Intervista al presidente della Conferenza episcopale del Venezuela

La Chiesa non fa politica
Lavora per il dialogo e la riconciliazione


di Nicola Gori

Promotrice di iniziative di dialogo tra le diverse realtà politiche e sociali del Paese, artefice di proposte di riconciliazione, voce critica nei confronti di quanti attentano alla dignità e al bene delle persone. È a grandi linee il ritratto della Chiesa in Venezuela delineato dall'arcivescovo di Maracaibo, monsignor Ubaldo Ramón Santana Sequera, presidente della Conferenza episcopale, in questa intervista al nostro giornale.

In che modo la Chiesa del Venezuela mette in pratica le indicazioni di Aparecida?

Aparecida per la Chiesa in Venezuela, come per tutta l'America, è stato un dono meraviglioso dello Spirito Santo, che ci ha fatto prendere coscienza di due fattori fondamentali. In primo luogo, il fatto che tutti i battezzati devono trasformarsi in discepoli e missionari; in secondo luogo, la necessità di riattivare lo spirito missionario di tutte le nostre Chiese attraverso il progetto della missione continentale.
La Chiesa in Venezuela ha accolto le indicazioni di Aparecida includendole nel progetto di applicazione del nostro Concilio plenario. Non si tratta di due eventi paralleli ma complementari, essendo il Concilio plenario l'elemento caratteristico di tutta la pastorale in Venezuela in questo momento. Abbiamo voluto includere Aparecida in questa dinamica.

Secondo le indicazioni della missione continentale, che è iniziata in Venezuela nel gennaio scorso, quale spazio date alla pastorale giovanile e familiare?

La missione continentale per la Chiesa venezuelana va considerata come il modo concreto di attuazione di tutti i piani pastorali esistenti in ciascuna diocesi. I nostri piani pastorali contemplano sempre, come parte importante, la pastorale giovanile nella sua dimensione missionaria. Nella mia diocesi di Maracaibo, per esempio, questa dimensione missionaria è fondamentale, anche perché siamo stati scelti come sede del Congresso americano missionario del 2012. Vogliamo prepararci realizzando un lavoro intenso nei vari settori della comunità ecclesiale, dando tuttavia un'importanza speciale ai giovani, perché in questo tipo di eventi sono quelli che dimostrano maggiore disponibilità, generosità e entusiasmo. Oggi credo che si possa dire che tutte le diocesi del Venezuela hanno una pastorale giovanile adeguata per incamminarsi verso la missione continentale.

Il Paese vive momenti di conflittualità politica e sociale:  quale atteggiamento ha scelto la Chiesa in questa situazione?

Abbiamo cercato con la nostra presenza, con il nostro servizio pastorale e con la nostra azione magisteriale di aprire spazi, affinché tutti i venezuelani si sentano chiamati a guardare più in là delle singole posizioni politiche e a cercare vie di dialogo. Ci siamo sentiti, in primo luogo, più coscienti del nostro dovere di pastori. Non siamo politici, non siamo sociologi, non siamo comunicatori sociali. Però sappiamo che come pastori dobbiamo illuminare le coscienze dinanzi alla situazione politica. Dobbiamo conoscere la realtà concreta nella quale vive il nostro popolo:  noi ci siamo resi conto che esso continua a essere nella povertà. Vogliamo servirci dei mezzi di comunicazione sociale per arrivare al maggior numero possibile di persone. E crediamo che il ruolo della Chiesa, essendo eminentemente religioso e pastorale, non debba identificarsi con nessuno dei soggetti politici che si contrappongono, - né con il governo, né con l'opposizione, né con gli indifferenti - ma si situi su un altro piano:  un piano nel quale ci sentiamo pastori di tutti e dove tutti sono importanti per noi.

In che modo i vescovi promuovono il dialogo e la riconciliazione? Hanno avuto esito gli appelli lanciati in questo senso negli ultimi tempi?

Credo che abbiano avuto poca recettività in generale, sia da parte del settore governativo, sia da parte dell'opposizione, perché ambedue sembrano interessati più ad utilizzare che ad ascoltare il messaggio religioso. Per questo, ognuna delle due parti ci attribuisce un ruolo o una collocazione che non abbiamo. Certo, per noi nessuna di queste aspettative corrisponde alla vera missione della Chiesa. Da ciò deriva il fatto che il nostro messaggio, per lo meno in questi ambiti, non sia sempre ascoltato. Comunque, nelle comunità ecclesiali, nelle diocesi, questo messaggio è stato accolto. E ha mostrato ai cristiani quale deve essere il vero ruolo del vescovo in una situazione come quella attuale.

Quali sono oggi i rapporti tra Chiesa e governo?

