Credo che questo sia un punto importante e decisivo per la propria Chiesa. Ma questo vuol dire muoversi nella continuità del cammino tracciato da Alessio ii.

Il Patriarca Cirillo ha seguito per anni, delegato a ciò proprio da Alessio ii, il dialogo con i cattolici. Dunque c'è da ritenere che della Chiesa cattolica abbia una conoscenza profonda. Ritiene che ciò possa influire positivamente sul futuro del dialogo con la Chiesa ortodossa russa?

Certamente il nuovo Patriarca, oltre che una conoscenza profonda, ha con la Chiesa cattolica un rapporto di familiarità. Anche nei momenti più difficili questo clima è stato sempre mantenuto tra di noi. Sino ad oggi il dialogo è sempre andato in una direzione precisa, cioè verso la delineazione delle nostre rispettive identità di Chiesa. Con molta chiarezza. Inutile nasconderlo o tentare di minimizzare, che ci sono stati anche momenti di difficoltà e di tensione nei nostri rapporti. Credo però che tutto si possa ricondurre al desiderio di riaffermare la propria identità di Chiesa. E che la volontà sia stata sempre e comunque quella di favorire un dialogo costruttivo e non mirante a creare un clima mascherato, in cui gli uni e gli altri si accontentano di far finta di stare insieme. Credo che il dialogo con il Patriarcato di Mosca possa proseguire mosso dall'unico desiderio di andare verso una piena unione.

Ma in quale direzione ci si è mossi sino ad oggi in questo dialogo?

I nostri rapporti sino ad oggi sono stati caratterizzati da due aspetti. Un primo aspetto mi sembra sia determinato dalla volontà di mantenere e approfondire una certa cordialità tra di noi. Ciò avviene a diversi livelli, dal basso sino al vertice delle nostre Chiese. C'è poi un aspetto che riguarda la valutazione del livello raggiunto nella comune testimonianza della fede in Cristo. Una testimonianza sostenuta certamente dal desiderio di camminare insieme verso la comunione che Dio ci donerà, quando lui vorrà. Ciò che da parte nostra chiediamo a Dio è proprio la grazia di non essere mai noi un ostacolo a questo suo disegno.

Quali sono i punti di maggiore convergenza?

Direi tanti, e sono punti di incontro molto interessanti. Per esempio ci troviamo in sintonia su temi morali e sociali. Recentemente abbiamo avuto un incontro misto tra cattolici ed ortodossi allargato a tutta l'Europa, sul tema della famiglia. Abbiamo dialogato con sano interesse per conoscere effettivamente la posizione delle nostre Chiese ed abbiamo scoperto di avere molto, se non proprio tutto in comune su questi argomenti. Concordiamo perfettamente, per esempio, su ciò che riguarda la difesa della vita, sui principi fondamentali della bioetica, sul valore della famiglia. Ci siamo ritrovati al punto di decidere subito per un nuovo incontro su altri temi comuni di particolare importanza, come l'educazione, la formazione dei giovani, l'istruzione, il valore del bene comune in una società tendenzialmente individualista. Cerchiamo dunque tutte le possibilità di dialogare su cose concrete, senza lasciarci andare a mere preoccupazioni, astratte, che sanno tanto di ideologia. C'è da considerare anche un altro tratto di cammino aperto, un po' più difficoltoso forse da percorrere, ma che tuttavia dobbiamo cercare di approfondire ad un livello più teologico e dogmatico. È il cammino che ci porta a comprendere le posizioni dottrinali vissute nelle rispettive Chiese, come si sono poi declinate. E qui ci sono chiaramente delle differenze che richiedono di essere, se non colmate, almeno chiarite per valutare come possono essere ricomposte nell'unità. C'è una commissione mista che sta affrontando in questo momento particolare il significato del primato.

Questi incontri allargati all'Europa tra cattolici ed ortodossi sono anche un modo per riproporre la questione delle radici cristiane del continente.

Certamente. Anzi la cosa sulla quale dobbiamo insistere è proprio il fondamento in Cristo. Altrimenti rischiamo ancora una volta di fare esercitazioni linguistiche senza scendere nel concreto. È Cristo la nostra concretezza. Senza un riferimento a Cristo i valori restano come scatole vuote. Quindi io credo che il contributo che insieme, cattolici e ortodossi, possono dare all'Europa è proprio aiutarla a tornare verso il fondamento di tutti i suoi valori. Quel fondamento è Cristo. Un fondamento non solo storico ma per la storia.

Rientrerete a Mosca dopo aver parlato con Benedetto XVI e vi troverete a dialogare con il nuovo Patriarca. Un cammino nuovo o un cammino che riparte?

Quando si è radicati in Cristo il rapporto della nostra fede in lui con la realtà che ci troviamo davanti si vive con maggiore passione. Incontrandoci con il Papa abbiamo rinvigorito il nostro senso di appartenenza a Cristo, la nostra radicalità in lui. E questo ci fa senza dubbio tornare alle nostre Chiese con rinnovata passione. Sul futuro, come sempre, si aprono luci ed ombre. La luce direi ci viene dal rinnovato desiderio di vivere e testimoniare la nostra fede insieme ai nostri fedeli. Per ciò che riguarda le ombre vedo realmente incombente il male che noi possiamo fare se tentiamo di far prevalere una posizione individualista come Chiesa a scapito di una testimonianza per il bene di tutta la comunità cristiana e perché Cristo sia conosciuto e amato. È una preoccupazione che dobbiamo sempre avere davanti. Alla Madonna chiediamo che la luce sia sempre più forte, in modo che possa sciogliere le ombre.



(©L'Osservatore Romano 30 gennaio 2009)
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