Sono relazioni tese, difficili, perché non abbiamo ancora potuto trovare le vie di un dialogo aperto. Esistono canali di comunicazione istituzionale - per esempio l'ufficio dei culti del ministero dell'Interno e Giustizia - ma non ci sembra di vedere molto interesse nei nostri riguardi. Esistono anche altri canali di comunicazione, per esempio nel campo educativo. Grazie a Dio, c'è un organismo che riunisce il governo e la Chiesa:  è l'Associazione venezuelana dell'educazione cattolica. Questo canale, in termini generali, funziona abbastanza bene:  nonostante lentezze e ritardi, c'è la possibilità di dialogo. In ogni caso, dobbiamo riconoscere che allo stato dei fatti un dialogo diretto tra la Conferenza episcopale venezuelana e il governo non esiste.

Quali sono le priorità della società e qual è il contributo della Chiesa alla costruzione di un Paese più giusto e più equo?

Da una parte le autorità governative cercano di far apparire il popolo come completamente identificato con l'ideale rivoluzionario. Chi invece è all'opposizione parla di un popolo disgustato, infastidito, in permanente ribellione. Credo che al di là di tutto vi sia una richiesta, molto profonda, da parte del popolo venezuelano. Per esempio la pace politica, un maggior dialogo e una sincera comprensione tra i diversi attori politici, tra i partiti, tra governo e opposizione e i diversi organismi dello Stato. In sostanza si tratta di una profonda richiesta di sicurezza. Il popolo avverte il bisogno di protezione quando esce per le strade, quando rientra in casa, quando si sposta, quando viaggia. Vi è un'enorme necessità di vivere in tranquillità:  troppe minacce di sequestro, di violenze, di assalti, di furti, costringono il popolo nell'angoscia. Credo che il popolo desideri, in fondo, che il governo si occupi dei suoi problemi reali, ma senza politicizzarli. Chiede si dia vera priorità ai suoi bisogni, prima ancora che alla ricerca del pieno controllo politico della situazione. I politici, in generale, e a qualunque schieramento appartengano, si preoccupano, infatti, più di cercare quote di potere per controllare settori politici e avere influenze, che di ascoltare veramente il lamento del popolo che manca di assistenza. In questa situazione, noi abbiamo cercato, attraverso i nostri messaggi, di far prendere coscienza di questa realtà, senza voler criticare il governo o favorire l'opposizione. Semplicemente denunciamo ciò che ci sembra ingiusto e cerchiamo di suggerire quello che ci sembra giusto fare al momento. Cerchiamo di essere per i nostri fedeli, in ogni diocesi, agenti di pace e di riconciliazione, offrendoci sempre, come Conferenza o c come Chiesa locale, come un luogo in cui le parti contrapposte possano confrontarsi e trovare vie di dialogo. Crediamo che questo sia il ruolo della Chiesa.
Siamo anche convinti che i piani pastorali attraverso i quali esortiamo il popolo di Dio a creare comunione, a fortificare la spiritualità della vita comunitaria, aiutando i venezuelani a cercare di più Dio per trovare in Lui un maggior sostegno di pace e di interiorità siano fattori fondamentali affinché in Venezuela torni a regnare il rispetto reciproco necessario ad una pacifica convivenza. Da parte nostra ci impegniamo a proseguire nella nostra azione pastorale sociale, mantenendo viva l'attenzione verso i più bisognosi, verso le attività educative, verso la difesa dei diritti umani e l'accoglienza di quanti fuggono dalla violenza scatenata nei paesi confinanti o comunque vicini.

Come sono state applicate le indicazioni del I Concilio plenario del Venezuela?

Stiamo ponendo le basi per la sua applicazione. Abbiamo voluto far coincidere l'inizio della missione continentale con l'inizio, in molte delle diocesi, dell'applicazione delle direttive del Concilio plenario del Venezuela. Tra le iniziative già adottate abbiamo creato una commissione episcopale incaricata di cercare le vie per attuare forme di vita comunitaria, di consultazione e di partecipazione del popolo di Dio. Stiamo poi cercando di creare un centro di formazione nazionale, che possa poi essere riproposto in ognuna delle nostre diocesi. È quello che noi chiamiamo istituto nazionale di pastorale. Ogni diocesi sta poi programmando autonomamente linee attuative per le diverse indicazioni del Concilio. Alcune diocesi hanno convocato il sinodo; altre anno iniziato un programma di rinnovamento pastorale globale. Per esempio, la diocesi di Maracaibo sta, insieme con altre nove diocesi, sviluppando un programma di rinnovamento pastorale comune a tutte per condividere meglio le rispettive potenzialità. Molte diocesi hanno costituito anche un centro di formazione pastorale, rivolta soprattutto alle nuove generazioni, per una migliore formazione dei laici in modo da favorirne l'inserimento effettivo nella pastorale ecclesiale.



(©L'Osservatore Romano 6 giugno 2009)
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